Ci sono diverse riflessioni di santi, beati e teologi sulla risurrezione di Gesù Cristo, perché è il fondamento della vita cristiana e la ragion d'essere della Chiesa nel mondo. Anche il Beato Giuseppe Allamano, Fondatore e Padre dei Missionari e delle Missionarie della Consolata, ha riflettuto profondamente sul significato della festa della risurrezione di Gesù. Per lui, celebrare la Pasqua significava fondamentalmente questo:

Festa di resurrezione nel fervore

La Pasqua è una festa di risurrezione nel fervore. Il beato Giuseppe Allamano diceva: “Noi dobbiamo risorgere al fervore; non solo dal peccato, ma da tutte le debolezze. Conserviamo sempre il fervore che sentiamo in questa festa (Così vi voglio n. 71). Va notato che il fervore è il sentimento di intenso entusiasmo e ammirazione per qualcuno o qualcosa. Per il cristiano, è la resurrezione del fervore nella sequela di Gesù Cristo; imparare ad essere essere migliori discepoli e missionari di Gesù Cristo. I discepoli ferventi del Signore si manifestano nel vivere la risurrezione nella propria vita. E a questo proposito l’Allamano afferma: “Tutti dicano a se stessi: «Siamo risorti, non vogliamo più morire, vogliamo essere veri missionari, vere missionarie!” (Così vi voglio n. 71).

Un tempo per la pace

20240405PasquaAllamano3La Pasqua è un tempo per vivere in pace e per promuovere la pace agli altri, perché Cristo è il Principe della pace (Isaia 9,6). Dopo la risurrezione, Gesù ha dato agli apostoli il saluto di pace: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace" (Gv 14,27). La Pasqua è un tempo per vivere in pace e per chiedere la pace per coloro che non ce l'hanno; un tempo per imparare da Gesù la pedagogia della pace. La pace è uno stato di benessere, tranquillità e stabilità; significa vivere in armonia senza guerre, conflitti e contrattempi. Secondo Sant'Agostino, la pace consiste nella tranquillità dell'ordine; quando l'ordine regna in noi e intorno a noi, godiamo di pace e tranquillità.

Sulla stessa linea, il beato Giuseppe Allamano afferma che “Bisogna quindi che ci sia la pace con Dio, compiendo la sua volontà; con noi stessi, evitando le distrazioni, regolando le passioni e liberandoci dai desideri inutili; e con il prossimo, soprattutto accettandone i limiti e trattando tutti bene” (Così vi voglio n. 72).

Gesù Cristo è il prototipo per eccellenza della pace, perché è la nostra pace (Ef 2, 14). Egli ci insegna la pedagogia della riconciliazione interpersonale anche nei momenti in cui sperimentiamo la violenza degli altri: “a chi ti percuote sulla guancia, offri anche l'altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica” (Lc 6,29). Gesù Cristo è il modello della riconciliazione dei popoli: “Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?” (Gv 4,9). Il Signore ci insegna l'importanza della Parola di Dio come fonte inesauribile di pace per il mondo: “Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia” (Mt 7,24). Così, la risurrezione di Gesù Cristo è la fonte inesauribile di pace, perdono e riconciliazione per tutta l'umanità.

Un tempo di gioia

La Pasqua è un tempo di gioia. Infatti, il beato Giuseppe Allamano diceva che lo spirito della Chiesa in questo tempo è uno spirito di gioia. Chi non partecipa a questa festa, chi non prova gioia nel suo cuore, non ha né cuore né spirito. Il fondamento della gioia dei cristiani è il Signore risorto. La Sacra Scrittura testimonia la risurrezione del Signore come fonte fondamentale della gioia. Le Scritture dicono che le donne tornarono dalla tomba vuota piene di paura e di gioia (Mt 28,8) e che i discepoli gioirono quando videro il Signore risorto (Gv 20,20). L'incontro di Cristo con i discepoli allo spezzar del pane (At 2,46) comunica loro gioia. La Chiesa è piena di fede gioiosa in Cristo (1Pt 1,8) e la gioia nel Signore è una delle sue caratteristiche fondamentali (FIp 4,4).

La gioia evangelica è una virtù che accompagna sempre i seguaci di Gesù Cristo e in modo particolare i missionari della Consolata. Dice Giuseppe Allamano: “Siamo allegri sempre, tutti i giorni e tutto l’anno. Il Signore ama e predilige le persone allegre. (…) Siamo allegri anche per riguardo al prossimo, di modo che non debba sopportarci, ma possa dire: «Questi missionari e missionarie hanno lasciato casa, parenti, tutto, eppure hanno sempre il cuore allegro!» (Così vi voglio n. 73).

La gioia contribuisce al bene degli individui e dei popoli. Una persona allegra supera sempre la tristezza, la disperazione e la malinconia. La gioia aiuta molto il missionario nella sua opera di evangelizzazione. Il beato Giuseppe Allamano sottolinea a questo proposito: "Se si vuole fare del bene, bisogna essere allegri: il prossimo ne resta edificato ed è attratto alla virtù. Uno può essere santo; ma se è tutto concentrato in se stesso, chiuso, fa paura e nessuno vuole avvicinarlo. (Così vi voglio n.  73) (...)  Vi voglio allegri. Bisogna stare bene di anima e di corpo. Io desidero che si conservi e si accresca sempre più lo spirito di tranquillità, di scioltezza, di serenità. Questo è lo spirito che io voglio: sempre gioia, sempre facce allegre! ((Così vi voglio n.74).

