Il Natale dei bambini della parrocchia Notre Dame de la Consolata di Sago, nella diocesi di San Pedro in Costa d'Avorio, è stato celebrato con entusiasmo e gioia, come ogni anno.

Il 21 dicembre è stato il turno dei settori Nord ed Est della parrocchia, mentre il settore Sud ha celebrato il 23 dicembre. Questo evento ha riunito un impressionante totale di 1190 bambini, accompagnati da 33 animatori, che hanno contribuito a rendere questa festa un momento indimenticabile. Una tale partecipazione testimonia l'importanza di questa celebrazione nella vita comunitaria e spirituale delle famiglie della parrocchia Notre Dame de la Consolata.

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Il Natale dei bambini nella parrocchia della Consolata a Sago. Foto: Gregory Mduda

La giornata è iniziata con una messa solenne, animata dai padri Greyson e Gregory, insieme al nuovo diacono Aria. Questo momento spirituale ha permesso ai bambini di riunirsi in un contesto festivo e religioso, rafforzando così la loro fede e il loro senso di comunità. Dopo la messa, è stato condiviso un pasto conviviale, favorendo gli scambi e le risate tra i bambini e i responsabili. Questa atmosfera calorosa ha preparato il terreno per le attività ludiche che sono seguite.

I bambini hanno quindi potuto partecipare a una varietà di attività ricreative. Tra queste c'erano degli sketch in cui hanno mostrato i loro talenti, così come concorsi di danza che hanno animato l'atmosfera con ritmi gioiosi. La kermesse è stata anche il momento principale, offrendo giochi divertenti e premi, permettendo ai bambini di divertirsi mentre sviluppavano il loro spirito di squadra. Queste attività non solo hanno intrattenuto i bambini, ma hanno anche favorito la loro creatività e la loro espressione personale.


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Un aspetto significativo di questa celebrazione è stato l'impegno dei bambini in azioni comunitarie. Hanno partecipato a una pulizia intorno alla chiesa, raccogliendo i rifiuti, dimostrando così la loro preoccupazione per l'ambiente e il desiderio di migliorare il loro contesto di vita.

La giornata si è conclusa con una preghiera collettiva e una benedizione del Padre Gregory, cappellano dei bambini, rafforzando il sentimento di unità e appartenenza alla comunità Consolata.

* Padre Ariel Tosoni, IMC, è missionario argentino nella Costa d’Avorio.

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Il 15 dicembre 2024, ha segnato un giorno storico nella vita della Missione Gambo nella Regione Etiopia. Il re Salomone nella sua saggezza disse:

"C'è un tempo per ogni cosa, e una stagione per ogni attività sotto il cielo. Un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare. Un tempo per uccidere e un tempo per guarire, un tempo per demolire e un tempo per costruire, un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per fare cordoglio e un tempo per ballare. Un tempo per spargere pietre e un tempo per raccoglierle, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dall'abbracciare. Un tempo per cercare e un tempo per rinunciare, un tempo per conservare e un tempo per buttare via..." (Ec 3,1ff).

Come famiglia dei Missionari della Consolata in Etiopia, non abbiamo ucciso, strappato, disperso, trattenuto dall'abbracciare, rinunciato o gettato via la missione di Gambo, è in linea con il nostro carisma: quando la fede cresce, siamo obbligati a muoverci e lasciare che il vescovo locale continui a coltivare e ad annaffiare la fede che è già stata seminata.

Breve storia della Missione di Gambo

La missione di Gambo come territorio cattolico è stata avviata da P. Francis Gole, Ofm Cap. Era uno degli avamposti della missione Mine (ora missione di Weragu). P. Francis era un prete etiope nato a Mine, Weragu, Oromia Occidentale. Divenne cattolico nel vicariato di Harar retto dai Padri Cappuccini francesi. Il cattolicesimo da Harar arrivò a Midakidu, poi a Mine e poi a Weragu. In seguito, Weragu ricca di piantagioni di caffè, divenne una parrocchia e Mine una cappella periferica.

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Dopo essere diventato sacerdote, P. Francis si assunse il compito di diffondere il cattolicesimo in altre parti dell'Etiopia. Mentre procedeva verso Arsi nella regione Oromia, ci fu a Mine l'uccisione di un prete cappuccino da un uomo del luogo. Il primo ministro di allora, che era amico dei missionari, promise di risarcire la Chiesa cattolica dando loro un terreno per la missione. Il terreno che fu dato andava da Arsi Negele fino ad Alem-Gena. È qui che si trovano tuttora la parrocchia di Gambo e le sue chiesette periferiche.

