Iran. Droni e petrolio vendesi

  • Jul 16, 2024
  • Published in Notizie

Le elezioni 2024 rafforzano la teocrazia sciita.

Nonostante le foto diffuse dall’Agenzia di stampa della Repubblica islamica (Irna) sembrino mostrare il contrario, venerdì 1 marzo l’Iran – paese con 88 milioni di abitanti – è andato alle urne senza alcun entusiasmo, segnando la più bassa partecipazione di votanti dalla rivoluzione del 1979: il 41 per cento degli aventi diritto. In gioco c’erano i 290 seggi del Parlamento (Majlis) e gli 88 dell’Assemblea degli esperti. Quest’ultima è l’organo clericale cui spetta la scelta della Guida suprema, attualmente rappresentata dall’ayatollah Ali Khamenei (85 anni).

Come ampiamente previsto, anche senza attendere i risultati del secondo turno (sarà a maggio), hanno vinto i conservatori e gli ultra conservatori, agevolati dall’assenza – per divieto o per boicottaggio – non solo dei candidati progressisti ma anche di gran parte di quelli moderati.

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Donne iraniane al voto venerdì 1 marzo 2024 in una foto diffusa dall’Agenzia di stampa statale. Foto Maryam Almomen – IRNA

Il popolo iraniano sta vivendo anni bui sotto il giogo della casta sciita al potere. Dopo le manifestazioni di piazza del 2022 (proteste guidate dalle donne), la violazione dei diritti civili e la carcerazione o l’uccisione degli oppositori sono una prassi consolidata.

Per la teocrazia iraniana non mancano, però, le note positive. Nonostante un’inflazione elevata (40 per cento annuo), l’economia resiste (più 4,2 per cento nel 2023), sospinta dai legami sempre più stretti con la Cina di Xi Jinping e la Russia di Vladimir Putin, paesi che lo scorso 1° gennaio hanno accolto l’Iran in seno al gruppo dei Brics. La produzione di petrolio, grande ricchezza del Paese, è in crescita (2,99 milioni di barili di petrolio al giorno nel 2023, secondo l’Agenzia internazionale per l’energia) con la quota d’esportazione quasi interamente acquistata dalla Cina. In questo momento storico il maggiore successo economico (e politico) del Paese è però dato dalla vendita di un micidiale prodotto tecnologico per uso militare: i droni, i veicoli aerei senza pilota (Unmanned aerial vehicles, Uav). I droni iraniani – come lo «Shahed 136» o il «Mohajer-6» – sono venduti soprattutto alla Russia per la sua aggressione all’Ucraina, ma anche in Africa (Etiopia, Sud Sudan e Fronte Polisario del Sahara occidentale) e in America Latina (Venezuela e Bolivia).

Inoltre, essendo il Paese sponsor delle milizie sciite in Libano (Hezbollah), in Yemen (Houti) e in Iraq, i droni di fabbricazione iraniana sono un’arma sempre più utilizzata nell’esplosiva regione mediorientale.

* Paolo Moiola è giornalista, rivista Missioni Consolata. Pubblicato nel sito: www.rivistamissioniconsolata.it

Maduro e un'opposizione tutta femminile

In attesa di stabilire la data delle elezioni presidenziali, il governo Maduro prova a fermare un'opposizione a guida femminile. (Foto Correo del Orinoco)

La data delle elezioni presidenziali non è stata ancora ufficialmente annunciata, ma pare sia questione di poco. In quale direzione vada il Venezuela di Nicolás Maduro è, invece, piuttosto chiaro. Lo scorso 22 febbraio la Tass, l’agenzia di stampa del Cremlino, dava spazio all’entusiasmo del presidente venezuelano in occasione della nuova visita del ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov. Mentre si fanno sempre più stretti i rapporti con la Russia, quelli con la comunità internazionale dei paesi democratici rimangono molto tesi.

Il presidente Maduro ha preso misure forti contro due donne che avrebbero potuto causargli problemi: María Corina Machado prima e Rocío San Miguel poi.

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Mentre cerca di riconfermarsi al potere, il presidente venezuelano Nicolás Maduro stringe rapporti sempre più stretti con la Russia di Vladimir Putin. Foto: Ciudadccd.info

La prima è (sarebbe) la candidata scelta dall’opposizione dopo la consultazione popolare dello scorso ottobre (primarie vinte con oltre il 93 per cento delle preferenze), ma è stata inabilitata dal Tribunale supremo (addirittura per quindici anni) per aver appoggiato le sanzioni degli Stati Uniti contro il Venezuela e Juan Guaidó come presidente provvisorio. In base a questa decisione la Machado non potrà partecipare alle prossime elezioni nelle quali, in caso di svolgimento regolare, sarebbero alte le sue possibilità di vittoria.

