Nella compagnia di Cristo amico

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 Santa Teresa d'Avila. Donna in cammino con Dio / 1

Sono trascorsi 500 anni (mezzo millennio) dalla nascita di Teresa d’Avila: una donna di grande spessore, “una santa - dice Papa Francesco - che risplende come guida sicura e modello attraente di donazione totale a Dio”, e per Papa Benedetto XVI Teresa “rappresenta uno dei vertici più alti della spiritualità cristiana di tutti i tempi”.

Il suo carisma peculiare è quello dell’esperienza e della testimonianza del mistero di Dio come realtà vissuta nel cuore di una creatura umana. Proprio in forza di tale esperienza vissuta e raccontata, Teresa, lungo le generazioni, ha affascinato e ha condotto verso Dio uno stuolo di uomini e di donne in ricerca del volto del Dio vivente e desiderosi di dare pienezza di senso alla propria vita.

Vorrei ricordarne appena uno di questi personaggi che hanno incontrato Dio attraverso Teresa: la filosofa Edith Stein, un’ebrea assetata di verità. Negli anni ’30 del secolo scorso, in casa di amici, Edith ebbe tra le mani il “Libro della vita” di Teresa. Dopo averlo letto nell’arco di una notte, esclamò: “Qui c’è la Verità!” Dopo qualche mese Edith chiese il Battesimo ed entrò in un monastero carmelitano. Oggi la invochiamo come “Santa Teresa Benedetta della Croce”.

 Contesto storico ed ecclesiale

 Il sec. XVI, in cui vive Teresa, è per l’Europa uno dei più significativi e al tempo stesso problematici della storia civile ed ecclesiale. Alcuni avvenimenti epocali lo segnano profondamente. Li accenno.

- La scoperta dell’America, 1492, apre nuovi e vasti orizzonti per l’espansione coloniale e missionaria.

- La Riforma Protestante di Martin Lutero (dal 1517 in poi), spezza definitivamente l’unità della Chiesa in Occidente.

- Nei conventi e nei monasteri femminili la vita religiosa è “decadente” e “rilassata” al punto che, scriverà Teresa, “ci si vergogna a parlare dell’amore di Dio”.

- Con il Concilio di Trento (1546-1563) la Chiesa di Roma riafferma i contenuti essenziali della fede e dei sacramenti, promuove una profonda e ampia Riforma liturgica e morale, istituisce i Seminari  per la formazione del Clero.

 - Le donne sono guardate con sospetto, soprattutto dall’Inquisizione. Le esperienze mistiche, e perfino l’impegno per la Riforma, se hanno come protagoniste delle donne, non vengono viste di buon occhio. Teresa alzerà la voce contro questa situazione: “Signore, ci sembra impossibile che non riusciamo a fare alcunché di valido per Te in pubblico” (Cammino di Perfezione).

- Gli Ordini Religiosi si impegnano in un cammino faticoso di riforma attraverso il ritorno all’ “osservanza”. Sorgono nuovi Ordini (tra cui spicca quello dei Gesuiti) impegnati nella evangelizzazione e nel rinnovamento della Chiesa.

 - Lo studio della Teologia riceve un nuovo slancio, grazie ad alcune università tra cui spiccano quelle di Salamanca e di Alcalà, in Spagna.

- La stagione della Riforma Cattolica viene chiamata “epoca dei Santi”; nella Chiesa del 1500, infatti, si segnalano un gran numero di uomini e donne che pongono la loro vita a servizio del Vangelo e del Regno. Ricordo qualche nome: Pietro d’Alcantara, Ignazio di Lojola, Carlo Borromeo, Francesco di Sales, Vincenzo de’ Paoli, Maria Maddalena de’ Pazzi, Giovanni della Croce, e la nostra Teresa d’Avila, che ci apprestiamo a conoscere da vicino.

 Una vita piena e feconda

Teresa nasce ad Avila, nel cuore della Vecchia Castiglia, il 28 marzo 1515 da don Alfonso Sànchez de Cepeda e da Beatrice Ahumada, terza di nove figli.  I Sànchez sono una famiglia benestante, abili commercianti di tessuti. Il nonno paterno, Juan, era un ebreo convertito. I genitori tirano su i figli con una solida educazione religiosa, Ancora bambina, Teresa è introdotta alla preghiera e alla lettura di romanzi cavallereschi.