Pensarono di costruire la chiesa a Negele, ma il posto era infestato dalla malaria; decisero quindi di andare più in alto e si stabilirono ad Alem-Gena nell'anno 1924. A causa dell'invasione italiana del 1935, la chiesa di Alem-Gena fu distrutta, i missionari stranieri dovettero essere deportati dal paese. Abba Francis rimase a seguire la Chiesa cattolica nella regione.

Durante quel periodo si spostò oltre Arsi ed entrò nella parte meridionale dell'Etiopia. Qui trovò persone molto attive nella fede e laboriose. P. Francis, uomo del popolo e buon pastore, parlava più di sette lingue locali, e ciò gli permise di trasmettere il cattolicesimo a molte persone. Alcune delle lingue che parlava includono: amarico, oromo, hadiyinya, kambatenya, walayitenya, sidamenya, ecc.

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Nello sviluppare la Chiesa a Gambo, prese dodici famiglie dalla regione Kambata e le portò a Gambo. Lavorò con loro alla costruzione della Chiesa e nell'uso della vasta terra che era stata concessa alla missione. Non poté contare sulla popolazione locale Oromo, a quel tempo, dedita alla pastorizia.

I Missionari della Consolata ritornarono in Etiopia molti anni dopo e presero in carico la missione di Gambo nel 1973, sostituendo i Cappuccini. Svilupparono la missione di Gambo e un buon numero di altre missioni nel Vicariato di Meki. Con la consegna della missione di Gambo al Vicariato di Meki, i missionari della Consolata sono presenti solo in due missioni (Weragu e Halaba) dello stesso Vicariato.

I missionari della Consolata che hanno lavorato nella missione di Gambo in tutti questi anni sono: P. Giovanni De Marchi, P. Lorenzo Ori, P. Silvio Sordella, P. Tarcisio Rossi, P. Paolo Angheben, Fratel Vincenzo Clerici, P. Renato Saudelli, P. Renzo Meneghini, P. Giovanni Monti, P. Leandro Chequela, P. John Wao, P. James King'ori, P. Domenico Zoldan, P. Jorge Amaro, P. Jorge Pratolongo, P. Giuseppe Giovanetti, Fratel Mark Waweru, Fratel Francisco Reyes, P. Eduardo Rasera, P. Francesco Ponsi, P. Ghebre Egziabher Gebru, P. Oscar Clavijo, P. Gabriel Kinfemichail, P.Tamene Asaro Safato, P. Sandro Dalanora, P. Alvaro Palacios, P. Didier Sunda, P. Nebiyat Asnake Ejigu, P. Marco Msogoya, P. Timothy Wanyonyi Wanjala and P. Edgar Nyangiya Makori.

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La consegna

I Cristiani arrivati dalle varie  cappelle si sono riuniti nel centro della missione per assistere a questa storica occasione. Dai loro volti, sebbene tristi, si poteva percepire il silenzioso "GRAZIE" ai missionari della Consolata per ciò che hanno fatto per loro e per la comunità in generale. Nel suo discorso introduttivo, il celebrante principale, Padre Kidane Ashuro, vice superiore regionale, ha ringraziato tutti i cristiani per l'accoglienza data ai missionari della Consolata, e per il lavoro fatto assieme in tutti questi anni.

Ha inoltre sottolineato come i missionari della Consolata, una volta che la comunità cristiana è cresciuta, siamo obbligati a trasferirci in altri luoghi da evangelizzare. L'evento è stato un momento per ringraziare Dio per tutte le benedizioni concesse e per il lavoro dei missionari della Consolata nella missione di Gambo. Ringraziamento anche a tutti i cristiani e alle persone di buona volontà, in particolare ai benefattori, che hanno reso possibile la missione, per ciò che la missione di Gambo è oggi; opera di Dio.

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Da parte sua, Padre Timothy Wanyonyi, fino a quel giorno parroco della missione, nel suo sermone, essendo la prima domenica di Avvento in Etiopia, ha parlato del periodo di Avvento e il suo significato. Ha inoltre sottolineato come l'Avvento è un periodo di conversione, di richiesta di ritorno al Signore, in particolare nelle persone che incontriamo quotidianamente.