La seconda donna, avvocata e direttrice della Ong «Control ciudadano» (specializzata nel controllo delle azioni delle forze di sicurezza), è stata arrestata con la pesante accusa di essere parte di una cospirazione – nota come «brazalete blanco» – per assassinare il presidente Maduro. A metà febbraio, pochi giorni dopo l’arresto della San Miguel, Caracas ha ordinato la chiusura dell’ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr) e dato 72 ore al personale (tredici persone) per lasciare il paese. L’accusa è quella di essere una centrale di supporto a un’estrema destra di golpisti e terroristi e di avere un’attitudine colonialista.

Questa serie di eventi mette in serio rischio gli accordi di Barbados tra governo e opposizione sulle regole della competizione elettorale, accordi faticosamente raggiunti lo scorso 17 ottobre con la mediazione di Norvegia e Messico.

Evidentemente Caracas preferisce rafforzare i legami con i paesi in cui la prassi democratica non è contemplata o è considerata un’inutile perdita di tempo. La cooperazione tra Venezuela e Russia è forte perché forti sono gli interessi reciproci. Caracas vuole rompere l’isolamento internazionale e risollevare la propria economia in perenne affanno. Per parte sua, Mosca vuole rafforzare la propria presenza – politica, militare ed economica – in America Latina, già solidissima con il Nicaragua della coppia presidenziale Daniel Ortega e Rosario Murillo. In un caso e nell’altro si conferma che i dittatori s’intendono a meraviglia.

* Paolo Moiola è giornalista, rivista Missioni Consolata. Pubblicato nel sito: www.rivistamissioniconsolata.it

Piccoli dittatori crescono

Daniel Ortega e Rosario Murillo sono una coppia consolidata. Non sappiamo se lo siano come famiglia, ma sicuramente lo sono come dittatori del piccolo paese centroamericano. Inamovibili anche sulle pagine e sugli schermi dei media nazionali. Su «El 19 Digital» i loro volti sorridenti sono sulla testata del sito, accanto allo slogan «Tiempos de victorias, por gracia de Dios!». La famiglia Ortega Murillo è molto unita: la signora Murillo, vicepresidente del Nicaragua, è ospitata frequentemente al notiziario di «Canal 4», la rete televisiva di proprietà di due dei suoi sette figli. Sul sito del canale si trovano svariate notizie sulla Russia di Putin, grande alleato del paese. Ad esempio, a gennaio è stato dato grande risalto alla visita di una delegazione della Crimea, la penisola ucraina invasa e annessa alla Russia nel febbraio del 2014.

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La testata de «El 19 Digital», sito d’informazione governativo. Si noti la frase in alto a sinistra: «Tiempos de victorias, por gracia de Dios!».

Lo scorso novembre il paese ha ufficialmente abbandonato l’Organizzazione degli stati americani (Osa), allineandosi a Venezuela e Cuba. Managua contestava l’ingerenza dell’organizzazione continentale negli affari interni del paese, in particolare nei processi elettorali e nel campo dei diritti umani. Per converso, il paese ha stretto legami sempre più stretti con la Russia, appoggiando anche la sua aggressione all’Ucraina. A ottobre 2023, si è tenuta a Mosca la prima riunione della Commissione di cooperazione tra la Duma russa e l’Assemblea nazionale del Nicaragua. A guidare la delegazione di Managua c’era Laureano Facundo Ortega Murillo, il figlio maggiore della coppia presidenziale. Questi ha espresso a chiare lettere la posizione del proprio paese: «Possiamo assicurarvi, fratelli, che il Nicaragua non è neutrale, il Nicaragua è con la Russia, perché è la cosa corretta, è la cosa giusta».

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Laureano Facundo Ortega Murillo (a sinistra), figlio maggiore di Daniel Ortega, in un recente incontro a Mosca. La Russia è un grande alleato del Nicaragua. Foto duma.gov.ru.

Meno pubblicità è stata invece data alla notizia dell’espulsione, avvenuta domenica 14 gennaio, del vescovo Rolando Álvarez, che si trovava in carcere per scontare una condanna di 26 anni a causa del suo appoggio alle proteste del 2018. Con lui sono stati espulsi un altro vescovo, due seminaristi e quindici sacerdoti.

