Dopo ormai dieci giorni dal nostro arrivo nella Repubblica Democratica del Congo facciamo un po' di condivisione e aggiornamento su questa prima tappa della Visita Canonica compiuta dal Superiore Generale, padre James Lengarin, accompagnato dal Vice Superiore Generale, padre Michelangelo Piovano e dal Consigliere, padre Erasto Mgalama.
La visita è iniziata nel nord del paese con l’arrivo a Goma e poi a Kisangani sabato 11 gennaio 2025. Qui abbiamo incontrato il superiore regionale padre David Moke venuto ad aspettarci e che ci accompagnerà. Abbiamo fatto la visita alla missione e quasi parrocchia di Segoma dove ci accoglie padre Andre Nekpala, con lui lavora anche padre Simon Tshiani che però è all’ospedale perché deve essere operato in giornata di appendicite.
Parrocchia di Kisangani
Siamo ospitati nella casa della comunità costruita da pochi anni, molto bella ed accogliente. Padre André ci fa vedere il terreno accanto alla casa parrocchiale dove dovrà essere costruita la chiesa dedicata alla Consolata ed il resto del grande terreno della parrocchia dove potranno sorgere anche altre attività e opere. Per ora, per la messa e le altre attività, viene usato un posto all’aperto coperto da una tettoia. Domenica 12 partecipiamo alla Messa con la gente, una celebrazione ben preparata e partecipata da molte persone.
Il giorno seguente partiamo presto perché il viaggio nella foresta fino a Bayenga è lungo e la strada molto rovinata dovuto alle piogge e ai camion. Passando per vari posti di controllo e per alcuni tratti in cui la strada è pessima alla sera arriviamo alla nostra missione di Bayenga nella diocesi di Wamba. Ci accolgono padre Flavio Pante e padre Joseph Mutinda Maingi.
I missionari della Consolata sono a Bayenga da ormai 25 anni lavorando con la gente semplice di questa missione ed in particolare con un gruppo di Pigmei che vivono nella zona. Un gruppetto di loro, soprattutto bambini, al mattino presto è già alla porta della missione per chiedere un po' di cibo. Si lavora con loro soprattutto nel campo della nutrizione, della salute e dell’educazione. È importante per i missionari stare con loro per conoscerne la cultura e la loro vita e necessità.
Come in ogni comunità il Superiore Generale, padre James Lengarin, parla personalmente con ogni missionario mentre padre Erasto Mgalama e padre Michelangelo guardano gli aspetti più concreti della vita della comunità, della parrocchia e delle sue attività. Fatto questo si fa sempre un incontro comunitario finale.
Martedì 14, dopo pranzo, riprendiamo il viaggio diretti verso Isiro dove arriviamo alla sera. Siamo accolti da padre Rinaldo Do, Fratel Rombaut Ngaba e Fratel Domenico Bugatti. Fa anche parte della comunità padre Richard Larose che è in Canada per motivi di salute. Isiro è la casa procura della zona alla quale fanno riferimento tutte le missioni del Nord. Qui abbiamo modo di visitare le varie attività ed opere che la comunità segue nel campo dell’alimentazione con i bambini, dell’educazione con le scuole e nell’ospitalità.
Visita all’ospedale di Neisu
Da Isiro andiamo a Neisu, missione nella quale siamo ormai da più di 40 anni. Siamo accolti da padre Willy Ipan, padre Giuseppe Fiore, padre Jaques Babaya Abayo, padre Jean de Dieu Madjaje e dal laico missionario Ivo Lazzaroni che è amministratore dell’ospedale. La gente ci accoglie con gioia in questa grande e antica missione con più di 80 cappelle che i missionari seguono raggiungendole con le loro moto e con non poca fatica.
Visitiamo in particolare l’ospedale nel mezzo del quale si nota subito la tomba di padre Oscar Goapper che ne è stato l’ideatore e fondatore. Con più di 200 posti letto accoglie ogni giorno le persone che vengono anche da lontano sapendo di poter fare analisi, radiografie, ecografie e consulte mediche di qualità. Un nuovo reparto di cardiologia con gli strumenti necessari per questa specialità e una buona farmacia per ogni tipo di trattamento. Una vera e propria opera di consolazione che il laico missionario Ivo in questi hanno ha amministrato con capacità e intraprendenza.
