Nel primo discorso presso il Centro Congressi di Trieste, Francesco sottolinea che “l’indifferenza è un cancro della democrazia”, forte l’invito alla partecipazione che va allenata – afferma il Papa - con solidarietà e sussidiarietà perché la fraternità fa fiorire i rapporti sociali. Preoccupa l'astensionismo elettorale

È un discorso sottolineato da molti applausi quello che Papa Francesco rivolge ai partecipanti alla 50.ma Settimana sociale dei cattolici sul tema: “Al cuore della democrazia. Partecipazione tra storia e futuro” che si chiude in questa domenica, 7 luglio, a Trieste. Giunto poco prima delle 8 nella città di frontiera tra l’Italia e i Balcani, il Pontefice intreccia il suo discorso con il ricordo personale, parlando del nonno che aveva combattuto sul Piave e che per primo gli aveva fatto conoscere Trieste. 

Francesco si sofferma poi sulla parola “cuore” che declina accanto al termine “democrazia” e citando il Beato Giuseppe Toniolo la lega al bene comune.

È evidente che nel mondo di oggi la democrazia non gode di buona salute. Questo ci interessa e ci preoccupa, perché è in gioco il bene dell’uomo, e niente di ciò che è umano può esserci estraneo.

Da qui l’appello ad una assunzione di responsabilità per “costruire qualcosa di buono nel nostro tempo”, dando “attenzione alla gente che resta fuori o ai margini dei processi”.

Una crisi trasversale

Ricordando la Nota Pastorale con cui nel 1988 la Chiesa italiana ha ripristinato le Settimane sociali, il Papa sottolinea la concordanza con la visione promossa dalla Dottrina Sociale della Chiesa, che guarda alle “dimensioni dell’impegno cristiano" e ad "una lettura evangelica dei fenomeni sociali” non solo per l’Italia ma per l’intera società umana.  

Così come la crisi della democrazia è trasversale a diverse realtà e Nazioni, allo stesso modo l’atteggiamento della responsabilità nei confronti delle trasformazioni sociali è una chiamata rivolta a tutti i cristiani, ovunque essi si trovino a vivere e ad operare, in ogni parte del mondo.

Cuore ferito

La crisi della democrazia è vista dal Papa come un cuore ferito. "Costruzione e intelligenza" mostrano un cuore “infartuato” ma preoccupano le diverse forme di esclusione sociale.

Ogni volta che qualcuno è emarginato, tutto il corpo sociale soffre. La cultura dello scarto disegna una città dove non c’è posto per i poveri, i nascituri, le persone fragili, i malati, i bambini, le donne, i giovani, i vecchi. Questa è la cultura dello scarto.  Il potere diventa autoreferenziale, - è una malattia brutta questa -  incapace di ascolto e di servizio alle persone.

Preoccupazione per l'astensionismo

Ricordando le parole di Aldo Moro per cui lo Stato è democratico se a servizio dell’uomo, Francesco sottolinea come la democrazia è tale se ci sono le condizioni per esprimersi e partecipare. 

Nel frattempo a me preoccupa il numero ridotto della gente che è andata a votare. Cosa significa quello? Non è il voto del popolo solamente ma esige che si creino le condizioni perchè tutti si possano esprimere e possano partecipare. 

Una democrazia da allenare

“La partecipazione – afferma il Papa - non si improvvisa: si impara da ragazzi, da giovani, e va ‘allenata’, anche al senso critico rispetto alle tentazioni ideologiche e populistiche”. Il Papa insiste poi sull’apporto che il cristianesimo può dare allo sviluppo culturale e sociale europeo nell’ambito di una corretta relazione fra religione e società:

…promuovendo un dialogo fecondo con la comunità civile e con le istituzioni politiche perché, illuminandoci a vicenda e liberandoci dalle scorie dell’ideologia, possiamo avviare una riflessione comune in special modo sui temi legati alla vita umana e alla dignità della persona. Le ideologie sono seduttrici. Qualcuno le comparava come a quello che a Hamelin suonava il flauto; seducono, ma ti portano a negarti.