Da anni il governo Ortega-Murillo combatte la Chiesa cattolica del paese. Lo scorso agosto aveva confiscato l’Università centroamericana, nota con il nome di Uca, di proprietà della Compagnia di Gesù (i gesuiti) che l’aveva fondata nel 1960. L’ateneo, uno dei più prestigiosi dell’intera America Latina, è stato accusato di essere una «centrale del terrorismo».

La Uca è soltanto l’ultima vittima del regime Ortega-Murillo. Da dicembre 2021, in Nicaragua sono state chiuse 26 università (sette delle quali straniere), oltre a migliaia di associazioni e Ong. Inoltre, a fine 2023, anche la Croce rossa internazionale ha dovuto chiudere i battenti.

* Paolo Moiola è giornalista, rivista Missioni Consolata. Pubblicato nel sito: www.rivistamissioniconsolata.it

Incontro con le autorità, con la societa civile e con il corpo diplomatico (2 settembre)

Ringrazio il Signor Presidente per l’accoglienza e per le parole che mi ha rivolto, e porgo a ciascuno di voi il mio cordiale saluto. Sono onorato di essere qui, felice di aver viaggiato verso questa terra affascinante e vasta, verso questo popolo che ben conosce il significato e il valore del cammino. Lo rivelano le sue dimore tradizionali, le ger, bellissime case itineranti. Immagino di entrare per la prima volta, con rispetto ed emozione, in una di queste tende circolari che punteggiano la maestosa terra mongola, per incontrarvi e conoscervi meglio. Eccomi dunque all’ingresso, pellegrino di amicizia, giunto a voi in punta di piedi e con il cuore lieto, desideroso di arricchirmi umanamente alla vostra presenza.

Ho saputo che dalla porta della ger, di prima mattina, i bambini delle vostre campagne stendono lo sguardo sul lontano orizzonte per contare i capi di allevamento e riferirne il numero ai genitori. Fa bene anche a noi abbracciare con lo sguardo l’ampio orizzonte che ci circonda, superando la ristrettezza di vedute anguste e aprendoci a una mentalità dal respiro globale, come invitano a fare le ger che, nate dall’esperienza del nomadismo delle steppe, si sono diffuse su un territorio vasto, divenendo elemento identificativo di diverse culture vicine. Gli spazi immensi delle vostre regioni, dal deserto del Gobi alla steppa, dalle grandi praterie alle foreste di conifere fino alle catene montuose degli Altai e dei Khangai, con le innumerevoli anse dei corsi d’acqua, che visti dall’alto sembrano decorazioni raffinate su antiche stoffe pregiate: tutto questo è uno specchio della grandezza e della bellezza dell’intero pianeta, chiamato a essere un giardino ospitale. La vostra sapienza, la sapienza del vostro popolo, sedimentata in generazioni di allevatori e coltivatori prudenti, sempre attenti a non rompere i delicati equilibri dell’ecosistema, ha molto da insegnare a chi oggi non vuole chiudersi nella ricerca di un miope interesse particolare, ma desidera consegnare ai posteri una terra ancora accogliente, una terra ancora feconda. Quello che per noi cristiani è il creato, cioè il frutto di un benevolo disegno di Dio, voi ci aiutate a riconoscere e a promuovere con delicatezza e attenzione, contrastando gli effetti della devastazione umana con una cultura della cura e della previdenza, che si riflette in politiche di ecologia responsabile. Le ger sono spazi abitativi che oggi si potrebbero definire smart e green, in quanto versatili, multi-funzionali e a impatto-zero sull’ambiente. Inoltre, la visione olistica della tradizione sciamanica mongola e il rispetto per ogni essere vivente desunto dalla filosofia buddista rappresentano un valido contributo all’impegno urgente e non più rimandabile per la tutela del pianeta Terra.

Le ger, presenti nelle zone rurali così come nei centri urbanizzati, testimoniano inoltre il prezioso connubio tra tradizione e modernità; esse infatti accomunano la vita di anziani e giovani, raccontando la continuità del popolo mongolo, che dall’antichità al presente ha saputo custodire le proprie radici, aprendosi, specialmente negli ultimi decenni, alle grandi sfide globali dello sviluppo e della democrazia. 