 Una mattina, all’età di 11 anni, insieme al fratello Rodrigo, esce di nascosto da casa, all’alba, per dirigersi verso le fantasticate terre dei Mori, ove subire il martirio. Appena fuori le mura della città li incontra uno zio che li riconduce a casa. Nel 1528 muore la madre. Teresa, appena tredicenne, rimane disorientata. “Quando ne compresi la gran perdita – scrive Teresa – , mi portai afflitta ai piedi della Madonna e la supplicai di volermi fare da madre.

 Ella, infine mi fece sua” (Vita 1,7). Ma il contraccolpo psicologico è inevitabile. Si ammala di una malattia rara, forse in parte anche di natura psicosomatica. Intanto i suoi fratelli, dinanzi al declino del patrimonio familiare e le scarse prospettive di futuro, iniziano a partire per le Americhe in cerca di fortuna. Quando parte l’amato fratello Rodrigo, anche Teresa si decide a fare anche lei la sua scelta e, il 2 novembre 1535, entra nel monastero delle Carmelitane della sua città. Il 3 Novembre 1537, fa la Professione Religiosa.

 Nel momento in cui vi entra Teresa, il monastero dell’Incarnazione conta oltre 150 monache. I monasteri di quel periodo sono spesso simili ad un “rifugio dorato” per nobildonne che disponendo di una ricca dote, conducono una vita mondana e nei parlatori coltivano volentieri la compagnia di parenti e amiche. E’ facile intuire che questo stato di cose incide non poco sullo scadimento spirituale nella vita delle comunità. Anche il monastero dell’Incarnazione naviga in queste acque.

 Tuttavia, vi è un gruppo di monache – e tra di esse anche Teresa – che s’impegnano a condurre una vita più degna e rispondente alla loro vocazione. Intanto dopo appena un anno dalla Professione, Teresa si ammala gravemente. È costretta a lasciare il monastero per essere curata in famiglia; i medici non riescono a fare una diagnosi. Il 15 agosto 1539, a seguito di un collasso, entra in coma profondo che dura 4 giorni.

Superata la crisi acuta, lentamente si riprende e ritorna in monastero. Ancora per 3 anni accusa un continuo malessere finché, nell’aprile del 1542, Teresa si ritrova guarita grazie all’intercessione di S. Giuseppe. Il 26 dicembre 1543 muore il padre, amorevolmente assistito da Teresa. In seguito a questo evento essa vive una situazione di crisi spirituale che supererà qualche tempo dopo, grazie ad una esperienza che lei chiama “la mia conversione”. Ne parlerò più avanti.

 La Riforma del Carmelo

La vita spirituale di Teresa è come rigenerata dalla “conversione”, mentre Dio la arricchisce di carismi straordinari e di esperienze mistiche. Teresa si convince sempre di più che “chi comincia a servire il Signore il meno che possa fare è offrirgli la vita”. Per lei l’offerta della vita al Signore senza remora alcuna, adesso la esprime nella fedeltà alla preghiera e nell’impegno a concretizzare un progetto che da tempo condivide con alcune consorelle dell’Incarnazione, cioè la fondazione di un monastero che accolga una piccola comunità di monache animate dal desiderio di vivere con radicalità la propria consacrazione al Signore.

Si consulta col confessore e con uomini dotti e saggi, tra cui il francescano Pietro d’Alcantara; da tutti riceve approvazione e incoraggiamento. Le difficoltà sono tante, ma le supera tutte con grande tenacia. E così nell’agosto 1562 si inaugura ad Avila il monastero di S. Giuseppe, prima realtà di quella che sarà la Riforma del Carmelo”.