La comunità della Parrocchia di Somana a Isiro
Venerdi 17 gennaio, dopo la messa con i numerosi fedeli, ripartiamo per Isiro per visitare la comunità della Parrocchia di Somana. Ci accolgono padre Patrick Sawela, padre Francis Obwoge e padre Sabastien Ntoto Ntoto. Una grande parrocchia in sviluppo e crescita nella città di Isiro. La grande presenza e partecipazione di fedeli ha dovuto far ingrandire la chiesa aggiungendo due navate che sono in fase di costruzione. Inoltre, in un altro settore, sempre della parrocchia, sorgerà una grande chiesa dedicata a San Giuseppe Allamano. Per ora vi è già la struttura coperta dove la gente ogni domenica si trova per la messa e alla quale sta lavorando per fare le pareti e completare l’opera. Anche qui la comunità cristiana è molto numerosa.
Queste sono le nostre comunità della zona di Isiro, una realtà molto distante da Kinshasa e con i mezzi di trasporto aereo sempre molto incerti.
Ordinazione sacerdotale
Domenica 19 gennaio abbiamo avuto la gioia di partecipare alla ordinazione sacerdotale del diacono Jean-Baptiste Kambale Bahamwiti originario della parrocchia di Bayenga e del diacono Remi Beyokomu Anotengo dei Missionari Comboniani della parrocchia di Ibambi, entrambi della diocesi di Wamba. Dovuto all’assenza del vescovo della loro diocesi di Wamba sono stati ordinati dal vescovo di Isiro nella nostra parrocchia S. André Kaggwa di Somana-Isiro. Una bella e lunga celebrazione con moltissima gente accolta sia in chiesa che all’esterno.
Le parrocchie dei due neo-sacerdoti si sono fatte presenti con una buona partecipazione. Il coro ha animato con forza ed entusiasmo tutta la celebrazione. La nostra parrocchia ed i nostri missionari con la loro gente hanno fatto un grande lavoro per la preparazione della celebrazione e l’accoglienza di tutti gli invitati. Essendo entrambi missionari, padre Jean-Baptiste partirà per l’Angola e padre Remi (Comboniano) è stato destinato in Colombia.
La nostra vista alla zona di Isiro si è conclusa lunedì 20 gennaio con una assemblea insieme a tutti i missionari della zona nella quale inizialmente il superiore e l’amministratore regionali hanno fatto una relazione sulla regione.
In seguito, il superiore generale, insieme ai visitatori, ha ringraziato per il grande lavoro che ogni missionario sta facendo con amore e dedicazione, ha inoltre fatto alcune osservazioni per ogni comunità e dato anche indicazioni per la nostra vita religiosa, comunitaria e missionaria.
Missionari della Consolata insieme al vescovo ed alcuini padri diocesani
Nel pomeriggio, sempre nella casa procura, insieme ad un centinaio di persone invitate, sacerdoti, religiose e religiosi si è celebrata la Festa della Fondazione dell’Istituto e di San Giuseppe Allamano, presieduta dal vescovo di Isiro, Mons. Dieudonné Madrapile Tanzi.
Così si conclude questa prima tappa della visita canonica che proseguirà con la visita alle comunità di Kinshasa.
* Padre Michelangelo Piovano, IMC, è Vice Superiore Generale
Padre Luca Bovio, missionario della Consolata italiano in Polonia, da tre anni compie viaggi di solidarietà in Ucraina.
Ci è tornato tra il 3 e il 7 gennaio 2025 per raggiungere Kharkiv, città a pochi chilometri dal confine russo, e portare medicinali e altri aiuti alla popolazione provata dalla guerra.
Oggi partiamo e ci dirigiamo a Sudest nella regione del Donbass precisamente nella città di Sloviansk. Qui ad attenderci c’è don Giulio che abita presso l’unica parrocchia latino cattolica dedicata ai SS. Cirillo e Metodio.
