Ecuador: Taita Proaño, centoquattordici anni di vita

Il Mons. Proaño con gli abitanti del villaggio di Chingazo Bajo nel Cantón Guano, provincia del Chimborazo, nel 1978. Il Mons. Proaño con gli abitanti del villaggio di Chingazo Bajo nel Cantón Guano, provincia del Chimborazo, nel 1978. Foto: Sebastião Salgado
Pubblicato in Missione Oggi

Il 29 gennaio ricorre il 114° anniversario della nascita di monsignore Leonidas Proaño. Nelle celebrazioni di commemorazione vengono messe in evidenza alcune caratteristiche che meritano una riflessione: il suo coraggio e il suo impegno pastorale; la sua identità, basata sulla sua origine e sulla sua evoluzione come figura ecclesiale e sociale; il suo impegno per una causa, ecc.

Leonidas Eduardo Proaño Villalba nacque a Ibarra (nella regione di Imbabura, Ecuador) il 29 ottobre 1910 in una casa e una famiglia povera. Potremmo dire di lui che era un sopravvissuto poiché i suoi tre fratelli prima di lui morirono in tenera età e i suoi genitori si guadagnavano il loro magro sostento e mantenevano la famiglia lavorando come artigiani tessitori di cappelli, così come facevano la maggior parte dei loro compaesani.

In questo contesto Leonidas ricevette un'educazione cattolica e disciplinata, mentre aiutava i genitori Agustín e Zoila. Lui iniziò la sua formazione al sacerdozio cattolico nel 1923, quando entrò nel Seminario Minore "San Diego" di Ibarra. Sette anni dopo fu inviato dal suo vescovo a Quito per continuare la sua formazione filosofica e teologica presso il Seminario Maggiore "San José". Il 4 luglio 1936 fu ordinato sacerdote. I suoi primi incarichi pastorali furono nella sua diocesi di Ibarra e poi come vescovo a Riobamba dal 1954 al 1985.

Valorizzare il suo ricordo

Sorgono alcune domande a proposito delle fonti della sua audacia e del suo stile di vita; sull'interesse a conservare il suo ricordo e a studiarlo evitando così il pericolo di dimenticarlo; sulla sua importanza oggi per l'Ecuador e per la Chiesa in generale. In questa riflessione in occasione della sua nascita sviluppo solo il tema della valorizzazione del suo ricordo.

È evidente che la traiettoria di Mons. Proaño non può essere riassunta in poche parole. Possiamo però mettere in evidenza alcuni tratti. La sua costanza nell'essere una buona notizia per i poveri della provincia di Chimborazo. Il coraggio e la forza della sua parola e della sua testimonianza che hanno aiutato e aiutano tuttora a far scendere dalla croce gli indigeni, in un quadro socio-politico di violenza, povertà e migrazione, che produce morte, paura e sofferenza per donne, bambini e anziani.

Non si tratta di mettere sul tavolo della discussione questi temi, ma di ricordare Taita (padre in lingua kichwa) Proaño e di capire come la sua figura possa illuminare le sfide di oggi e aiutare soprattutto la Chiesa nel suo compito di accompagnare il Calvario del XXI secolo. Si ritiene che la traiettoria pastorale e sociale di Proaño abbia avuto un impatto significativo sulla Chiesa di Riobamba, in particolare sugli indigeni e sui poveri, nei quali è stato fonte di speranza.

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Artista: Pablo Sanaguano, 2024.

Il Taita è ancora vivo

La commemorazione stessa è una dimostrazione che egli è ancora vivo in mezzo ai poveri e a coloro che sono solidali con la sua causa, provenienti da molte parti del mondo. Dobbiamo ricordare che questa presenza non è fisica ma simbolica: è la "lotta" contro le forze contrarie alla celebrazione della sua memoria, insensibili al dolore degli altri.

Sfogliando i libri dei canti che si usano a Riobamba scopriamo la canzone "Tu te ne vai" ma la strofa continua dicendo: "ma restano gli alberi che hai piantato". A trentasei anni dalla sua morte, un buon gruppo di noi lo ricorda ancora, leggendo i suoi libri e facendo ricerche sulla sua vita e sul suo lavoro. Questi sono i semi piantati che ora sono alberi.

Le celebrazioni sono state molto ricche e varie: culturali e artistiche; accademiche e teologiche; evidentemente non sono mancate le celebrazioni eucaristiche. In tutte si è vista una nutrita partecipazione di cittadini e anche stranieri. Si è trattato di vere e proprie manifestazioni popolari che hanno ricordato il maestro, il padre, che ha dato tutto per la liberazione degli oppressi, degli emarginati e degli sfruttati.

Il popolo festeggia più di trent'anni di vita solidale con i poveri, i bambini, le donne e gli uomini, tutti maltrattati e disprezzati. Le manifestazioni confermano un lavoro pastorale di resistenza e perseveranza, alla ricerca della liberazione integrale. Allo stesso tempo, esprimono l'impegno a continuare la lotta per la liberazione dei poveri, ringraziando Dio per la loro fedeltà al Vangelo.

Perseverante e instancabile

Tra il 1954 e il 1988, Proaño ha lottato instancabilmente per la giustizia, la dignità umana e la vita dei poveri. Non si è mai vergognato di stare al fianco degli indigeni, malvisti e trattati crudelmente dalla società e dalla stessa Chiesa. Così, tenendo conto della nuova ecclesiologia del Concilio Vaticano II (1962-1965), del Patto delle Catacombe che vari vescovi avevano firmato in quell’occasione, della Dottrina sociale della Chiesa, dei documenti di Medellin (1968) e Puebla (1979) e della realtà della provincia del Chimborazo, ha invertito la storia e ha presentato il Risorto a coloro che desideravano risorgere.

La proposta di valorizzare la sua memoria va oltre la conservazione di archivi e biblioteche. La visione cristiana della risurrezione è percepita come una correlazione di forze: negazione e accettazione, silenzio e annuncio. Lo deduciamo dall'omelia di Proaño nel primo anniversario del leader indigeno Lázaro Condo, ucciso nella lotta per la terra: "Lázaro è risorto". Pertanto, Proaño e la sua opera sono ancora presenti e sono risorti nonostante il potere dei contrari.

* Padre Maurice Sheith Oluoch Awiti è un missionario della Consolata del Kenya-Africa in Colombia.

Ultima modifica il Martedì, 30 Gennaio 2024 16:03

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