Tutto si svolge con semplicità e senza clamore, ma con una grande gioia nel cuore per la consapevolezza che quello che sta nascendo è opera di Dio. Il nuovo monastero è composto da un piccolo gruppo di donne consacrate (appena dodici) che ha un volto ben preciso: la preghiera personale e comunitaria, l’amore vicendevole, il lavoro e una vita sobria e povera. Questo stile di vita che Teresa esige da sé e dalle sue sorelle è un segno visibile di rinnovamento non solo per il Carmelo ma per tutta la Chiesa.

 Nel 1567 Teresa incontra a Medina del Campo, Giovanni della Croce, giovane sacerdote carmelitano. Egli è in crisi con la sua comunità e la sua stessa vocazione: pensa di lasciare il Carmelo e di entrare nella Certosa. Teresa lo dissuade e lo guadagna al progetto di Riforma del Carmelo maschile. Fra i due si stabilisce, da subito, una corrente di mutua intesa. L’anno dopo, a Duruelo, in una casa procurata da Teresa, sorge il primo convento di Carmelitani Scalzi, in mezzo a tante difficoltà e sofferenze.

 In quello stesso periodo, Teresa incontra il Generale dell’Ordine p. Giovan Battista Rossi che, ben impressionato dalla vita che si conduce nel nuovo monastero di S. Giuseppe, la autorizza a fondare altre comunità con quello stile di vita. Ha inizio così per la Madre un’attività frenetica di nuove fondazioni che lei vive come un bisogno ecclesiale e un’autentica opera apostolica.

 Le fondazioni di Teresa suscitano ovunque grande simpatia presso il popolo il quale constata che quelle monache e quei frati realmente servono Dio e nessun altro. Al termine della vita di Teresa, i nuovi monasteri sono 17 e 16 i conventi dei frati riformati. Insieme alle tante soddisfazioni lei deve fare i conti con incomprensioni, contrasti e sofferenze d’ogni genere, provenienti sia dall’interno della sua famiglia religiosa, sia dall’esterno.

 Gli ultimi anni la vedono malata e stanca. Il 4 ottobre 1582, Teresa muore ad Alba de Tormes proclamandosi “Figlia della Chiesa” e con il grido di speranza di vedere presto lo Sposo: “E’ ora che ci vediamo, Sposo mio…” esclama poco prima di morire. Teresa viene beatificata nel 1614 e proclamata “Santa” nel 1622 insieme a S: Ignazio di Loyola, Francesco Saverio e Filippo Neri. Nel 1965 Paolo VI la dichiara “Patrona” degli scrittori spagnoli e nel settembre 1970 le conferisce, insieme a S.Caterina da Siena, il titolo di Dottore della Chiesa.

Teresa scrittrice

 Teresa d’Avila oltre che maestra di vita spirituale e riformatrice, mistica e pellegrina instancabile, è anche fine e feconda scrittrice. I suoi scritti sono di carattere esperienziale, autobiografico e di testimonianza. I primi nascono dalla necessità di far conoscere lo stato della sua anima ai confessori, in seguito interviene l’esigenza della formazione delle sue figlie spirituali.

 Le opere nascono dall’esperienza personale che lei interpreta per poi comunicarla come proposta di cammino spirituale rivolto a tutti, ma in particolare alle sue monache. Le opere principali: Libro della vita; Cammino di Perfezione; Il Castello interiore; Fondazioni.

 La personalità di Teresa e alcuni punti salienti del suo itinerario spirituale

 a) Una personalità poliedrica

 Dagli scritti che ci ha lasciati e dalle testimonianze delle persone che l’hanno conosciuta, emerge chiara la ricca personalità di Teresa d’Avila, donna di ieri ma anche così vicina a noi per sensibilità e per apertura di orizzonti. Teresa è una donna simpatica ed espansiva, pronta alla risata franca e alle lacrime, bravissima nel conquistare le persone grazie ad una fine e limpida “diplomazia”.

 E’ una donna di preghiera ma anche d’azione. Sa stare per lunge ore, in raccoglimento, alla presenza di Dio; ma è anche dotata di intraprendenza e di una grande energia pratica. Tutti conoscono la singolare descrizione che dà di Teresa il nunzio apostolico Filippo Sega: “Una donna inquieta e vagabonda (andariega). In realtà, Teresa sa essere fiera e decisa non solo di fronte ai tanti laici con cui tratta da pari a pari, senza tenere gli occhi bassi, ma anche con i suoi superiori religiosi, anche se è sempre pronta all’obbedienza.