Ha invitato i cristiani a interrogarsi sui loro rapporti all'interno della famiglia e con gli altri. Ha indicato che è Cristo che desidera portare pace in noi, nelle nostre famiglie e nei nostri vicini. Per accogliere questo re di pace, è necessario abbandonare ogni forma di odio che ci possa essere tra di noi. Ha concluso riferendosi al Vangelo, che è ora il momento di abbandonare l'odio in quanto non conosciamo il tempo in cui Lui verrà. Solo in questo modo potremo riceverlo quando verrà. Maria, nostra madre, è nostro modello nell'accogliere la volontà di Dio. Preghiamo affinché attraverso la sua intercessione possiamo rimanere forti nel nostro cammino spirituale.

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Infine, ha invitato i cristiani a vivere in pace con tutti e di pregare per la pace nel paese, es essere costruttori di pace. Ringraziandoli per aver accolto tutti i missionari che hanno lavorato nella missione di Gambo, ha invitato la comunità ad estendere lo stesso amore e cooperazione ai sacerdoti diocesani che prenderanno in mano la missione.

La celebrazione è stata solenne, anche se i sacerdoti diocesani che prenderanno in mano la missione non erano presenti. Finita la celebrazione nonostante il triste stato d'animo, la comunità ha dato l'addio ai missionari, a cui ha fatto seguito il pranzo condiviso con i cristiani.

Per tutti i benefattori e i missionari che hanno lavorato nella missione di Gambo, innalziamo un grande grazie a Dio; e per coloro che ci hanno preceduto, continuiamo a pregare affinché Dio conceda loro il riposo eterno nel Suo Regno.

* Padre Edgar Nyangiya, IMC, Regione Etiopia.

Ne parlano padre Michelangelo Piovano, vice Superiore Generale; padre Sandro Faedi, a lungo missionario in Mozambico; padre Gianfranco Graziola, membro della Coordinamento nazionale della pastorale carceraria in Brasile; padre Flavio Pante, missionario in Congo; padre Adolfo De Col, a lungo missionario in Kenya.

Video CAM Cultures And Mission – IMC Torino

Il corso di formazione permanente per i formatori affronta diverse tematiche. “Formati al Carisma dell’Istituto Missioni Consolata” è stato il tema di studio presentato da padre Nicholas Muthoka, IMC, nel pomeriggio di giovedì 5 settembre. Tredici sono i formatori che partecipano al corso che si svolge a Roma dal 2 al 17 settembre.

Padre Nicholas è keniano, sacerdote dal 2011, con una licenza in teologia pastorale. Ha lavorato come animatore missionario nella diocesi di Torino. Dal 2013 vive e lavora nella parrocchia Maria Speranza Nostra, nello storico quartiere di Barriera di Milano, il più multietnico della città de Torino, prima come vice parroco e dal novembre 2017 è stato nominato parroco. Inoltre, collabora insieme a padre Samuel Kabiru, nell’accompagnamento della Comunità Apostolica Formativa (CAF) con cinque studenti professi.

“La formazione e la missione devono essere collegate perché formiamo i seminaristi per la missione”, afferma il Nicholas. In questo video realizzato dal Segretariato per la Comunicazione, il missionario presenta una sintesi della sua relazione condivisa con  i formatori a Roma.

Secondo padre Nicholas, “la formazione deve aiutarci a farci innamorare della missione, e preparando, in questo modo, anche il futuro della Chiesa. Il Signore ha scelto noi formatori e siamo noi che dobbiamo fare innamorare i ragazzi della missione. Perciò dobbiamo riflettere su vari aspetti che sono importanti per aiutare un giovane che vuole essere missionario delle Consolata”:

Siamo abituati ad essere missionari “multitasking”: psicologi, infermieri, portinai, che riceve la gente, idraulici che sistemano la casa, ecc. Dobbiamo imparare ad essere animatori, evitando il clericalismo e a fare tante cose contemporaneamente.

Formatori identificati: appassionati, identificati con il nostro carisma e pieni di zelo.

Umiltà dei seminaristi: vivere una formazione collegata alla missione, formare i ragazzi ad una missione molto esigente. Questo perché dei seminaristi bene formati sono il tesoro della Chiesa. Prepararsi per la missione ad gentes, esige gente forte. “Seminaristi è attivi, lo saranno anche da prete, viceversa dei seminaristi menefreghisti, saranno così anche, e questo vale anche: impazienti, aggressivi, intoccabili…

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Cultura post-moderna: oggi si vive una confusione a livello culturale che è importante conoscere. Usciamo dai villaggi, per studiare nelle grandi città e non assimilano bene la cultura in cui viviamo. Padre Nicholas, ci invita studiare la cultura e farne una lettura critica, “perché i nostri studenti sono già molto influenzati dalla cultura post-moderna. Tutto questo esige un cambiamento interiore, si fanno esperienze che non li toccano con la tendenza è tornare alla loro terra di origine”.