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In ascolto di Papa Francesco

L'indifferenza è il cancro della democrazia

Fecondi restano i principi di solidarietà e di sussidiarietà. “La democrazia richiede sempre il passaggio dal parteggiare al partecipare, dal ‘fare il tifo’ al dialogare”. "Ogni persona ha un valore; ogni persona è importante". 

Tutti devono sentirsi parte di un progetto di comunità; nessuno deve sentirsi inutile. Certe forme di assistenzialismo che non riconoscono la dignità delle persone ...Mi fermo alla parola assistenzialismo. L’assistenzialismo, soltanto così, è nemico della democrazia e è nemico dell’amore al prossimo. E certe forme di assistenzialismo che non riconoscono la dignità delle persone sono ipocrisia sociale. Non dimentichiamo questo. E cosa c’è dietro questo prendere distanze dalla realtà sociale? C’è l’indifferenza, e l’indifferenza è un cancro della democrazia, un non partecipare.

Partecipare con creatività

Papa Francesco, parlando del cuore risanato,  elenca numerosi esempi di segni dell’azione dello Spirito Santo che sono espressione di creatività. Ricorda, ad esempio, chi assume nella propria attività una persona con disabilità o le comunità energetiche rinnovabili che promuovono l’ecologia integrale. "Tutte queste cose  - afferma - non entrano in una politica senza partecipazione. Il cuore della politica è fare partecipe. E queste sono le cose che fa la partecipazione, un prendersi cura del tutto; non solo la beneficenza, prendersi cura di questo …, no: del tutto!".

La fraternità fa fiorire i rapporti sociali; e d’altra parte il prendersi cura gli uni degli altri richiede il coraggio di pensarsi come popolo…In effetti, «è molto difficile progettare qualcosa di grande a lungo termine se non si ottiene che diventi un sogno collettivo». Una democrazia dal cuore risanato continua a coltivare sogni per il futuro, mette in gioco, chiama al coinvolgimento personale e comunitario. Sognare il futuro. Non avere paura di quello.

Non una scatola vuota

L’esortazione del Papa è a non cercare soluzioni facili, ma ad appassionarsi al bene comune e come cristiani “avere il coraggio di fare proposte di giustizia e di pace nel dibattito pubblico”.

Ci spetta il compito di non manipolare la parola democrazia né di deformarla con titoli vuoti di contenuto, capaci di giustificare qualsiasi azione. La democrazia non è una scatola vuota, ma è legata ai valori della persona, della fraternità e anche dell’ecologia integrale.

Una voce che denuncia e il "fiuto" del popolo

I cattolici, sottolinea Francesco, non devono accontentarsi di "una fede marginale o privata", hanno qualcosa da dire, “non per difendere i privilegi”, ma perché devono essere “voce che denuncia e che propone in una società spesso afona e dove troppi non hanno voce”, agendo senza la pretesa di essere ascoltati ma avendo “il coraggio di fare proposte di giustizia e di pace nel dibattito pubblico”. “Questo – afferma il Papa - è l’amore politico, che non si accontenta di curare gli effetti ma cerca di affrontare le cause”. "Una forma di carità che permette alla politica di essere all’altezza delle sue responsabilità e di uscire dalle polarizzazioni". 

Formiamoci a questo amore, per metterlo in circolo in un mondo che è a corto di passione civile. Impariamo sempre più e meglio a camminare insieme come popolo di Dio, per essere lievito di partecipazione in mezzo al popolo di cui facciamo parte. E questa è una cosa importante nel nostro agire politico, anche dei pastori nostri: conoscere il popolo, avvicinarsi al popolo. Un politico può essere come un pastore che va davanti al popolo, in mezzo al popolo e dietro al popolo. Davanti al popolo per segnalare un po’ il cammino; in mezzo al popolo, per avere il fiuto del popolo. Un politico che non abbia il fiuto del popolo, è un teorico. 