Teresa non pone freni alla sua natura espansiva e affettuosa. Le piacciono i bambini e gioca con loro. Un giorno, dopo la celebrazione liturgica, abbraccia un novizio che aveva servito all’altare in modo esemplare. In altra occasione rinfaccia apertamente e Giovanni della Croce di essere troppo freddo con lei, con tutto il bene che lei gli vuole!

 Inoltre, c’è in lei uno spiccato senso dell’umorismo e di ilarità. Usa con equilibrio l’ironia e, soprattutto, l’auto-ironia: non si prende troppo sul serio ma sa ridere di sé, perché dice di conoscere bene le sue miserie. Si reputa una “grande peccatrice” salvata per un capolavoro della misericordia divina. Ancora, Teresa è una persona piena di gioia: ama le feste e le piace molto scherzare. Non tollera la tristezza e la malinconia.

 Spesso ripete che: “Un’anima angosciata non può servire bene il Signore”. “Io voglio la gioia nella comunità carmelitana e nel cuore delle carmelitane!” La gioia, per lei è, innanzitutto, conseguenza del “sentirsi gratuitamente amati dal Signore”. E dice che “Non c’è una cosa tanto seria, né notizia tanto dura che non possa essere detta con un sorriso!”

 b) Alcuni elementi dell’itinerario spirituale: la Preghiera e l’amore alla Chiesa

- La preghiera

 Teresa è donna di preghiera, di orazione. Già da piccola ama pregare: “Iniziai a fare orazione prima ancora di comprendere cosa fosse” (Vita). Grazie alla preghiera  avverte in sé la presenza di Dio, una presenza amicale che l’avvolge, l’accompagna, la guida, la corregge e, soprattutto, la inonda di pace e di gioia.

 Significativa la definizione che Teresa dà della preghiera: “La preghiera, per me, non è altro che un intimo rapporto d’amicizia, un frequente trattenimento da solo a solo con colui da cui so d’essere amata (Vita). Definizione che riflette l’esperienza di un rapporto intimo, a tu per tu con Dio. Le forme e le modulazioni della preghiera che Teresa vive e di cui parla sono molteplici: preghiera vocale, preghiera mentale (o meditazione), preghiera contemplativa.

 La preghiera vocale, dice Teresa, consiste nella recita di una formula: il Padre nostro, il Credo, i Salmi. “La preghiera mentale è un volgersi e un fare attenzione alla Persona, cioè a Dio, alla cui presenza stiamo. Pensare e capire di cosa parliamo, con chi parliamo e chi siamo noi che osiamo parlare, è preghiera mentale”, afferma Teresa. La preghiera di contemplazione non è opera nostra ma dono di Dio, un dono che non si può meritare, ma solo accogliere e gustare.

 L’orante, dice Teresa, sperimenta una profonda unione con Dio che gli infonde amore e conoscenze ineffabili. L’anima brucia d’amore, ma non sa come mai. Sente di godere Dio, l’oggetto del suo amore, ma non sa come lo goda” (Cammino di Perfezione).Dio arricchisce Teresa di numerose esperienze mistiche e di doni spirituali non comuni che lei cerca di descrivere e di raccontare ai confessori per avere conferma che all’origine di tali esperienze ci sia solo Dio e non altri, nemmeno la sua fantasia.

 Teresa non solo è donna di preghiera e mistica, ma è anche Maestra di preghiera, fortemente impegnata ad iniziare, a formare le sue monache alla vita di orazione. Quando fonda il Monastero di S. Giuseppe, desidera che sia una comunità orante al servizio della Chiesa. Proprio in quest’ottica di formazione, propone alcune cose per coloro che vogliono intraprendere il cammino dell’orazione.

 Tre presupposti o tre grandi virtù: l’amore fraterno; il distacco o povertà interiore e l’umiltà che per Teresa è “camminare nella verità”. La verità, per lei, è consapevolezza della nostra condizione di umana fragilità, e l’amore fedele di Dio per ogni creatura.

