La Missione come Ad Gentes

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“Fine primario del nostro Istituto, come di ogni altro, è la santificazione dei membri... Esso ha inoltre il proprio fine speciale e secondario, che ne forma la caratteristica ed è la sua ragion d'essere: l'evangelizzazione degli infedeli” (VS 18)
“Voi avete da andare in Africa... No, no, noi siamo per convertire i non cristiani: teniamo duro sul nostro scopo: le forze divise si guastano.” (Conferenze Spirituali del Servo di Dio Giuseppe Allamano, III, 295)

Cosa è che rende i missionari diversi? Cosa è che ci identifica? Noi spesso diciamo che il nostro ID è la nostra chiamata “ad gentes”. Forse, quando papa Francesco dice che la Chiesa è chiamata a protendersi, si riferisce allo stesso movimento: il movimento in uscita verso ciò che è diverso, verso ciò che è lontano o percepito come tale da noi. La chiamata ad uscire dal proprio mondo verso uno più grande che non è quello in cui siamo nati, in cui siamo cresciuti e al quale siamo abituati, ma il mondo di tutta l’umanità. Questo mondo esterno a cui siamo chiamati può essere identificato in questi diversi domini: il dominio ecologico (cfr. Marco 16, 15 “tutte le creature”); il dominio sociale (cfr. Luca 4, 8 e 9, 1-2 “tutti coloro che necessitano guarigione/liberazione”); il dominio culturale (cfr. Matteo 28, 19 “Gentes” “popoli di tutte le etnie”); il dominio religioso (cfr. Giovanni 4, 19-26 e 20, 21-23 “tutti coloro che adorano ciò che non conoscono”); il dominio geografico (cfr. Atti 1, 8 “I confine della terra”).

Dominio ecologico

Siamo tutti consapevoli che il cambiamento climatico è causato in larga misura dall’attività umana. La ricerca del profitto non tiene in conto la purezza dell’aria che noi e tutte le creature viventi respiriamo, la purezza dei nostri oceani, l’integrità delle foreste, l’esistenza di molte specie create. Come scrive Papa Francesco nella Laudato Sì, il futuro del nostro pianeta che siamo chiamati ad evangelizzare (cfr. Mc. 16,15) ha bisogno di una nostra conversione ecologica perché tutto è interconnesso.

La preoccupazione ecologica è condivisa da tutti i popoli e religioni. La Laudato Sì è il documento del Papa che ha trovato l’eco più completa nel mondo. Raccogliendo la sfida ecologica, ci uniamo in una causa comune con persone di ogni provenienza.

Dominio sociale

Da secoli ci sono migrazioni di persone che cercano all’estero sicurezza e migliori condizioni economiche. Tuttavia, ciò che li rende un problema sociale oggi più di ieri è che il divario tra ricchi e poveri sta aumentando. I poveri non sono visti come una risorsa ma come una preda da sfruttare; ricevono lavori meno retribuiti, senza protezione legale, assicurazione sanitaria o sicurezza sociale. Gli immigrati sono spesso visti dai cittadini come una minaccia al loro status finanziario e sociale acquisito –non di rado ottenuto sfruttando proprio il loro lavoro a bassa retribuzione. Di solito, i politici senza scrupoli cavalcano i “sentimenti viscerali” delle persone per raccogliere il loro sostegno e vivere sulle loro spalle.

Coloro che soffrono di più per mancanza di solidarietà, politica corrotta e egoismo generale sono i poveri, gli svantaggiati, gli estranei, coloro che soffrono di malattie senza cure o terapie. La missione di Gesù è annunciare loro la Buona Novella (cfr. Lc. 4,8). E manda i suoi discepoli a liberarli da tutti i mali (cfr. Lc. 9, 1-2).

La sfida sociale si mescola a volte con quella razziale. Per affrontare queste sfide spesso è necessario superare i vari costi delle barriere sociali e consuetudinarie.

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Dominio culturale

Forse mai nella storia come oggi le diverse culture rischiano di essere cancellate dalla globalizzazione, da un’unica cultura dominante. Se da un lato non è compito dei missionari preservare le culture dall'estinzione e, dall’altro, il Vangelo si incarna sempre in determinate culture, è chiaro che il Vangelo stesso non è una cultura. Il Vangelo, infatti, è annunciato e testimoniato nella cultura del missionario, ma il missionario deve aiutare la comunità locale a distinguere il Vangelo dalla cultura propria del missionario, affinché i cristiani lo possano vivere nella propria cultura. In questo senso, il Vangelo può essere visto come un lievito di culture. Il dialogo fruttuoso tra il missionario e la comunità locale richiede che il missionario sia fedele al Vangelo e la comunità locale sia fedele a quegli elementi della propria cultura che il Vangelo può purificare, far sbocciare e arricchire.