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Papa Francesco accanto a monsignor Renna, Presidente del Comitato Scientifico e Organizzatore delle Settimane Sociali

“Organizzare la speranza”

In conclusione l’invito del Papa al laicato cattolico italiano, sull’esempio di Giorgio la Pira, è quello di alimentare progetti di buona politica che possono far rinascere la speranza. Francesco indica un orizzonte di lavoro, guardando al prossimo Giubileo, invitando a promuovere iniziative di formazione politica e sociale dei giovani, prevedendo luoghi di confronto e di dialogo e favorendo sinergie per il bene comune.

Non smettiamo mai di alimentare la fiducia, certi che il tempo è superiore allo spazio... Tante volte pensiamo che il lavoro politico è prendere spazi, no! È scommettere sul tempo, avviare processi, non prendere luoghi. Il tempo è superiore allo spazio e non dimentichiamo che avviare processi è più saggio di occupare spazi. Io mi raccomando che voi nella vostra vita sociale, abbiate il coraggio di avviare processi, sempre. È la creatività e anche è la legge della vita. Una donna quando fa nascere un figlio, incomincia a avviare un processo e lo accompagna. Anche noi nella politica dobbiamo fare lo stesso.

Artigiani e testimoni

“Vi benedico – conclude il Papa - e vi auguro di essere artigiani di democrazia e testimoni contagiosi di partecipazione”.

Questo è il ruolo della Chiesa: coinvolgere nella speranza, perché senza di essa si amministra il presente ma non si costruisce il futuro. Senza speranza, saremmo amministratori, equilibristi del presente e non profeti e costruttori del futuro.

Il video integrale dell'incontro con i congressisti a Trieste

* Benedetta Capelli – Città del Vaticano. Originalmente pubblicato in: www.vaticannews.va

“Ecco il faccio nuove tutte le cose” (Ap 21,5)

Indetta da Papa Francesco, Roma ospita questo fine settimana, 25 e 26 maggio 2024, la prima Giornata Mondiale dei Bambini. Un evento straordinario che finalmente metterà al centro, i bambini di tutto il mondo, con la loro presenza ci interpellano e ci chiedono conto di come stiamo trattando il Pianeta e quale futuro stiamo preparando per loro.

Un fine settimana all’insegna dei bambini, saranno loro i protagonisti degli eventi in programma sabato allo Stadio Olimpico, e domenica in Piazza San Pietro abbracceranno il “loro” Papa nella celebrazione della Santa Messa, dove avranno un posto particolare i bambini che provengono da zone dove, purtroppo imperversa la guerra.

Se è vero che tutti siamo importanti davanti a Dio, i bambini manifestano “il desiderio di ognuno di noi di crescere e rinnovarsi”, scrive Papa Francesco nel messaggio di questa giornata, “voi ci ricordate che siamo tutti figli e fratelli, e che nessuno può esistere senza qualcuno che lo metta al mondo, né crescere senza avere altri a cui donare amore e da cui ricevere amore (cfr. Fratelli tutti, 95)”.

Leggi il testo completo del messaggio del Santo Padre

Il Papa continua, raccomandando ai bambini di “ascoltare sempre con attenzione i racconti dei grandi: delle vostre mamme, dei papà, dei nonni e dei bisnonni! E nello stesso tempo di non dimenticare chi di voi, ancora così piccolo, già si trova a lottare contro malattie e difficoltà, all’ospedale o a casa, chi è vittima della guerra e della violenza, chi soffre la fame e la sete, chi vive in strada, chi è costretto a fare il soldato o a fuggire come profugo, separato dai suoi genitori, chi non può andare a scuola, chi è vittima di bande criminali, della droga o di altre forme di schiavitù, degli abusi. Insomma, tutti quei bambini a cui ancora oggi con crudeltà viene rubata l’infanzia. Ascoltateli, anzi ascoltiamoli, perché nella loro sofferenza ci parlano della realtà, con gli occhi purificati dalle lacrime e con quel desiderio tenace di bene che nasce nel cuore di chi ha veramente visto quanto è brutto il male”.

