Domenica delle palme - Anno C. Ho desiderato mangiare questa Pasqua con voi

Pubblicato in Domenica Missionaria

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Is 50,4-7;
Sal 21;
Fil 2,6-11;
Lc 22,14-23,56.

Inizia con la domenica delle Palme la settimana santa, la settimana straordinaria della fede, in questa settimana si concentra l’essenza della fede cristiana, nel supremo evento della passione, morte e Resurrezione di Gesù. Già diceva Cardinale Martini che l’essenza del cristianesimo è la contemplazione del volto del Dio crocifisso”. Andiamo e prepariamoci dunque a contemplare questo volto. Dobbiamo anche oggi stare accanto alle infinite croci del mondo dove Cristo è ancora crocefisso nei suoi fratelli… Come sul Calvario “Dio non salva dalla sofferenza, ma nella sofferenza; non protegge dalla morte, ma nella morte, non libera dalla croce, ma nella croce, come diceva Bonhoeffer.

Non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio

Paolo, nell’inno cristologico contenuto nella Lettera ai Filippesi, mette al centro, un duplice movimento, quello ascensionale per cui Gesù è figlio di Dio ed è uguale a Dio nella divinità perché partecipa della stessa divinità di Suo Padre e quello discensionale, dove Cristo Gesù, nonostante la grandezza divina che gli appartiene per natura, sceglie di scendere fino all’umiliazione della ‘morte di croce’. Così Egli partecipa alla realtà di sofferenza e di morte dell’umanità. “Egli non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso; assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce”. Nel secondo movimento, quello ascensionale, Cristo Gesù viene esaltato in modo sovreminente, cioè, viene intronizzato alla destra di Dio che lo ha esaltato al di sopra di ogni possibilità “al Figlio, che per amore si è umiliato nella morte, il Padre conferisce una dignità incomparabile, il ‘Nome’ più eccelso, quello di ‘Signore’, proprio di Dio stesso”, come ha detto Papa Benedetto XVI. Anzi Paolo dice che le ginocchia devono essere piegate davanti a Gesù, davanti a quell’uomo che si è abbassato così tanto per amore, tutti: in cielo, in terra, sottoterra, devono inginocchiarsi davanti Gesù, che ha tanto desiderato mangiare la Pasqua, “prima segno di amore, poi di passione”. Nel vivere questa settimana santa siamo invitati a riconoscere la grandezza di Gesù ed essere capace di, umilmente, inginocchiarsi davanti a Lui che ha abbracciato la morte per la nostra salvezza.

Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione

L’ultima cena, segno di amore di Gesù, è l’avvenimento che illumina tutto il racconto della Passione. Infatti, essa inizia la narrazione di tutta la passione, secondo il Vangelo di Luca: “Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione” afferma Gesù, per il quale è arrivata l’ora, che nel Vangelo indica il momento del suo morire.  A tavola Gesù esprime il suo grandissimo desiderio: “Ho proprio desiderato tanto”. Nei Vangeli, ascoltiamo raramente Gesù esprimere i suoi sentimenti, ma qui lo fa e in modo molto forte. Il grande desiderio di Gesù è mangiare la Pasqua, che ricordava la liberazione dall’Egitto ed esprimeva l’attesa della liberazione definitiva del suo popolo. Ma Gesù specifica: “questa Pasqua” è dunque l’ultima Pasqua quella della liberazione definitiva che si compie con la sua passione, morte e resurrezione. Questa Pasqua Gesù vuole condividerla con i suoi amici – “con voi” afferma Gesù. Non si tratta solo del mangiare ma della commensalità, il mangiare insieme, segno dell’amore e della generosità di Gesù. Dunque per Gesù si tratta del desiderio di vivere e condividere il suo amore e la sua generosità.