Conclusione

La risurrezione di Gesù è il più grande mistero della nostra salvezza. È il fondamento della nostra fede cristiana. Per questo, come credenti e discepoli-missionari di Gesù Cristo, dobbiamo vivere la festa della risurrezione con gioia, pace, perdono e riconciliazione con noi stessi e con il nostro prossimo.

* Lorenzo Ssimbwa, IMC, lavora con la popolazione afro nella diocesi di Buenaventura, Colombia.

Sr. Pier Firmina Ravizzotti (1943-2009) entrò nell’Istituto delle Missionarie della Consolata nel 1962. Dopo la preparazione e alcuni anni di servizio in Italia, nel 1977 partì per il Kenya, dove lavorò con competenza ed entusiasmo nell’ambito della scuola. Costretta a tornare in patria per salute, durante il periodo in cui doveva curarsi, offrì il suo servizio nell’Ufficio Stampa e nel Centro di studi di sr. Irene Stefani.

Ristabilita, poté ripartire per la missione, questa volta in Tanzania, dove si impegnò nell’attività pastorale, soprattutto nei campi della formazione dei catechisti e della promozione della donna. Su richiesta dell’ambasciatore dell’Italia in Tanzania, per un periodo diresse pure la scuola materna ed elementare per italiani a Dar-es-Salaam. Alla fine del 2004, ancora per ragioni di salute, dovette nuovamente rimpatriare. Offrì ancora qualche collaborazione nell’animazione missionaria, ma, alla fine, fu costretta a fermarsi, ritirandosi nella casa di riposo a Venaria Reale (TO), dove si spense il 20 dicembre 2009.

Qui presentiamo la commemorazione che tenne in Tanzania, il 16 febbraio 1998, nel 72° anniversario della morte dell’Allamano, già dichiarato “beato” da 8 anni.  Buona Lettura.

(Padre Piero Trabucco, IMC, Casa Natale dell'Allamano)

Questa riflessione è frutto dell’esperienza vissuta da padre Giorgio Marengo, Missionario della Consolata, con il popolo mongolo. Nato a Cuneo il 7 giugno 1974, cresciuto a Torino dove ha frequentato il liceo classico Cavour, al termine del quale ha intrapreso il percorso di formazione sacerdotale nell’Istituto dei Missionari della Consolata. Dal 1993 al 1995 ha studiato Filosofia presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale e dal 1996 al 1999 Teologia nella Pontificia Università Gregoriana (Roma). Ha poi compiuto ulteriori studi presso la Pontificia Università Urbaniana, conseguendo la Licenza (2002) e il Dottorato (2016) in Missiologia. Ha emesso la Professione Perpetua il 24 giugno 2000 come membro dell’Istituto ed è stato ordinato sacerdote il 26 maggio 2001. Dopo l’ordinazione sacerdotale dal 2003 ha svolto il suo ministero pastorale in Mongolia ad Arvaikheer dove è stato parroco di Maria Madre della Misericordia e dal 2016 Consigliere Regionale Asia per la Mongolia. Il 2 aprile 2020 papa Francesco lo nomina prefetto apostolico di Ulan Bator e vescovo titolare di Castra Severiana. L’8 agosto viene consacrato vescovo a Torino, nel Santuario della Consolata, dal cardinale Luis Antonio Tagle, Prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, creato Cardinale il 27 agosto 2022.

Una bella esperienza di inculturazione del carisma nel nostro apostolato. Buona Lettura.

(Padre Piero Trabucco, IMC, Casa Natale dell'Allamano)

 

Nel cuore dell’Allamano, fin da quando era giovane, Giuseppe di Nazareth occupò un posto privilegiato, subito dopo Gesù e Maria. Portando lo stesso nome, la festa liturgi ca del 19 marzo di ogni anno diventava un’occasione ricorrente per sviluppare la conoscenza e il rapporto con il suo protettore personale. Non dimenticò mai che, durante la sua permanenza a Valdocco, Don Bosco lo aveva invitato a prega re S. Giuseppe per due speciali intenzioni: «Quando ero an cora in collegio Don Bosco mi diceva sempre di domandare a S. Giuseppe la salute e l’aiuto negli studi».

Si avvicina la festa di San Giuseppe. Le parole del Beato Allamano ci aiutino a viverla bene. Auguri a tutti coloro che ne portano il nome.

(Padre Piero Trabucco, IMC, Casa Natale dell'Allamano)

 

Mons. Luis Augusto Castro Quiroga, IMC (1942-2022), originario di Santa Fe di Bogotà -Colombia, compiuti i regolari gli studi nel suo paese e alla Pont. Università Urbaniana di Roma, fu ordinato sacerdote nel 1967. Dopo un periodo impiegato nell’educazione e nell’insegnamento dei seminaristi, venne nominato superiore della Regione Colombia del  nostro Istituto. Nel 1981 fu eletto consigliere generale e, verso il termine di questo servizio, la Santa Sede lo nominò Vicario Apostolico di Florencia (1986). Nel 1998 fu trasferito nell’archidiocesi di Tunja. Morto il 2-8-2022 a Bogotà.

È stato una figura nota in tutta la Colombia per il suo impegno sociale e la sua ferma leadership a favore della pace nel Paese. Con la sua narrazione ha fatto della missione, intesa in molti modi, un modo gentile e coinvolgente di essere in contatto con il mondo intero. Qui riportiamo la commemorazione tenuta a Roma il 12 ottobre 1986, per il 60° anniversario della morte dell’Allamano.

(Padre Piero Trabucco, IMC, Casa Natale dell'Allamano)

 

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