 

L’invito che rivolge ai bambini vale per anche per noi adulti, “per rinnovare noi stessi e il mondo, non basta che stiamo insieme tra noi: è necessario stare uniti a Gesù. Da lui riceviamo tanto coraggio: lui è sempre vicino, il suo Spirito ci precede e ci accompagna sulle vie del mondo. Gesù ci dice: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5); sono le parole che ho scelto come tema per la vostra prima Giornata Mondiale”.

“Con Gesù possiamo sognare un’umanità nuova e impegnarci per una società più fraterna e attenta alla nostra casa comune, cominciando dalle cose semplici, come salutare gli altri, chiedere permesso, chiedere scusa, dire grazie. Il mondo si trasforma prima di tutto attraverso le cose piccole, senza vergognarsi di fare solo piccoli passi. Anzi, la nostra piccolezza ci ricorda che siamo fragili e che abbiamo bisogno gli uni degli altri, come membra di un unico corpo (cfr Rm 12,5; 1 Cor 12,26)”.

Conclude ricordando che il dono più grande che possiamo fare agli altri “siamo noi stessi, gli uni per gli altri: siamo noi il “regalo di Dio”. Gli altri doni servono, sì, ma solo per stare insieme. Se non li usiamo per questo saremo sempre insoddisfatti e non ci basteranno mai”.

Che questa giornata possa segnare un novo inizio affinché i bambini siano sempre al centro delle scelte dei “grandi del mondo”, ma anche delle nostre attività di evangelizzazione e promozione umana, perché i più indifesi e i più fragili.

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Il Papa con un gruppo di bambini durante l'udienza del 6 dicembre. Foto: Ansa

Chiediamo che questo possa realizzarsi con la preghiera con la quale Papa Francesco conclude il suo messaggio.

Insieme a Maria Santissima e a San Giuseppe preghiamo con queste parole:

Vieni, Santo Spirito, mostraci la tua bellezza riflessa nei volti delle bambine e dei bambini della terra. Vieni Gesù, che fai nuove tutte le cose, che sei la via che ci conduce al Padre, vieni e resta con noi. Amen.

* Padre Antonio Rovelli, IMC, Ufficio formazione

“Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana” è il tema scelto da Papa Francesco per la 58ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che quest’anno si celebra, in molti Paesi, il 12 maggio 2024, Solennità della Ascensione del Signore.

“L’evoluzione dei sistemi della cosiddetta intelligenza artificiale, sulla quale ho già riflettuto nel recente Messaggio per la Giornata mondiale della pace, sta modificando in modo radicale anche l’informazione e la comunicazione e, attraverso di esse, alcune basi della convivenza civile”, afferma Papa Francesco nel Messaggio per la 58 Giornata Mondiale della Comunicazione, pubblicato il 24 gennaio 2024.

E avverte che: “Si tratta di un cambiamento che coinvolge tutti, non solo i professionisti”. “L’accelerata diffusione di meravigliose invenzioni, il cui funzionamento e le cui potenzialità sono indecifrabili per la maggior parte di noi, suscita uno stupore che oscilla tra entusiasmo e disorientamento e ci pone inevitabilmente davanti a domande di fondo: cosa è dunque l’uomo, qual è la sua specificità e quale sarà il futuro di questa nostra specie chiamata homo sapiens nell’era delle intelligenze artificiali? Come possiamo rimanere pienamente umani e orientare verso il bene il cambiamento culturale in atto?” Sono alcune delle domande che il Pontefice rivolge a sé stesso e a tutti noi.

“Come tutte le rivoluzioni anche questa basata sull’intelligenza artificiale - spiega una nota della Santa Sede - pone nuove sfide affinché le macchine non contribuiscano a diffondere un sistema di disinformazione a larga scala e non aumentino anche la solitudine di chi già è solo, privandoci di quel calore che solo la comunicazione tra persone può dare. È importante guidare l’intelligenza artificiale e gli algoritmi, perché vi sia in ognuno una consapevolezza responsabile nell’uso e nello sviluppo di queste forme differenti di comunicazione che si vanno ad affiancare a quelle dei social media e di Internet. È necessario che la comunicazione sia orientata a una vita più piena della persona umana”.