Amore e generosità vengono espressi dai gesti e dalle parole di Gesù: il pane è il suo corpo dato per i suoi amici e il vino è il sangue versato per loro. Così rappresentata la Sua passione non ha un valore negativo e drammatico ma si tratta di un evento positivo: “è per voi”. Grazie all’amore del cuore di Gesù che vive la Pasqua come il dono di se stesso per l’umanità e su di essa si fonda la nuova alleanza. I gesti di Gesù: il pane spezzato e il vino dato da bere, hanno un valore profondo e tutta la vita di Gesù può essere riletta secondo la chiave fornita da questi gesti: un pane spezzato per la vita dei suoi. Dunque la passione di Gesù, letta in questa domenica, è la manifestazione del suo amore e della sua generosità. Infatti, nel racconto dell'istituzione dell'Eucaristia che abbiamo letto, solo Luca fa dire a Gesù: “fate questo in memoria di me”. Questa espressione non significa solo che i discepoli devono celebrare il rito dell'Ultima Cena e ripetere le parole di Gesù sul pane e sul vino, significa soprattutto che i discepoli devono ripetere il dono di se stesso fatto da Gesù, il dare la Sua vita per amore. Anch’essi devono dare la vita per amore. Inoltre, solo Luca colloca nel contesto dell'Ultima Cena la discussione su chi dei discepoli fosse il “più grande”. Gesù li avverte il più grande” è “colui che serve” e presenta il proprio esempio di una vita di servizio e di dono. Queste parole suonano come un “testamento” e chiamano i discepoli a fare della loro vita un servizio ai fratelli, alla maniera di Gesù.

La passione descritta da Luca, in particolare, il momento dell’arresto, manifesta la generosità di Gesù: davanti al servo del sommo sacerdote che era stato colpito e al quale era stato staccato l’orecchio destro, non fa venir meno dal provare compassione per il servo agonizzante a terra con un orecchio mozzato, Gesù si volta, si tende verso lui e lo accarezza, guarendolo. Anche in quell’istante Gesù mette “l’altro” davanti a sé. Chiede ai suoi aguzzini un attimo di tempo, non per sé ma per un “fratello” sofferente.

L’altro esempio da sottolineare sulla generosità e misericordia di Gesù, nell’ora più buia quando a morire non era Dio, ma una umanità divorata da bocche fameliche di cattiveria, Gesù presenta questa supplica: “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”. Questo mostra non solo la grandezza d’animo di Gesù ma anche la sua misericordia, la sua generosità. Si può anche dire   di quell’ estremo dialogo tra Gesù in croce e uno dei due “malfattori” che solo l’evangelista Luca riferisce: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo Regno!” e la risposta sconvolgente di Gesù: “In verità ti dico: Oggi sarai con me in Paradiso”. Gesù sottolinea l’immediatezza della realizzazione, la concretezza e la sicurezza di quanto promette, si tratta di Oggi, ora, qui! Davanti a chi chiede un ricordo, Cristo stringe al cuore, circonda di attenzioni, vive in sintonia, non distanti, non apatici e disinteressati, ma vicini, in una relazione che dice tutto della vita e della morte e che la morte supera e travolge, perché la Vita vince sempre: oggi sarai con me in paradiso. Prima del Paradiso c’è quel “con me” a dare senso, a specificare che in Paradiso ci entri solo se ami, se sai essere dono d’amore a Dio e a chiunque abbia bisogno del tuo istante di bene.

Il discepolo missionario è chiamato, come Gesù, a scegliere la via del servizio, del dono, della dimenticanza di sé, della generosità, il Crocifisso che è, nel contempo, la “cattedra di Dio”. È guardando la Cattedra di Dio che impareremo a dire: desidero mangiare con voi questa Pasqua, Padre perdonali, oggi sarai con me in paradiso.  Papa Francesco indirizza l’invito al discepolo missionario: “Vi invito in questa settimana a guardare spesso questa “cattedra di Dio”, per imparare l’amore umile, che salva e dà la vita, per rinunciare all’egoismo, alla ricerca del potere e della fama. Con la sua umiliazione, Gesù ci invita a camminare sulla sua strada. Rivolgiamo lo sguardo a Lui, chiediamo la grazia di capire almeno qualcosa di questo mistero del suo annientamento per noi; e così, in silenzio, contempliamo il mistero di questa Settimana”.

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