Don Giulio ha creato attorno alla parrocchia un centro di accoglienza per i soldati e i volontari. I militari che tornano dal vicino fronte qui possono trovare riposo e alcuni servizi come la lavanderia. Possono anche rilassarsi facendo una sauna e gustando buone cene preparate per loro. Anche i volontari trovano un luogo per fermarsi e organizzare meglio gli aiuti sul territorio.
Don Giulio ci porta in macchina per le città e i villaggi intorno: è, infatti, un cappellano militare e ha tutti i permessi per muoversi in queste zone.
Visitiamo Krematorsk e altri villaggi. Ci racconta che l’uso di tecnologie e di droni è aumentato considerevolmente dall’inizio della guerra. Nella cappella della parrocchia, ai piedi della statua di San Michele Arcangelo, vediamo un drone russo lasciato dai soldati ucraini come ringraziamento al Signore per le loro vite salvate. Quel piccolo drone, infatti, trasportava sino a due chilogrammi di esplosivo che, miracolosamente, non è esploso sopra di loro.
Visitiamo la comunità delle suore di Don Orione a Nowy Korotycz vicino a Kharkiv. Qui le suore missionarie accolgono bambini orfani o accompagnati dalle loro mamme.
Nelle tre case della comunità sono distribuite quasi 50 persone. I bambini hanno diverse età: dai neonati di pochi mesi sino all’età scolare. In questo luogo trovano rifugio e le condizioni necessarie per vivere.
Le loro storie sono varie e spesso molto tristi, anche se non per questo alcuni di loro perdono il sorriso.
I loro papà possono essere a combattere. Di alcuni di loro si sono perse le tracce.
Le storie di alcune famiglie sono segnate dal problema dell’alcolismo, molto diffuso qui.
Le suore con l’aiuto di personale e di volontari, non solo garantiscono loro i servizi, ma riescono a trasmettere quel calore e quell’amore umano così importante per la crescita di ognuno.
A loro consegniamo dei lavori di lana fatti a maglia a mano dalla signora Laura, una pensionata di Milano che, avendo molto tempo libero, si impegna a realizzare e poi a donare.
Lasciamo anche un’offerta raccolta da alcune giovani famiglie che vivono in Polonia e in Svizzera. Questa serve alle suore per organizzare una vacanza per tutti gli ospiti della loro comunità.
Nei pressi di Kharkiv, a Siruako, visitiamo il convento delle suore Carmelitane di clausura. Qui incontriamo le tre sorelle che vi vivono. Sono la madre Suor Mariola, di origine polacca, e le suore Pia e Ludmila, di origine ucraina. Le altre suore che qui abitavano, oggi si trovano per motivi di sicurezza in Polonia, pronte a ritornare quando la guerra sarà finita.
L’incontro con le monache, pur essendo breve, è molto gioioso, una gioia che nasce dalla loro totale e incondizionata appartenenza a Cristo, una gioia che è di grande aiuto per coloro che sono gravati dalla sofferenza della guerra.
Le ringraziamo per il prezioso aiuto che offrono attraverso la preghiera e il loro essere sempre disponibili all’incontro e all’ascolto per chiunque bussa alla loro porta.
Il loro è uno dei pochi i conventi contemplativi esistenti in Ucraina, e per questo è ancora più prezioso.
Il villaggio di Tsupiwka dista da Kharkiv 40 km circa, e pochi chilometri dal confine con la Russia. Questo villaggio occupato dai russi e poi liberato, prima della guerra contava circa mille abitanti. Oggi ne sono rimasti circa sessanta.
Le condizioni di vita sono difficili. Il coprifuoco inizia alle 17.00 e termina alle 9.00 del mattino. Solo per poche ore si può uscire dalle proprie case.
Molte abitazioni sono visibilmente danneggiate, così come la scuola e la chiesa, e spesso si sentono i vicini bombardamenti.