 

Qui il testo integrale del Messaggio di Papa Francesco pubblicato il 24 gennaio 2024 in diverse lingue.

 

 

Ripercorriamo alcune riflessioni di San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco in questo in questo giorno in cui si celebra la Festa della Divina Misericordia, istituita nel Duemila da Papa Wojtyla in occasione della canonizzazione di suor Faustina Kowalska

In questa domenica, la prima dopo Pasqua il Vangelo riporta alcune frasi rivolte dal Signore risorto ai discepoli: “Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”. Prima di pronunciare queste parole, Gesù mostra le mani e il costato, le ferite della Passione. Da quella del cuore scaturisce un’onda di misericordia che avvolge tutta l’umanità. Non si deve mai dubitare, come ha scritto Papa Francesco nel tweet in occasione di questa Domenica della Divina Misericordia, dell'amore di Dio: "affidiamo con costanza e fiducia la nostra vita e il mondo al Signore, chiedendogli in particolare una #pace giusta per le nazioni martoriate dalla guerra".

La misericordia è il nome dell’amore

In questo giorno si celebra dunque la festa della Divina Misericordia, istituita il 30 aprile del 2000 da San Giovanni Paolo II durante la solenne celebrazione eucaristica in occasione della canonizzazione di suor Maria Faustina Kowalska. In quell’occasione, nell’omelia, Papa Wojtyla ricorda che Cristo ha affidato a questa umile religiosa polacca, tra la prima e la seconda guerra mondiale, il suo messaggio di misericordia.

Attraverso il cuore di Cristo crocifisso la misericordia divina raggiunge gli uomini: "Figlia mia, dì che sono l'Amore e la Misericordia in persona", chiederà Gesù a Suor Faustina (Diario, 374). Questa misericordia Cristo effonde sull'umanità mediante l'invio dello Spirito che, nella Trinità, è la Persona-Amore. E non è forse la misericordia un "secondo nome" dell'amore, colto nel suo aspetto più profondo e tenero, nella sua attitudine a farsi carico di ogni bisogno, soprattutto nella sua immensa capacità di perdono?

Dal cuore di Gesù suor Faustina, nata nel 1905 e morta nel 1938, ha visto partire due fasci di luce che illuminano il mondo: "I due raggi - le spiegò un giorno Cristo stesso - rappresentano il sangue e l'acqua". Se il sangue evoca il sacrificio della croce e il dono eucaristico, l’acqua - spiega Giovanni Paolo II durante lla cappella papale per la canonizzazione di suor Faustina - ricorda non solo il battesimo, ma anche il dono dello Spirito Santo”.

La misericordia è il volto di Dio

Nella Domenica della Divina Misericordia del 2008, Benedetto XVI sottolinea, prima della preghiera mariana del Regina Caeli, che la misericordia è il nucleo centrale del messaggio evangelico. “È il volto con cui Dio si è rivelato nell'antica Alleanza e pienamente in Gesù Cristo, incarnazione dell'Amore creatore e redentore”.

Questo amore di misericordia illumina anche il volto della Chiesa, e si manifesta sia mediante i Sacramenti, in particolare quello della Riconciliazione, sia con le opere di carità, comunitarie e individuali. Tutto ciò che la Chiesa dice e compie, manifesta la misericordia che Dio nutre per l'uomo, dunque per noi. Quando la Chiesa deve richiamare una verità misconosciuta, o un bene tradito, lo fa sempre spinta dall'amore misericordioso, perché gli uomini abbiano vita e l'abbiano in abbondanza (cfr Gv 10, 10). Dalla misericordia divina, che pacifica i cuori, scaturisce poi l'autentica pace nel mondo, la pace tra popoli, culture e religioni diverse.

Come Suor Faustina, Papa Giovanni Paolo II è stato a sua volta apostolo della Divina Misericordia. La sera del 2 aprile 2005, quando tornò alla casa del Padre, era proprio la vigilia della seconda Domenica di Pasqua.

