"PAPA BERGOGLIO? UN LEADER CREDIBILE PER L'ASIA"

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L'arcivescovo indiano Menamparampil: anche le porte della Cina potrebbero spalancarsi

Papa Francesco è un papa “molto asiatico”. E il suo atteggiamento umile, senza “complessi di superiorità”, potrebbe aprire anche le porte della Cina. Ne è convinto Thomas Menamparampil, Arcivescovo emerito di Guwahati, per anni responsabile dell’Ufficio per l’evangelizzazione nella Federazione delle Conferenze Episcopali dell’Asia (FABC). Teologo e missiologo, è uno dei maggiori esperti asiatici in tema di missione. Studiata e vissuta nell’Nordest dell’India,  area travagliata da conflitti e tensioni. Vatican Insider lo ha intervistato.

 

Come sono considerati i pellegrinaggi di Francesco nei paesi asiatici?
 
"Papa Francesco è rapidamente emerso sulla scena mondiale come un leader credibile. E’ evidente che quanto dice è ciò che crede e ciò che vive. Per questo ha uno speciale potere persuasivo anche sulle moltitudini asiatiche. Quando parla, come avvenuto in Corea, non lo fa per destreggiarsi nella fine diplomazia o non offre dichiarazioni “politicamente corrette” per la pubblica opinione. Anche quando sono spontanee e improvvisate, le sue parole esprimono la preoccupazione di un amico che si impegna per il bene dell’Asia. Ecco la percezione asiatica di Papa Bergoglio: è equilibrato nei suoi punti di vista, prende posizioni moderate su questioni controverse, resta aperto ad altri punti di vista. In Corea ha chiesto l’unità tra le due Coree, ha espresso massimo rispetto per la Cina, ha detto che la pace in Asia orientale è possibile. Grazie a un profondo sguardo di fede, rimane “umano” su ogni questione, su ogni situazione che gli si presenta".
 
 
Crede che i viaggi del Papa in Asia potranno favorire l'annuncio del Vangelo?
 
"Evangelizzare significa donare la Buona notizia: è quanto il Papa sta facendo e continuerà a fare. La sua presenza in Asia ridesta la speranza per possibili soluzioni ad antichi problemi. Francesco invita tutti a un cammino di ricerca comune, con un atteggiamento umile, molto apprezzato in Asia: nessuna minaccia, nessun complesso di superiorità, nessuna lezione moralistica, senza pretesa di sapere tutto. Si adopera per rompere le barriere, per costruire ponti, invitando alla riflessione, sollecitando la riconciliazione. Ho sentito molti leader asiatici di altri religioni e culture dire che “Bergoglio sta dando espressione a ciò che noi stessi abbiamo in mente”.

 
  
Papa Bergoglio mostra vicinanza ad ogni essere umano, in particolare ai più vulnerabili: che impatto ha questo approccio in Asia?
 
"Già da cardinale, Jorge Bergoglio era ben noto per la sua capacità di raggiungere il cuore di ogni persona, in particolare dei più vulnerabili. Oggi continua a farlo. Si muove per incontrare le vittime di catastrofi naturali (nelle Filippine) o di sanguinosi conflitti (in Sri Lanka). Invita i cattolici a andare, con lui, fino alle periferie estreme dell'esistenza umana, a incontrare povertà, ingiustizia, lacerazioni familiari e sociali. I valori e le culture asiatiche apprezzano in modo speciale l’attenzione a emarginati, minoranze, fuoricasta, donne, bambini. L’approccio di Bergoglio tocca il cuore di ogni persona asiatica. Pensiamo solo al fatto che anche Buddha è stato toccato dalla sofferenza umana; e Mahatma Gandhi ha soggiornato in baraccopoli con i gruppi sociali più umili. Forse questi sono i valori che gli asiatici stessi stanno cominciando a dimenticare. Papa Francesco fa un grande servizio, ricordando la centralità di questi valori che hanno antichissime radici in questo continente".