Portiamo in questo luogo un carico di aiuti arrivato dall’Italia. Ci accolgono alcune persone nella casa parrocchiale riscaldata da una stufa. Qui il riscaldamento è prevalentemente a legna, e utilizzato soltanto nelle ore notturne. Durante il giorno il fumo che esce dal camino può diventare un segno della presenza di persone, quindi indicare ai russi un possibile bersaglio.
Un solo piccolo negozio di alimentari è aperto. Il maggiore aiuto viene portato con le macchine dalla cattedrale. Gli abitanti, molto cordiali, ci raccontano che uno dei disagi maggiori è quello della mancanza di trasporti verso la città. Lungo la strada non asfaltata e piena di buche, viaggiano le auto militari e le macchine che portano gli aiuti umanitari.
La città di Kharkiv, prima dell’inizio della guerra, contava più di 2 milioni di abitanti. Oggi la popolazione si è dimezzata. Di questa, circa mezzo milione di persone sono abitanti locali. L’altro mezzo milionè è composto da persone giunte dalle zone del fronte, costrette a lasciare i propri villaggi.
Le tre linee della metropolitana sono attive e completamente gratuite, come tutti i mezzi di trasporto pubblici della città. Le stazioni della metropolitana diventano spesso anche luoghi di rifugio durante gli allarmi e i bombardamenti. In alcune stazioni sono allestite delle scuole per bambini.
A pochi giorni dal Natale ortodosso, che si celebra il 7 di gennaio, e dalla festa del battesimo di Gesù, è tradizione immergersi in vasche di acqua gelida, oppure scavate nel ghiaccio dei laghi. Questa immersione vuole simbolicamente ricordare la purificazione che si attua nel battesimo.
Siamo ospiti della curia della diocesi di Kharkiv. Qui vive un gruppo di sacerdoti, tra cui padre Michele che è cappellano militare e svolge il suo servizio presso il grande ospedale militare della città che serve tutta la regione orientale del Paese.
Padre Michele ci racconta che vengono ricoverati mediamente 30 soldati al giorno provenienti dal fronte, per un totale di circa 1.000 ricoveri mensili.
Questi numeri non tengono presente il servizio che i tanti ospedali da campo svolgono presso il fronte.
Con il suo aiuto riusciamo a consegnare un buon numero di scatoloni di preparati rigenerativi da usare dopo le operazioni. Parte di essi sono distribuiti ai soldati, altri consegnati all’ospedale oncologico della città. Altri scatoloni di medicinali specifici li spediamo per posta ad altri ospedali del Paese.
Per la festa dell’Epifania è stato organizzato per la prima volta un concerto dei canti natalizi nella cattedrale di Kharkiv, con la partecipazione di diversi gruppi delle Chiese latino cattolica, greco cattolica e ortodossa.
Visitiamo don Andrea, il parroco di Sumy. Questa è una città di circa trecentomila abitanti posta a poche decine di chilometri dal confine con la Russia. Da questo confine, l’esercito ucraino la scorsa estate è riuscito a occupare una parte del territorio Russo. Tutta questa zona è fortemente militarizzata.
Al parroco lasciamo degli aiuti umanitari per alcune famiglie locali.
Incontriamo anche padre Romualdo, un francescano che vive a Konotop. Questa comunità è stata aiutata in passato dalla nostra fondazione. L’incontro di oggi non previsto è stata una piacevole occasione per conoscersi e continuare in futuro la collaborazione.
* Padre Luca Bovio è missionario della Consolata in Polonia. Originalmente pubblicato in: www.rivistamissioniconsolata.it
Dal 2003 i missionari e le missionarie della Consolata operano in Mongolia.
La Mongolia è un paese asiatico vasto cinque volte l'Italia, ma con soltanto tre milioni e mezzo di abitanti (2,2 persone per chilometro quadrato), la metà dei quali risiede a Ulaanbaatar, una capitale fredda e inquinata, ma anche ricca di musei.
Per il paese conta molto la sua posizione geografica. La Mongolia - infatti - è priva di uno sbocco al mare. Confina a Nord con la Russia e a Sud e a Est con la Cina, due paesi che ne hanno segnato - spesso in modo negativo - la storia. Prima dell'arrivo di Cina e Russia, il paese aveva però conosciuto i fasti dell'Impero fondato da Gengis Khan nel 1206, eroe indiscusso di tutti i mongoli.