Essere misericordiosi significa incontrare Gesù

Le piaghe di Gesù non sono ferite lontane, confinate in un tempo remoto della storia dell’umanità. Papa Francesco nel 2022, durante la Santa Messa della Divina Misericordia, esorta a prendersi cura delle piaghe di fratelli e sofferenze che vivono momenti difficili. La misericordia di Dio, aggiunge il Pontefice, ci mette “spesso in contatto con le sofferenze del prossimo”.

Pensavamo di essere noi all’apice della sofferenza, al culmine di una situazione difficile, e scopriamo qui, rimanendo in silenzio, che c’è qualcuno che sta passando momenti, periodi peggiori. E, se ci prendiamo cura delle piaghe del prossimo e vi riversiamo misericordia, rinasce in noi una speranza nuova, che consola nella fatica. Chiediamoci allora se negli ultimi tempi abbiamo toccato le piaghe di qualche sofferente nel corpo o nello spirito; se abbiamo portato pace a un corpo ferito o a uno spirito affranto; se abbiamo dedicato un po’ di tempo ad ascoltare, accompagnare, consolare. Quando lo facciamo, incontriamo Gesù, che dagli occhi di chi è provato dalla vita ci guarda con misericordia e dice: Pace a voi!

Nell’incredulità di San Tommaso, che vuole vedere le piaghe del Signore, c’è la storia di ogni credente. “Ci sono momenti difficili - osserva il Papa - in cui sembra che la vita smentisca la fede, in cui siamo in crisi e abbiamo bisogno di toccare e di vedere. Ma, come Tommaso, è proprio qui che riscopriamo il cuore del Signore, la sua misericordia”.  Nel 2015, aprendo il Giubileo Straordinario della Misericordia, Francesco indica infine una direttrice capace di promuovere un autentico discernimento: "Dobbiamo anteporre la misericordia al giudizio, e in ogni caso il giudizio di Dio sarà sempre nella luce della sua misericordia". 

* Fonte: Amedeo Lomonaco, Città del Vaticano. Vatican News

Circa 25 mila fedeli alla celebrazione del Venerdì Santo lungo i Fori Imperiali. Francesco prega da Santa Marta per "conservare la salute" in vista degli impegni del Sabato Santo e della Domenica di Pasqua. Disabili, famiglie, migranti portano la Croce nelle 14 stazioni, guidate dal cardinale vicario De Donatis. Si prega e si dialoga con Gesù con le meditazioni scritte dal Papa in cui si condensano i dolori del mondo: dalla "follia" della guerra alle violenze sulle donne o nel mondo virtuale

È vuota la poltrona bianca sul palco rosso allestito sul Monte Celio, sovrastato dal Crocifisso ardente simbolo delle croci che oggi affliggono l’umanità. Il Papa anche quest’anno - come già nel 2023, quando era degente da pochi giorni dal ricovero al Gemelli per una bronchite infettiva - non è al Colosseo a presiedere la Via Crucis insieme ai circa 25 mila fedeli radunati nei Fori Imperiali dal pomeriggio, ma segue la preghiera del Venerdì Santo da Casa Santa Marta. Una scelta dettata dalla volontà di “conservare la salute in vista della Veglia di domani e della Santa Messa della domenica di Pasqua”, come informa una comunicazione della Sala Stampa vaticana giunta poco dopo le 21, mentre tra le vie monumentali della Roma antica già riecheggiava l’Agnus Dei del coro della Cappella Sistina.

Il dolore dell'umanità nelle meditazioni del Papa

Il Papa, però, è presente. È presente, e quest’anno più che mai, con le meditazioni redatte di suo pugno per la prima volta in undici anni di pontificato. Quattordici riflessioni, tante quante le stazioni che fanno memoria del cammino di Cristo verso il Golgota, in cui - senza riferimenti diretti all’attualità ma con un approccio contemplativo che tutta la riassume - si condensa il dolore degli uomini e delle donne di questo tempo, feriti dalle morti, dalle delusioni, dai fallimenti di progetti, feriti dai conflitti che si consumano in Paesi e città, in case e luoghi di lavoro; feriti dalle violenze sul corpo delle donne, vittime di "oltraggi", o quelle che si registrano nel mondo virtuale, assediato da haters che usano la tastiera “per insultare o emettere sentenze”.