 Occorre precisare, però, che il cammino spirituale di Teresa, in riferimento alla preghiera, non è lineare e costante. Nei tanti anni della sua vita al Carmelo, per un lungo periodo le capita di trascurare l’orazione per imbarcarsi nell’avventura di amicizie frivole con persone che frequentano il parlatorio del monastero dell’Incarnazione. Queste frequentazioni, se per un verso la gratificano, nel contempo determinano in lei una discesa nella mediocrità spirituale. Quando si reca a casa per assistere il padre moribondo, Teresa confessa apertamente che lei era “più malata nell’anima di quanto il padre non lo fosse nel corpo!”.

 Sente vivere in sé due Terese in lotta tra loro. “Da una parte la presenza di Dio che mi chiamava, dall’altra io seguivo il mondo. Sembrava che volessi riconciliare questi due opposti: la vita e le gioie spirituali e i piaceri e i passatempi dei sensi”. Più tardi, ritornando col pensiero a questa fase della vita, Teresa commenta: “Mi meravigliavo di come ciò sia potuto accadere” (Vita 19). Questa situazione che lei descrive come “un’ombra di morte”, ha termine un giorno di quaresima del 1554, quando il suo sguardo si posa sul volto piagato di Gesù, raffigurato nella statua dell’Ecce Homo.

 Questo sguardo segna un forte impatto con l’umanità sofferente di Cristo che le provoca una profonda emozione interiore. Così lei stessa racconta l’episodio: “Entrando in cappella mi colpì l’immagine di Cristo molto piagato. Provai tanto rimorso per l’ingratitudine con cui avevo ripagato quelle piaghe, che mi pareva mi si spezzasse il cuore; mi gettai ai suoi piedi e lo pregai di aiutarmi a non offenderlo più” (Vita 9). Questa esperienza Teresa la chiama “la mia conversione”. Proprio in quei giorni compie 39 anni.

 Con la conversione la sua vita entra in una nuova fase, e diventa “un libro nuovo”, dice Teresa. Gesù è il suo “l’Amico del cuore”: “Cristo è un buonissimo amico, ci è di grande compagnia perché lo vediamo uomo come noi, soggetto alle nostre debolezze e sofferenze”. Teresa coltiva con cura questa relazione amicale con Gesù.

 L’intima conversazione con Lui fa crescere in lei l’amore e la fiducia e, a volte, sperimenta in modo sensibile la presenza del Signore accanto a sé: “Un giorno, mentre mi trovavo in orazione, vidi accanto a me, o per meglio dire, sentii che Gesù mi stava vicino e mi parlava, anche se non vedevo nulla né con gli occhi del corpo, né con quelli dell’anima. Sentivo, in modo chiarissimo che stava al mio lato destro e che era testimone di tutto quel che facevo”. Questa presenza così viva, fa crescere in Teresa il desiderio e l’impegno di lasciarsi configurare totalmente a Lui, ogni giorni di più.

 Alla luce di queste esperienza, Teresa matura il convincimento che tutto quello che appartiene a questo mondo passa senza che lasci traccia, mentre “solo Dio è per sempre, sempre, sempre!” Questo tema ritorna nella famosissima poesia: “Nulla ti turbi!/ nulla ti spaventi/ tutto passa. Dio solo non cambia;/ la pazienza ottiene tutto;/chi possiede Dio/ non manca di nulla./ Dio solo basta!”

 - L’amore e il servizio alla Chiesa

 Un altro tratto caratteristico dell’itinerario spirituale di Teresa è l’amore alla Chiesa che l’accompagna lungo tutto il cammino della vita. Abbiamo visto che la Chiesa del sec. XVI è lacerata dalla Riforma Luterana, mentre la contro-riforma cattolica promossa dal concilio di Trento, fa fatica ad avviare il rinnovamento auspicato. Teresa si sente interpellata in prima persona da questa situazione, e si rende protagonista, con la preghiera e con le opere.