   

Quali sono le prospettive per la missione della Chiesa in Asia oggi?
 
"Il contesto è in rapido mutamento. Nazioni, società, comunità e gruppi etnici in Asia cominciano a riscoprire se stessi dopo un periodo durante il quale sono rimasti ai margini della storia. C’è una forza di auto-affermazione in ogni ambito e questo genera spesso tensioni. C'è anche il timore che forze esterne, a livello internazionale, possano approfittare di una debolezza, politica o economica, momentanea. In questo processo, esiste un grande patrimonio di memorie storiche che devono ancora essere guarite. Credo che la “guarigione della memoria” debba diventare parte del nostro compito missionario. Persone come il Mahatma Gandhi hanno tentato di farlo. Ma non si può ignorare questa dimensione della nostra missione: è necessaria per tutelare la convivenza. Cristo nel Getsemani ha preso l'agonia del mondo su di sé, ha portato la redenzione all'umanità: con questi occhi leggiamo la vita e la storia dei popoli asiatici".

 
Che rapporto c’è tra dialogo e missione in Asia?
 
"In Asia il dialogo è una via fondamentale di evangelizzazione. Dialogare non significa confrontare dottrine e tradizioni, ma trovare una strada comune da seguire per affrontare, con fede e coraggio, i problemi specifici nella storia umana. L’evangelizzazione non è il proselitismo, che anche Papa Francesco ha definito “una solenne sciocchezza”. Ciò non vuol dire spegnere l’ardore missionario: l’entusiasmo missionario nasce dal desiderio di condividere la Buona Novella. Tuttavia, questo è possibile solo costruendo buone relazioni e rimuovendo pregiudizi. L'annuncio cristiano può essere comunicato nel suo autentico significato solo se rivela il volto umano di Cristo, assumendone il profondo messaggio di misericordia e compassione verso il prossimo. Anche San Paolo annunciava la Buona Novella a nuove comunità relazionandosi a loro con profondo rispetto. L’apostolo cominciava sempre facendo proprie le preoccupazioni della gente e rendeva la sua predicazione comprensibile attraverso l’uso delle categorie mentali locali. C’è una pedagogia speciale nel trasmettere la fede al di là della propria cultura, e questo in Asia lo si avverte con chiarezza".

 

Come vede le future relazioni tra la Santa Sede e la Cina?
 
"Sono più che ottimista. Ma si deve avere la pazienza di iniziare con piccoli passi, con andamento e tono umile. La Cina è una grande potenza e ha un grande patrimonio culturale e religioso. Vi sono, anche qui, memorie storiche molto sensibili. Ci sono passaggi storici che vanno re-interpretati e spiegati gli uni agli altri, per guarire le ferite del passato, nell’assoluto rispetto reciproco, in un cammino graduale. Una cosa è certa: il cristianesimo non è sgradito in Cina. Non è più considerato un prolungamento della cultura occidentale, ma è accettato come un patrimonio del mondo intero. E’ una fede nata in Asia, che sta sviluppando la sua immagine asiatica. Anche se, quando si guardano gli aspetti organizzativi e amministrativi della presenza della Chiesa, nascono timori e sospetti da ambo le parti, non si deve essere pessimisti. La storia del cristianesimo offre molti e diversi modelli di organizzazione e molti casi di adattamento reciproco, a seconda dei contesti. Sono convinto che l’approccio umano del Papa aprirà molte porte in Cina. Se si segue una via obiettiva, equilibrata, moderata, rispettosa e attenta alle reciproche esigenze, migliorare le relazioni tra Cina e Santa Sede è possibile. Ho la netta sensazione che la grande tradizione confuciana e lo sguardo spirituale alimentato dalla fede cattolica abbiano importanti punti di affinità. Il Signore ci mostri la strada da seguire".

 

 

 

Last modified on Thursday, 05 February 2015 17:05

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