A Livello personale: si constata una grande fragilità a livello umano, vivono un’esperienza familiare di frammentazione, vivono traumi le cui ferite rimangono poi nel tempo. Tutto questo porta ad una difficoltà ad accettare se stessi e nel costruire delle relazioni positive con gli altri. Questa cultura di consumismo, dell’individualismo fa vedere la vita religiosa come un cammino di uscita dalla precarietà che offre una possibilità di conforto importante, e tutto questo può portare a una vita comoda, passiva, a una pastorale minimalista senza zelo missionario.

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Alcuni spunti per cercare delle soluzioni

- fare una lettura critica della cultura contemporanea che aiuti i missionari.

- studiare e approfondire con i ragazzi in formazione tutto quanto si riferisce alla cultura, perché non potranno fare un vero annuncio quando non c’è chiarezza.

- avere una forte spiritualità.

- non sottovalutare le ferite, facendosi aiutare delle scienze umane per lavorare sulla personalità dei candidati.

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Dopo l’intervento di padre Nicholas, i 13 formatori partecipanti al corso hanno svolto una sessione di lavoro di gruppo guidati dalle seguenti domande:

1. Che cosa sto facendo come formatore per decifrare la cultura dei seminaristi?

2. Nel mio lavoro di formatore, come cerco capire e vivere il contesto dove si trova la comunità formativa?

Il risultato del lavoro di gruppo è stato condiviso nella sessione plenaria con del tempo per alcune riflessioni conclusive.

* Padre José Martín Serna, IMC, Maestro di novizi a Manaus, Brasile.

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I missionari della Consolata che operano in Venezuela si sono radunati per la loro IX Conferenza con il motto "Camminatori della consolazione e della speranza". Il gruppo incontrandosi vuole ricollegarsi alle parole che più volte hanno ispirato il Fondatore, il Beato Giuseppe Allamano: "Consolate, consolate il mio popolo" (Is 40,1).

Questo momento di grazia si svolge dall'8 al 12 luglio presso il Centro di Animazione Missionaria (CAM) di Barquisimeto con la partecipazione dei membri della Direzione Generale: padre James Lengarin, padre Michelangelo Piovano e padre Juan Pablo De los Rios, arrivati da Roma, i 14 missionari della Consolata insieme a tre LMC, tutti che operano nelle missioni di Caracas, Barlovento, Barquisimeto, Tucupita e Nabasanuka.

È questa anche una un’occasione di gioia dare il benvenuto ai nuovi missionari che si uniscono alla nostra Delegazione. La nostra missione in Venezuela è offrire la consolazione che Dio stesso offre all'umanità.

Il Consigliere Generale per l’America, padre Juan Pablo ha ricordato le parole di Papa Francesco che ci invita a non dimenticare di essere una Chiesa in uscita, sottolineando la necessità di concentrarsi sull'ad gentes del nostro Istituto.

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“L'obiettivo di ogni cristiano è quello di essere discepolo missionario e di rendere discepoli gli altri. Dobbiamo riflettere personalmente sulla capacità di uscire da noi stessi, dai nostri interessi personali, per lasciare agire lo Spirito, lavorare in unità di intenti, concentrando lo sguardo insieme”.

Il relatore ha poi indicato alcuni tratti specifici della nostra spiritualità missionaria:

  1. La convinzione di aver ricevuto una chiamata da Dio e la decisione di rispondere ad essa con libertà e responsabilità. Chiamati ad essere una benedizione e a far crescere la passione per il Regno.
  2. Superare la paura di andare oltre le frontiere, in accordo con il documento del XIV Capitolo generale (n.24). Superare non solo le frontiere geografiche, ma anche quelle religiose, spirituali, esistenziali e sociologiche, accettando l'ignoto con capacità di apertura e lasciandoci sorprendere per incontrare Dio e trovarlo tra i più svantaggiati.
  3. Camminare con l'umanità facendo parte di un popolo, di una comunità che si muove, cresce e cambia.
  4. Essere testimoni di riconciliazione. Le nostre storie personali e sociali sono segnate anche dalla violenza, che ha lasciato molte fratture. Dobbiamo impegnarci a promuovere la riconciliazione che è al centro del Vangelo. La consolazione implica tutto questo e Gesù Cristo è lo strumento per realizzarla.
  5. Apertura al dialogo: un dialogo integrale che cerca ciò che ci unisce e accentua l'esperienza di Dio.