Nel Vangelo di Matteo, quando Gesù affida la missione agli undici, dice: “Andate e ammaestrate tutte le nazioni” (Mt. 28,19). La parola originale tradotta in “nazioni” è “ta etna”. Una parola che è la radice di termini come “etnico” ed “etno-“, che denotano le usanze, le caratteristiche, la lingua, la cultura specifiche di un popolo. Le “nazioni” – alle quali sono inviati i discepoli – si riferiscono, quindi, alla pluralità dei popoli distinti non solo per la loro collocazione geografica, ma piuttosto per le loro caratteristiche peculiari.

Nella sua lunga storia, la Chiesa ha a volte mostrato stima per le culture dei popoli – ne è prova, ad esempio, l’esistenza di diversi Riti all’interno della Chiesa cattolica; ma, a volte, ha avuto un approccio meno rispettoso. Forse una revisione critica della storia potrebbe aiutare ad affrontare la sfida culturale di oggi.

Una sfida culturale non viene solo dalle “nazioni”, ma anche dai gruppi dentro e fuori le “nazioni”. Un esempio lampante di ciò è, ad esempio, il mondo dei giovani. Il mondo dei giovani ha il suo gergo, la musica, i modi, i gusti, le modalità di comunicazione che trascendono i confini geografici. La partecipazione dei giovani alla vita liturgica della Chiesa è senza dubbio un indicatore di quanto il mondo giovanile sia stato toccato dall’annuncio e dalla testimonianza del Vangelo della Chiesa; e, d’altra parte, di quanto la Chiesa ha saputo aiutare i giovani a manifestare la loro fede nelle loro espressioni specifiche. Raggiungere i giovani – nelle loro scuole, università, luoghi sportivi, tempo libero, attività di volontariato – diventa un imperativo.

Dominio religioso

Tuttavia, per i suoi discepoli ebrei, il comando di Gesù di portare il Vangelo a tutte le “nazioni” aveva un significato evidente: significava che dovevano portare la Buona Novella a tutti quei popoli che non erano ebrei e che avevano altre religioni.

È stata una sfida immensa! Dovevano entrare in contatto con altri popoli, trovare un terreno comune ed entrare in dialogo con le loro religioni, annunciando e testimoniando la novità del Vangelo.

Come avvicinarsi a persone che avevano credenze diverse dalle proprie, eppure, a volte, profonde, rispettando l’opera dello Spirito in loro? Gesù, nel suo ministero, ha avuto degli incontri memorabili con non ebrei: il centurione a Cafarnao (cfr. Mt. 8,5-13), la donna siro-fenicia (cfr. Mc. 7, 24-30), la samaritana (cfr. Gv. 4, 4-42) – dove ha valorizzato la loro fede ma accendendo in essi il cammino verso una verità più profonda. Significativo al riguardo è il dialogo con la Samaritana, dove egli riconosce la sua tradizione religiosa, le annuncia il suo credo e la conduce ad una fede più profonda (cfr. Gv. 4, 19-26).

Oggi ci troviamo di fronte a credenti appartenenti a diverse religioni organizzate e a un numero crescente di non credenti: persone indifferenti alla religione, che sono colpite dalla secolarizzazione e vivono in un “mondo post-cristiano”. Nel mondo occidentale e nei grandi contesti urbani di altri paesi, essi sono spesso i nostri vicini di casa. Come raggiungerli? Qual è il terreno comune, gli interessi comuni dove può iniziare e crescere un dialogo verso una verità più profonda? Non di rado la ricerca di un mondo migliore, sia a livello ecologico che nel campo della giustizia e della pace, unisce le persone, nonostante le loro diverse credenze religiose o la loro mancanza.

Dominio geografico

Il Risorto invia i suoi discepoli “fino ai confini della terra” (At. 1,8). Infatti, anche al tempo di Gesù, persone di diverse religioni e non credenti si potevano trovare anche a Gerusalemme, nella città santa dell’ebraismo e tuttavia il comando di Gesù è chiaro: i cristiani devono testimoniare la Buona Novella non solo dove sono, ma raggiungere i luoghi dove vivono i popoli ed essere vicini a loro!

Il Nuovo Testamento mostra come la Chiesa si espanse in tutte le direzioni e in pochi anni raggiunse anche il centro dell'Impero: Roma. Il nostro Beato Fondatore, spinto da questo imperativo, aprì la Chiesa di Torino all’Africa e fondò i nostri Istituti.

Le nostre Costituzioni affermano chiaramente che scopo della nostra Congregazione all’interno della Chiesa è “l’evangelizzazione dei popoli” e pone come prima attività propria del fine della nostra Congregazione “l’annuncio della Buona Novella ai popoli non ancora evangelizzati, preferibilmente ai più bisognosi e trascurati” (Costituzioni n. 4 e n. 17).

Ultima modifica il Lunedì, 30 Gennaio 2023 20:22

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