 L’idea della Riforma del Carmelo nasce in lei in quest’ottica di risposta propositiva alla crisi della vita religiosa e della Chiesa del suo tempo. Le fondazioni di nuovi monasteri, per Teresa, rispondono ad un bisogno ecclesiale. Nel suo progetto ogni monastero dovrà riproporre, nella città  dove sorge, l’ideale della prima comunità cristiana, come è descritta negli Atti degli Apostoli. Il monastero deve essere per tutti i cristiani, un segno che richiami e che stimoli un ritorno a Cristo come l’unico Signore.

 Uno stile di povertà, un ascolto profondo del Vangelo, una vita pacificata fanno di un convento un luogo di evangelizzazione, che si impone non per la forza delle argomentazioni, ma per la vita che vi si esprime. E’ felice Teresa quando dà vita ad un nuovo monastero. E’ come se la Chiesa stessa riprendesse a vivere. Quelle poche monache che ogni giorno si radunano attorno all’Eucarestia sono un germe di rinnovamento che col tempo sicuramente contagerà tutta la Chiesa.

 

Il servizio che Teresa e le sue monache offrono alla Chiesa si concentra tutto in questo indicare silenziosamente un cammino di Riforma, che ponga Cristo al centro della vita e di ogni altro interesse e attività. La bontà della iniziativa teresiana è testimoniata dalla accoglienza e dal nuovo fervore che suscita in mezzo al popolo. La loro presenza povera e disarmata riaccende nella gente la fiducia in Dio e rimette tutti in cammino verso una vita pacificata e aperta alla speranza.

 Attualità di Teresa

 L’esperienza della sua vita e il messaggio che propone fanno di Teresa d’Avila una testimone attualissima per la Chiesa e per la società d’oggi. Teresa ci insegna a guardare con occhi aperti la realtà ecclesiale, politica e sociale del nostro tempo e di stare nella storia non come persone e comunità fiacche e rassegnate, ma da protagonisti, con la testimonianza del nostro vissuto serio e coerente.

 Lei ci ricorda che si diventa protagonisti e artefici della storia solo se si è uomini e donne di preghiera. Chi sta alla presenza di Dio e in ascolto della sua Parola impara a guardare gli eventi e il territorio in cui vive, per scorgere i bisogni della gente e dare risposte evangeliche a quei bisogni.

 Alle donne e agli uomini di oggi così carenti di valori autenticamente umani e spirituali, Teresa propone i valori dell’amicizia e della solidarietà. Ci invita ad essere cercatori di Dio e ci rivela che il luogo sicuro dove incontrarLo è la nostra interiorità, il nostro cuore dove Egli risiede, come in un Castello, e si offre a noi per vivere un rapporto intimo e amicale con Lui, per saziare la sete di infinito presente in ciascuno di noi.

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Santa Teresa d'Avila. Donna in cammino con Dio / 2

Teresa e le sue sorelle: una comunità in cammino con Dio

Egidio Palumbo

 Di Teresa d’Avila vogliamo mettere in risalto l’esperienza del cammino, espressa nella sua ricerca appassionata di Dio, nella sua contemplazione dell’umanità di Cristo Amico e nell’amore di sororità in Cristo, vissuto con le sue consorelle carmelitane.

Teresa, donna inquieta e pellegrina

Teresa d'Avila è riconosciuta riformatrice del Carmelo e da parte dei Carmelitani Scalzi è riconosciuta loro fondatrice, anche se non era sua intenzione di fondare un nuovo Ordine Carmelitano (cf. Lettera 248,9). Dopo 27 anni trascorsi nel Monastero dell'Incarnazione ad Avila, dove entrò nel 1535, fondò nel 1562, sempre nella stessa città, il Monastero di S. Giuseppe, il primo monastero della sua riforma.

Alcuni anni più tardi proseguì la sua riforma fondando altri 16 monasteri con lo stesso stile di vita fraterno, povero e contemplativo che aveva assunto nel monastero di S. Giuseppe ad Avila. Così tra il 1567 e il 1582 – periodo che corrisponde agli anni 52-67 della sua vita – fondò i monasteri di Medina del Campo, Malagón, Valladolid, Toledo, Pastrana, Salamanca, Alba de Tormes, Segovia, Beas, Siviglia , Caravaca, Villaneueva, Palencia, Soria, Granada e Burgos. Per compiere quest'opera di fondazione, Teresa d'Avila viaggiò molto, camminando lungo le strade della Spagna.

