«Si parla di un popolo tollerante, e posso giurare che ce ne sono pochi, se non rari! La tolleranza è un dono piuttosto speciale e scarso. In realtà, è una virtù vitale, che ci aiuta a sopportare individui con modi e opinioni diverse nella vita».
Se c'è una persona tollerante che ho conosciuto, è stato padre Giovanni Bonanomi, deceduto il 03 aprile 2024, alla età di 92 anni.
Sono stata sua allieva nella fase propedeutica della formazione nel 2002-2003 e posso testimoniare che non solo ci ha accolte e introdotte nella vita religiosa, ma ha anche calmato le nostre paure in quello che era un periodo turbolento. Come assistente di padre Giancarlo Rossi, il Rettore, padre Bonanomi ha dato il miglior esempio di collaborazione e umiltà. Come parte dell'équipe formativa, ha lavorato a stretto contatto con il duro Rettore, trovando tuttavia il modo di non essere prepotente con noi. Il suo dono della tolleranza gli ha fatto capire che molti di noi erano nuovi nell'ambiente religioso e che, quindi, avevamo bisogno di tempo e di incoraggiamento per recuperare il ritardo rispetto a coloro che avevano frequentato i seminari minori. Come padre (padre Bon, lo chiamavamo), era eccellente in questo. Non dava mai per scontato nulla. Era pronto a ripetere più volte qualcosa, finché una persona non capiva. Per lui, tutti potevano essere trasformati in qualcosa di buono. Sembrava credere che chiunque potesse brillare in ciò per cui Dio lo aveva creato, se gli si dava tempo, aiuto e qualche incoraggiamento.
Essendo stati suoi studenti anche in filosofia, molti di noi possono verificare che, se qualcuno era stato licenziato dal seminario da padre Bonanomi, quella persona non era veramente chiamata ad essere un sacerdote, tanto meno un missionario della Consolata.
Bonanomi aveva un cuore d'oro e non ha mai imposto la sua volontà alle persone; eppure non è mai diventato il loro burattino. Il suo dono della tolleranza gli permetteva di essere allo stesso tempo fermo nei principi formativi, eppure abbastanza paterno da far capire, anche allo studente più ostinato, il suo errore. Questa è la complessità del dono della tolleranza; non significa chiudere gli occhi davanti agli errori, ignorandoli, o fingere di non vedere le correzioni necessarie.
Padre Giovanni Bonanomi e padre Jonah M. Makau a Nairobi, Kenya. Foto: Archivio personale
La tolleranza non è l'accettazione di una situazione, in nome della pace, ma è, invece, ricordare che tutti noi siamo creati in modo diverso e che è necessario collaborare e coesistere in pace e armonia. La tolleranza è la capacità di dare a una persona una seconda, una terza e persino una quarta possibilità; la capacità di vedere un futuro promettente in un giovane turbolento che fa del suo meglio per schivare le sfide della gioventù. A padre Bonanomi è capitato di avere questo raro dono.
Questo non significa che non si sia mai arrabbiato per i nostri comportamenti, ma che sapeva come gestire le frustrazioni della convivenza con giovani in crescita, bisognosi di una costante direzione e correzione. Era veramente degno del titolo di "anziano": anche quando era irritato, sapeva controllare le sue emozioni ed evitare gli sfoghi.
L'opportunità di essere suoi studenti di teologia ci ha fatto capire che stavamo vivendo con un uomo santo. Molti di noi lo ricordano come una persona che insegnava attraverso l’esempio. Anche se può essere vero che «risparmiare la verga rovina il bambino» (Pr 13, 24), padre Bonanomi aveva scelto una saggezza più alta: la tolleranza. Probabilmente era solito meditare molto su Sal 135, 3-5, dove si legge: «Signore, se tu contassi le nostre trasgressioni, chi resterebbe in piedi?»; e sembra che, probabilmente, questo versetto abbia dato peso alle sue decisioni. Aveva capito che Dio tollera il suo popolo, lo perdona e gli dà una nuova possibilità di vivere come suoi figli, con l’aiuto della sua grazia. Questo forse spiega perché padre Bonanomi fosse come un magnete per gli studenti: sembrava irradiare pace e unità, anche in situazioni che avrebbero potuto far crollare la comunità a causa delle tensioni.
Nel ricordare padre John Bonanomi, grande missionario che ha trascorso più di 40 anni in Kenya, dovremmo cercare di essere tolleranti come lui. Che le parole di San Paolo, «tutti hanno peccato e sono venuti meno alla gloria di Dio» (Rm 3, 23-24), ci sveglino dall'ipocrita moralismo, ogni volta che siamo tentati di giudicare duramente gli altri; e che il Signore renda anche noi partecipi del dono della tolleranza.
* Padre Jonah M. Makau, IMC, frequenta il corso in Cause dei Santi, a Roma.
Entrato nell’Istituto durante la Seconda guerra mondiale, nel 1940, P. Mino Francesco Vaccari è nato a Baiso, provincia di Reggio-Emilia in Italia, nel 1930.
Ha fatto la prima professione alla Certosa di Pesio nel 1953 e dopo l’ordinazione, nel 1959, fu destinato al Kenya dove è arrivato alla fine dell’anno seguente. Dal 1994 si trova alla comunità di Rumuruti.
Di seguito ci racconta la sua storia...
Loyangallani, in the coast of Lake Turkana, is place for a Catholic Church mission run by the Consolata Missionaries starting from 1967. A division of Marsabit County, is the traditional home for the Turkana, than El Molo and Samburu, but in the last decades turned almost in an intercultural village that lives from fishing and tourism because of its unique environment.
The mission, starting very simply, nowadays features a church and another almost built, a school and a health centre.
Fr. Martin, born in the Southwest of Kenya and a Consolata Missionary from 2005, is based there and shares with us his experience as missionary.
Partito per la prima volta nel 1968, a parte una diecina di anni in Italia, P. Eugenio Ferrari ha passato una vita nelle missioni del Kenya.
Nato a Calvisano nella provincia di Brescia in Italia nel 1940 ha emesso la professione religiosa alla Certosa di Pesio nel 1961 e cinque anni dopo fu ordinato sacerdote per la missione “ad gentes”. Nel 1968 arriva in Kenya.
Nei video seguenti lui ci racconta il suo percorso vocazionale e missionario.
Msg. Ambrogio Ravasi, Consolata Missionary and retired Bishop of Marsabit, shares with us about his missionary vocation and experience.
Born in Bellusco, village in northen Italy province of Milan, in 1929, Msg. Ravasi entered the Consolata Missionaries with the first profession in 1951. He completed his studies and was ordained in 1957 in Washington, United States, where he worked as a missionary until 1971. That year he left for Kenya where he continued till now his missionary apostolate. In 1981 was elected bishop of Marsabit, successor to Msg. Carlo Cavallera, also a Consolata Missionary, as pastor amongst pastors and the nomadic people in the north most territory of Kenya.