PAROLIN: NEL MONDO SEGNATO DA CONFLITTI C'È BISOGNO DI PIÙ DIALOGO

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Sono contento dell'invito a rivolgervi alcune parole in questa occasione, così singolare. Questo incontro ha unito in una stessa cornice realtà e ambiti diversi, come la diplomazia e l'informazione, e in particolare l'informazione concentrata sulle vicende della Chiesa e delle comunità cristiane. Il punto che più apertamente può accomunare queste realtà è lo sguardo attento e partecipe rivolto alla condizione del mondo, alle vicende dei popoli e delle nazioni. E a questo riguardo il filo conduttore dell'incontro, suggerito dal titolo, «sciogliere i nodi», mi appare pieno di suggestioni, anche riguardo al ruolo di quella diplomazia sui generis che è la diplomazia della Santa Sede.

Viviamo un tempo attraversato da tante guerre, da lotte, sofferenze e persecuzioni, che colpiscono tra gli altri anche tanti nostri fratelli nella fede. Papa Francesco ha parlato di una sorta di guerra mondiale combattuta «a pezzi». In questa situazione, anche i fattori dell'identità religiosa vengono usati come benzina per infiammare gli animi. Adesso non c'è conflitto che non cerchi di nascondere interessi materiali e di potere sotto richiami etnico-religiosi. In tale situazione, appare ancora più forte l'urgenza di sostenere con ogni mezzo tutto ciò che favorisce il dialogo tra i popoli. C'è bisogno di più dialogo, non di meno dialogo.

L'opera dei diplomatici esercita con lungimiranza anche il servizio dovuto agli interessi della propria Nazione proprio quando contribuisce a «sciogliere i nodi». Cioè a risolvere i problemi in maniera pacifica. Prevenire i conflitti e affrontare le crisi cercando soluzioni condivise e ragionevoli è il modo più nobile e appropriato per servire anche gli interessi concreti del proprio Paese e del popolo a cui si appartiene.

La diplomazia della Santa Sede vive in maniera propria questa vocazione a «sciogliere i nodi». Gli obiettivi propri della diplomazia pontificia consistono nel costruire ponti, sostenere sempre il negoziato e i dialogo come mezzo di soluzione dei conflitti, promuovere la pace, lottare contro le povertà. Non esistono altri interessi e strategie del Papa e dei suoi collaboratori, quando agiscono sulla scena internazionale.

Così, nel suo ambito proprio, la diplomazia del Papa prende parte alla missione della Chiesa, che è amica degli uomini e delle donne del mondo, e vuole collaborare al loro bene. Questa missione l'ha riproposta con forza 50 anni fa il Concilio Vaticano II, quando ha definito la Chiesa come segno e strumento dell'intima unione con Dio e segno di unità per tutto il genere umano.

Proprio la passione sincera per le vicende dei singoli e dei popoli lungo il cammino della storia conduce a uno sguardo realista su tutto ciò che succede nel mondo. Si tocca con mano tante volte il mistero del male che segna la condizione umana su questa terra. Si riconosce che spesso le soluzioni hanno bisogno di tempo, per maturare. Tante volte ci sono delusioni e  fallimenti. Si può anche sperimentare la propria impotenza davanti a problemi più grandi di noi. Tutto ciò ci porta a percepire il proprio limite, anche quando non ne rimaniamo bloccati, e anche quando questo non ci fa comunque desistere dal perseguire il bene.

Credo che qualcosa del genere faccia parte dell'esperienza anche di molti di coloro che guidano le nazioni. Quando non perseguono solo fallaci disegni partoriti dalla volontà di potenza, anche i governanti possono sperimentare tante volte la sproporzione tra i loro disegni per il bene del popolo e i risultati che si riescono a ottenere. Quando il proprio limite viene riconosciuto e abbracciato, anche questo può favorire scelte nutrite di saggezza.

Cosa c'entra tutto questo con i media, con l'informazione, e in particolare con quella che si occupa della Chiesa, e quindi anche con Vatican Insider? Personalmente vedo che oggi siamo travolti da una valanga continua di parole, messe in forma di materiale informativo, che però spesso non ci aiutano a informarci, cioè a guardare e conoscere la realtà per quella che è, ma piuttosto finiscono per nasconderla, o, peggio, servono per manipolare i pensieri degli altri a partire dai propri pregiudizi ideologici.

Eppure credo che ci siano anche tanti fattori in atto che possono favorire una informazione buona e utile, anche intorno alla Chiesa. A partire da una curiosità sincera e non prevenuta per il «fenomeno» ecclesiale.

Un altro ingrediente che certo aiuta nel guardare la Chiesa, è proprio il coglierla nella sua interconnessione con le vicende della storia, del popoli e delle nazioni. La Chiesa non è una specie di «mondo parallelo». L'orizzonte della sua missione è il mondo. Forse per questo chi per lavoro segue e racconta le vicende della Chiesa e delle comunità cristiane finisce spesso per avere punti di interesse comune con gli ambasciatori e con chi lavora nel campo della diplomazia.

Inoltre, la natura propria della Chiesa non si riduce a categorie solo mondane. E il dinamismo intimo che muove la Chiesa lo si coglie proprio quando ci è dato di vederlo «in atto», di sorprenderlo nel tessuto concreto delle vite degli uomini e delle donne del nostro tempo.

Concludo. Nel profilo e nel lavoro di Vatican Insider, ci sono aspetti senza dubbio singolari. Trovo interessante che sia nata nell'ambito di un grande e autorevole giornale laico, con una grande storia segnata anche da una certa fierezza della propria laicità. È la prova che la laicità non è di per sé sinonimo di pregiudizio e ostilità nei confronti del fatto cristiano. E forse a volte proprio uno sguardo da una visuale «laica» aiuta a cogliere tratti della natura e dell'azione della Chiesa in maniera perspicace e originale.

Un altro aspetto interessante è l'attenzione all'orizzonte universale della missione e dell'opera della Chiesa, a cui accennavo prima. In questo senso va letta anche la scelta impegnativa di aprire la pagina araba e quella cinese, che esprime anche l'interesse per regioni e popoli e vicende a cui guarda con tanta sollecitudine anche Papa Francesco e con lui tutta la Chiesa.

Infine, vedo che in diversi casi, negli articoli le vicende ecclesiali vengono raccontate lasciando intravedere il dinamismo intimo di grazia che nutre la vita della Chiesa. Ecco, mi sembra un'impresa ardita, anche soltanto dal punto di vista giornalistico, provare a raccontare la Chiesa senza descriverla come una specie di marchingegno programmato, o come una sequenza di operazioni umane, da giudicare come buone o sbagliate a seconda dei propri pregiudizi. 

 

 

 

Last modified on Thursday, 05 February 2015 17:05

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