Ella è stata, secondo il giudizio negativo del nunzio mons. Filippo Sega, che lei stessa riferisce in una lettera (cf. Lettera 248,3), una «fémina inquieta y andariega» («una donna inquieta e vagabonda»). Ma tale giudizio, considerando anche il particolare pregiudizio del nunzio, paradossalmente dice in positivo l’animo e lo stile di Teresa: una donna inquieta, perché mai appagata dei risultati ottenuti, mai adagiata sulle mete raggiunte; una donna, non vagabonda, bensì in cammino, perché sempre in ricerca, sempre proiettata in avanti, sempre guardando in avanti e oltre…

Dei suoi viaggi Teresa ne parla nel libro delle Fondazioni, scritto negli anni 1573-1582, dove narra che di solito viaggiava su un carro con alcune sue consorelle e il cappellano; i viaggi erano a volte tranquilli, ma molto spesso scomodi e faticosi. Così narra in Fondazioni 24,5: «Ebbero subito inizio i preparativi del viaggio, perché il caldo cominciava ad essere intenso. Il padre commissario apostolico Graziano andò dal Nunzio, che l’aveva chiamato, e noi a Siviglia, con i miei buoni compagni di viaggio, il padre Giuliano d’Avila, Antonio Gaytán e un frate scalzo. Andavamo in carri ben coperti, essendo questo, sempre, il nostro modo di viaggiare».

a) L’immagine del carro come metafora

L’immagine del carro, ermeticamente chiuso, nel quale stanno lei e le sue sorelle, può essere letta come metafora di una comunità di sorelle in cammino nella storia, in cammino per le vie del mondo. Al riguardo due particolari significativi che esprimono il sentire di Teresa, il suo modo di leggersi dentro: ella stessa si descrive come pellegrina guidata dal Signore (cf. Fondazioni 3,2), guidata dall'Amico che dona con generosità (cf. Fondazioni 2,7); a Palencia poi viene attratta dal piccolo romitaggio dedicato alla Madonna Nostra Signora della Strada (cf. Fondazioni 29,13).

Anche le condizioni del viaggio, che lei ha cura di descrivere, ovvero i momenti tranquilli e i disagi, i contrattempi, il pericolo di smarrire la strada, di affondare nel fango, di cadere in un burrone (cf. Fondazioni 3,4; 4,3-4; 13,3; 18,4-5; 21,4-7; 30,7.13-14; 31,11-18), anche questi li possiamo leggere come metafora della fatica del cammino sulle vie tortuose del mondo e dell’impatto con i rischi della storia, con le varie forme di mondanità sempre presenti e insidiose.

Teresa ne è consapevole, ma affronta il rischio, perché in tutto questo ella, donna andariega, pellegrina, sa discernere l'opera del Signore e sentire viva – affidandosi a Lui – la presenza di Cristo Amico e compagno di viaggio (cf. Fondazioni 2,7; 3,2; 10,5; 31,16):

«Oh, grandezza di Dio! Come mostrate la vostra potenza nel concedere questa audacia a una formica! E come, mio Signore, non dipende da voi se coloro che vi amano non compiono grandi opere, ma dalla loro codardia e pusillanimità! Non prendiamo mai una ferma decisione, pieni sempre, come siamo, di mille timori e prudenze umane, e voi, mio Dio, pertanto, non operate le vostre meraviglie e grandezze. Chi più di voi sarebbe amante di dare, se trovasse a chi dare, o di ricevere servizi a proprie spese? Piaccia alla Maestà Vostra che io ve ne abbia reso qualcuno e non debba esservi ancor più debitrice per il molto che ho ricevuto! Amen» (Fondazioni 2,7).