Entrati in una ger tradizionale, lo sguardo è portato a elevarsi verso il punto centrale più alto, dove c’è una finestra sul cielo. Vorrei sottolineare questo atteggiamento fondamentale che la vostra tradizione ci aiuta a riscoprire: saper tenere gli occhi rivolti in alto. Alzare gli occhi al cielo – l’eterno cielo blu da voi sempre venerato – significa restare in un atteggiamento di docile apertura agli insegnamenti religiosi. C’è infatti una profonda connotazione spirituale tra le fibre della vostra identità culturale ed è bello che la Mongolia sia un simbolo di libertà religiosa. Nella contemplazione degli orizzonti sterminati e poco popolati da esseri umani, si è affinata infatti nel vostro popolo una propensione al dato spirituale, a cui si accede dando valore al silenzio e all’interiorità. Davanti al solenne imporsi della terra che vi circonda con i suoi innumerevoli fenomeni naturali, nasce anche un senso di stupore, il quale suggerisce umiltà e frugalità, scelta dell’essenziale e capacità di distacco da tutto ciò che non lo è. 

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Le religioni quando si rifanno al loro originale patrimonio spirituale e non sono corrotte da devianze settarie, sono a tutti gli effetti sostegni affidabili nella costruzione di società sane e prospere, dove i credenti si spendono affinché la convivenza civile e la progettualità politica siano sempre più al servizio del bene comune, rappresentando anche un argine al pericoloso tarlo della corruzione.

Di sguardo verso l’alto e di ampie vedute furono invece protagonisti molti dei vostri leader antichi, i quali dimostrarono una non comune capacità di integrare voci ed esperienze diverse, anche dal punto di vista religioso. Un atteggiamento rispettoso e conciliante era infatti riservato anche alle molteplici tradizioni sacre, come testimoniano i diversi luoghi di culto – tra cui uno cristiano – tutelati nell’antica capitale Kharakhorum. È stato dunque quasi naturale per voi arrivare alla libertà di pensiero e di religione, sancita dalla vostra attuale Costituzione; superata, senza spargimento di sangue, l’ideologia atea che credeva di dover estirpare il senso religioso, ritenendolo un freno allo sviluppo, vi riconoscete oggi in quel valore essenziale dell’armonia e della sinergia tra credenti di fedi diverse, che –ognuna dal proprio punto di vista– contribuiscono al progresso morale e spirituale.

In tal senso, la comunità cattolica mongola è lieta di continuare ad apportare il proprio contributo. Essa ha cominciato, poco più di trent’anni fa, a celebrare la sua fede proprio all’interno di una ger e pure la cattedrale attuale, che si trova in questa grande città, ne ricorda la forma. Sono segni del desiderio di condividere la propria opera, in spirito di servizio responsabile e fraterno, con il popolo mongolo, che è il suo popolo. Sono perciò contento che la comunità cattolica, per quanto piccola e discreta, partecipi con entusiasmo e con impegno al cammino di crescita del Paese, diffondendo la cultura della solidarietà, la cultura del rispetto per tutti e la cultura del dialogo interreligioso, e spendendosi per la giustizia, la pace e l’armonia sociale.

La Chiesa cattolica, istituzione antica e diffusa in quasi tutti i Paesi, è testimone di una tradizione spirituale, di una tradizione nobile e feconda, che ha contribuito allo sviluppo di intere nazioni in molti campi del vivere umano, dalla scienza alla letteratura, dall’arte alla politica. Sono certo che anche i cattolici mongoli sono e saranno pronti a dare il proprio apporto alla costruzione di una società prospera e sicura, in dialogo e collaborazione con tutte le componenti che abitano questa grande terra baciata dal cielo.

«Sii come il cielo». Con queste parole, un famoso poeta invitava a trascendere la caducità delle alterne vicende terrene, imitando la magnanimità ispirata proprio dall’immenso e terso cielo blu che si contempla in Mongolia. Anche noi, oggi, pellegrini e ospiti in questo Paese che tanto può offrire al mondo, desideriamo raccogliere tale invito, traducendolo in segni concreti di compassione, dialogo e progettualità comune. Possano le diverse componenti della società mongola, qui ben rappresentate, continuare a offrire al mondo la bellezza e la nobiltà di un popolo unico. Come la vostra scrittura, così possiate restare “in piedi” e sollevare tante sofferenze umane intorno a voi, ricordando a tutti la dignità di ogni essere umano, chiamato ad abitare la casa terrena abbracciando il cielo. Bayarlalaa! [grazie!].

Discorso completo

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