Circa tre quarti della superficie della Mongolia sono costituiti da steppe e praterie, che ospitano ben 71 milioni di animali: pecore, capre, bovini (tra cui gli yak), cavalli, ma anche - in particolare, nel deserto del Gobi - cammelli. Gli animali sono allevati da pastori nomadi, noti anche per l'originalità delle loro tende mobili conosciute con il nome di «gher». Oggi i nomadi sono circa il 30 per cento della popolazione mongola.
Le fedi religiose più diffuse sono lo sciamanesimo e il buddhismo tibetano (di cui - è bene ricordarlo - il Dalai Lama è il massimo rappresentante). Per il resto, la minoranza kazaka segue l'Islam. Mentre il cristianesimo è la religione dell'1,3 per cento della popolazione. I cattolici mongoli sono guidati dal cardinale Giorgio Marengo, IMC, prefetto apostolico di Ulaanbaatar e da un gruppo di missionari e missionarie.
Occorre peraltro sottolineare che soltanto nel 1990, con la nascita della Mongolia democratica, per i cittadini mongoli è tornata la libertà di espressione religiosa.
Per un approfondimento di tutto questo qui potete trovare il reportage di Paolo Moiola, redattore della rivista Missioni Consolata.
* Padre Jaime Patias, IMC, Ufficio per la Comunicazione
Il Vicariato di Tucupita in Venezuela ricorda il primo anniversario della morte di padre Josiah K'Okal, missionario della Consolata.
I Warao sono il secondo gruppo etnico del Venezuela (dopo il gruppo Wayú), con una popolazione stimata di circa 40 mila persone, che vivono principalmente nel Delta del fiume Orinoco.
Noi Missionari della Consolata siamo arrivati in questo territorio nel 2006 per accompagnare la pastorale indigena del Vicariato di Tucupita. L’abbiamo fatto inizialmente da Nabasanuka, dove abbiamo avviato una missione insieme alle Missionarie della Consolata; poi è stata aperta una seconda presenza a Tucupita, capitale dello Stato del Delta Amacuro, non solo per avere un punto di appoggio, ma anche per accompagnare il gran numero di famiglie Warao che stanno lasciando i loro territori per cercare migliori condizioni di vita in città.
Mons. Ernesto Romero, vescovo del Vicariato di Tucupita con un gruppo di missionari della Consolata.
Il 1° gennaio 2024 è stato un giorno triste sia per la comunità Warao che per i Missionari della Consolata, perché è stato il giorno della morte, inaspettata e tragica, di padre Josiah K'Okal. Lo chiamavano “Baré Mekoro” –“Padre Nero” in lingua warao–; lui ha trascorso i 25 anni del suo ministero sacerdotale nel suo “amato” Venezuela, e gran parte di questo tempo fra il popolo warao.
Oltre ad aver ricevuto la nazionalità venezuelana, è stato anche un grande studioso della lingua e della cultura warao e un conoscitore dei loro usi e costumi. Padre K'Okal era innamorato di questo popolo e ha lasciato un segno indelebile nelle persone e nelle comunità che ha accompagnato durante i tanti anni del suo servizio missionario in questo Paese così lontano dal suo Kenya.
Momento di preghiera sulla tomba di padre K'Okal nella parrocchia di San Giuseppe nel Vicariato di Tucupita
Non sorprende quindi che, nella commemorazione del primo anno della sua partenza, all'Eucaristia presieduta dal Vescovo del Vicariato di Tucupita, Mons. Ernesto Romero, fossero presenti numerosi membri delle diverse comunità Warao per rendere omaggio, con molta gratitudine, a colui che è stato un pastore, un caro amico, un consigliere, un promotore dei valori ancestrali e tradizionali, un instancabile annunciatore del Vangelo di Gesù.
“Dobbiamo imparare ad amare questo popolo”, ripeteva costantemente a coloro che condividevano il lavoro della pastorale indigena del Vicariato. Ai Warao diceva sempre di “non stare sempre a piangere e a lamentarsi delle difficoltà”, ma di alzare la testa e lottare per i propri diritti.