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La realtà del Venezuela

Per presentare e riflettere sulla realtà del Venezuela, siamo stati aiutati dall'esperienza del gesuita padre Manuel Zapata, sociologo, ricercatore e amico dell'Istituto. Padre Manuel propone il suo intervento come un discernimento e uno sguardo profondo su ciò che stiamo vivendo nel Paese. "Guardare la realtà può generare angoscia e disperazione, ma può anche aiutare a scoprire le manifestazioni dello Spirito di Dio che accompagna le persone” e continua il relatore: “Ci sono fattori che ostacolano il progresso, ma nel popolo venezuelano c'è anche una forza di resilienza molto elevata che si manifesta nel modo in cui le persone vanno avanti, anche di fronte alle avversità”.

In Venezuela esistono diverse forme di povertà ed esclusione sociale: si può parlare di povertà economica; di povertà sociale risultata dalla mancanza di opportunità e da alti livelli di disuguaglianza sociale; di povertà umana o danno antropologico; di povertà spirituale nel deterioramento dei valori; di povertà educativa che si manifesta, tra le altre forme, nelle lacune nell'accesso alle tecnologie di comunicazione e informazione.

La povertà nelle sue diverse realtà riguarda il 51,9% della popolazione. L'89% soffre di insicurezza alimentare. Ci sono carenze nei servizi pubblici, nell’ l'istruzione e  nella sanità in tutto il paese.

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Il padre Manuel Zapata, SJ, sociologo, ricercatore e amico dell'Istituto in Venezuela

La migrazione continua

Si parla di 8 a 9 milioni di venezuelani, specialmente giovani, che sono emigrati in altri paesi e molti continuano a migrare, nell’attesa di un possibile cambiamento politico. Le conseguenze di questo fenomeno migratorio includono l'invecchiamento della popolazione , l’aumentano dei bambini non accompagnati dai genitori e affidati ai nonni o ad altri parenti. C'è grande risentimento verso lo Stato a causa del problema migratorio. La pornografia digitale è diffusa come conseguenza della vulnerabilità, così come la presenza di situazioni di traffico di esseri umani.

A livello psicosociale, il Venezuela presenta ferite multiple dovute alla frammentazione delle comunità  sociali, delle famiglie e anche delle comunità cristiane. La riconciliazione è una necessità nel Paese, anche se non sappiamo o non c'è una proposta concreta su come attuarla.

Come evidenziato in precedenza, è tuttavia positiva l'alta resilienza dei venezuelani e nonostante il significativo deterioramento della salute mentale e l'aumento dei suicidi, l'ottimismo è ancora alto nel Paese.

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 Superare la paura di andare oltre le frontiere

La storia

I missionari della Consolata sono arrivati in Venezuela nel 1970 con il padre Giovanni Vespertini, inizialmente nella diocesi di Trujillo, assumendo la parrocchia di La Quebrada. Nel 1974, con l'arrivo di padre Francesco Babbini, il Gruppo IMC Venezuela divenne autonomo sotto la responsabilità della Direzione Generale staccandosi dalla Regione Colombia. Nel 1982 il Gruppo è diventato una Delegazione, dedicata alla Vergine di Coromoto, patrona del Venezuela.

Attualmente sono 15 i missionari della Consolata provenienti da diversi Paesi che lavorano in Venezuela: a Caracas (quartiere Carapita e nella sede della Delegazione), Barquisimeto (Centro di Animazione Missionaria), Barlovento (Pastorale afro in quattro parrocchie), Tucupita e Nabasanuka (Pastorale indigena con il popolo Warao). Mons. Lisandro Rivas Durán, IMC, è vescovo ausiliare dell’Archidiocesi di Caracas.

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 La participazione dei LMC alla IX Conferenza: Fatima Contreras, Roger Quiñones e Damari Mujica.

In Venezuela operano  anche le Suore Missionarie della Consolata (MC) e i Missionari Laici della Consolata (LMC) sono presenti in varie attività missionarie.

Il programma della IX Conferenza prosegue con un lavoro di gruppo sulle nostre realtà come Delegazione IMC. Le giornate si concludono sempre con un momento di preghiera animata dalle diverse équipe secondo le opzioni missionarie: pastorale indigena, pastorale afro, pastorale urbana, AMJV, ecc.

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* Padre Beni Kapala, IMC, comunicazione IMC Venezuela.

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