Sciogliere i cuori induriti

Le parole scritte dal Papa, scandite dalle voci dei tre lettori in mezzo ad un sempre suggestivo silenzio, interrotto solo dal garrito dei gabbiani, si fanno preghiera e poi dialogo, poi introspezione e poi confessione. E infine invocazione, perché si sciolgano i cuori induriti, quelli che impediscono di reagire anche dinanzi “alla follia della guerra, a volti di bimbi che non sanno più sorridere, a madri che li vedono denutriti e affamati e non hanno più lacrime da versare”. Invocazione perché ci si rialzi da ogni caduta, perché "il pianto si trasformi in canto", perché si trovi il “coraggio” del perdono, perché la luce vinca le tenebre che attanagliano quest’ora della storia.

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Nelle meditazioni delle 14 stazioni scritte da Francesco, ispirate all’Anno della Preghiera, lo sguardo fisso su Gesù che dà la vita per salvarci

Migranti, disabili, famiglie, giovani, consacrati a portare la Croce

La processione prende il via dalla cavea del Colosseo, illuminata dal baluginio delle fiaccole che disegnano un gioco circolare di luci nel cielo nero ma terso di Roma. Per cinque stazioni si snoda tra le gallerie dell'Anfiteatro Flavio, simbolo dell'Urbe e di antico martirio; mentre le restanti nove percorrono il Parco del Palatino. Il cardinale vicario Angelo De Donatis, e alle sue spalle i vescovi ausiliari della Diocesi di Roma, guidano il cammino. Fanno invece da “cruciferi”, a turno, suore di clausura e un eremita, residenti in una Casa Famiglia, ospiti di una Comunità di recupero e assistenza sociale, una famiglia, disabili, membri di gruppi di preghiera, sacerdoti confessori in alcune Basiliche romane, donne impegnate nella pastorale sanitaria. E ancora, un gruppo di migranti, catechisti, parroci romani, giovani, consacrate, operatori della Caritas diocesana.

In silenzio e in preghiera

Incedono lentamente, affiancati da universitari che tengono in mano le torce, tra le ali di folla silenziosa e orante. Si vedono suore, preti, ragazzi, famiglie e quest’anno tantissimi bambini che sorridono e salutano quando inquadrati dalle telecamere. Hanno i volti illuminati dai flambeaux, in mano i libretti della celebrazione. C’è chi indossa sciarpe e cappucci, chi invece t-shirt a maniche corte, a rappresentare l’incertezza del clima romano. Pregano, cantano, recitano il Padre Nostro, qualcuno piange quando si citano “i bimbi non nati e quelli abbandonati”, i "detenuti", i “popoli sfruttati e dimenticati”. 

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La celebrazione ai Fori Imperiali

Per 14 volte invocato il nome di Gesù

La Via Crucis si conclude con una invocazione finale in cui per 14 volte viene nominato il nome di Gesù. A Lui si chiede guarigione da livore e risentimento e di dare un senso al dolore o di liberare da sospetto e sfiducia, come pure “dai giudizi temerari, dai pettegolezzi e dalle parole violente e offensive”. Si prega Gesù perché custodisca la Chiesa e l’umanità; gli si affidano gli anziani, specialmente quelli soli, gli ammalati, “gemme della Chiesa che uniscono le loro sofferenze alla tua". Si invoca l'intercessione di Gesù perché raggiunga coloro “che in tante parti nel mondo soffrono persecuzioni a motivo del tuo nome; coloro che patiscono il dramma della guerra e quanti, attingendo forza in te, portano croci pesanti”.

"W il Papa!"

È il cardinale De Donatis a impartire la benedizione conclusiva alla folla, ancora avvolta nel silenzio interrotto poi da un lungo applauso e, poco prima, dal grido di un uomo: “Sempre ed ovunque… Viva il Papa!”.

* Fonte: Vatican News

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