Gratitudine, supplica e discernimento sono state le tre parole che il Vescovo ha sottolineato durante l'omelia e che hanno trovato eco in alcune testimonianze di persone che sono stati prossimi al padre K'Okal e condiviso tempo con Lui.
La celebrazione eucaristica, accompagnata dai catechisti e dagli animatori delle comunità warao, ha avuto alcuni gesti significativi come l'intronizzazione della Parola, i canti in lingua nativa e la danza tradizionale accanto alla sua tomba in una delle navate della parrocchia di San José a Tucupita. La danza accompagna il defunto nell'inizio del viaggio alla ricerca dei suoi antenati, ma lo rende anche presente quando la comunità si riunisce e danza nuovamente in suo onore.
“Yi ka Bare are jese” sei il nostro sacerdote per sempre, hanno scritto sul manifesto commemorativo, perché, come ha spiegato uno di loro: “sei diventato uno con noi e sei sepolto nella nostra terra”.
Così è stata la vita di “Bare mekoro” K'Okal, un Missionario della Consolata che ha insegnato che la missione ad gentes è anche “ad vitam, ad extra, ad pauperes”. Anche da un anno ci ha lasciato Lui è ancora molto presente tra i Warao, ed è il loro sacerdote per sempre.
* Juan Pablo de los Ríos, IMC, Consigliere Generale per l'America.
Nel mistero della Natività, colui che per natura è invisibile si rende visibile ai nostri occhi. (Prefazione II della Natività)
La seconda edizione del “Natale in Famiglia” al Centro di animazione missionaria (CAM) di San Pedro in Costa d’Avorio è stato un evento celebrato con fervore, convivialità e fraternità. La serata è iniziata con la messa della Natività, un momento spirituale forte che ha riunito le famiglie attorno alla nascita del nostro Salvatore, con i padri Raphael Ndirangu, Ariel Tosoni e il diacono Frederick Maina.
Dopo la messa, gli Amici della Consolata e gli amici che frequentano il CAM hanno avuto l'occasione di scattare foto in famiglia vicino al “Murale di Natale”, immortalando questi istanti di gioia e di ricordi natalizi. Quest'anno, abbiamo anche voluto invitare i vicini non cristiani per condividere questo momento conviviale e far loro scoprire la gioia del Natale. Il pasto è stato benedetto, aggiungendo una dimensione sacra a questo momento di condivisione per la grande famiglia Consolata di San Pedro. Gli ambienti del CAM erano stati accuratamente preparati e decorati dai giovani e dalle “mamme Consolata” per accogliere le varie attività che sarebbero seguite.
Le animazioni sono state varie e dinamiche, includendo una selezione di canti cristiani per dare inizio alle festività. I giochi, come il concorso di danza, hanno permesso ai bambini, giovani e adulti di divertirsi insieme. Il karaoke, con un brano proposto per il primo momento della celebrazione è stato molto apprezzato, seguito da un'animazione festosa che ha riempito la sala.
I partecipanti hanno potuto mostrare i loro talenti e partecipare a concorsi per mamme, giovani e bambini, aggiungendo un tocco di felicità alla serata. L'evento è culminato con l'attesissimo arrivo di Babbo Natale, che ha fatto un giro d'onore, portando gioia e meraviglia ai più piccoli. La distribuzione dei regali è stata un momento forte, riempiendo i cuori di felicità, anche per le famiglie che hanno ricevuto cesti natalizi affinché la festa potesse continuare a casa durante l’Ottava.
Natale in famiglia si è concluso intorno alle due del mattino con la benedizione finale. Ogni famiglia è tornata a casa con il cuore colmo di gioia, rafforzando così lo spirito di famiglia che ha caratterizzato questa celebrazione. Questa seconda edizione ha saputo coniugare spiritualità, gioia e impegno comunitario, creando ricordi indimenticabili per tutte le famiglie.
* Padre Ariel Tosoni, IMC, è missionario argentino nella Costa d’Avorio.