D'altronde, non bisogna dimenticare che una delle finalità primarie della redazione del libro delle Fondazioni è quella dossologica, ovvero – come la stessa Teresa spesso scrive – narrare le grandi opere del Signore, dare gloria al Signore (cf. Fondazioni Pr 2.3.4; 2,4.7; 3,2; 10,5).

b) La vita spirituale come cammino

 Anche l'immagine del cammino, che dà alla vita spirituale del cristiano il senso dell'itinerario, della sana inquietudine, della ricerca, della crescita e della maturazione umana e di fede, è ben presente nel vissuto spirituale di Teresa e nei suoi scritti maggiori: il Cammino di Perfezione e il Castello Interiore.

Nel Cammino di Perfezione, scritto nel 1566 (in due redazioni: codici Escorial e Valladolid) per le sue comunità, comunica il suo ideale di vita religiosa, proponendo un cammino di libertà nello Spirito, per crescere nell'amore fraterno e di sororità (cf. Cammino 4,5-7,11), nel sano distacco da ogni persona e da ogni cosa (cf. Cammino 8,1-11,5), e nell'umiltà (cf. Cammino 12,1-17,4); e dopo questi valori, che considera come presupposti, propone ancora un cammino di crescita nell'interiorità (= preghiera; cf. Cammino 4,3), per imparare a vivere l'incontro con Dio come relazione, poiché la preghiera è relazione con Dio, con l’Amico (cf. Cammino 17,5-42,7; Vita 8,5), e in Dio anche l'incontro con gli altri deve essere vissuto come relazione. Significative al riguardo le sue riflessioni sul Padrenostro (cf. Cammino 27,1-42,4).

L’altra opera maggiore, quella della sua maturità spirituale, è il Castello Interiore, scritto nel 1577; anche qui la vita spirituale viene proposta come un cammino, scandito dal passaggio di sei “mansioni” o “stanze” (che indicano i vari modi di essere della persona e comunità), per arrivare alla settima “stanza” (l’interiorità più profonda della persona e comunità) dove dimora Dio Trinità. Tutto il cammino è finalizzato alla conoscenza di Dio in noi e di noi in Dio, a conoscere la grandezza e la piccolezza della persona, e la grandezza infinita di Dio.

 Dunque, se per Teresa d’Avila la vita cristiana, la vita spirituale è un cammino, dentro questa prospettiva assume valore metaforico l’immagine del carro, che esprime, come già detto, il suo ideale di comunità: una comunità di sorelle in cammino nella storia.

In cammino nella storia

 Di fronte alla forte situazione conflittuale, a volte anche violenta – “incendio” lo qualifica Teresa (cf. Cammino 1,5; 3,1) −, suscitata dallo scisma tra cattolici e protestanti, che lacera l'unità della Chiesa in occidente (cf. Cammino 1,3), Teresa, assieme alla sua comunità, assimilando la sapienza di Dio, seppe dare una risposta che fu esistenziale e vocazionale. Così affermò Paolo VI il 27 settembre 1970 nell'omelia in occasione del riconoscimento di Teresa Dottore della Chiesa:

 «Ella per il suo amore alla verità e la sua intimità con il Maestro, ebbe ad affrontare amarezze e incomprensioni di ogni sorta e non sapeva dar pace al suo spirito dinanzi alla rottura dell’unità […]. Questo suo sentire con la Chiesa, provato nel dolore alla vista della dispersione delle forze, la condusse a reagire con tutto il suo forte spirito castigliano nell’ansia di edificare il regno di Dio; decise di penetrare nel mondo che la circondava con una visione riformatrice per imprimergli un senso, un’armonia, un’anima cristiana».

 Le parole di Paolo VI – in particolare queste ultime – sono illuminanti. Vediamo, allora, come Teresa “ha penetrato nel mondo con una visione riformatrice”.

 a) Essere contemplativi, ovvero saper ospitare il Signore e camminare con Lui

Teresa, come già abbiamo detto, non volle fondare un nuovo Ordine Carmelitano (cf. Lettera 248,9), ma radicarsi nell'esperienza contemplativa e fraterna dei “santi Padri” fondatori del Carmelo, cioè la prima comunità di frati-eremiti fondatrice che dimorò sul Monte Carmelo sin dai primi anni del 1200 (cf. Cammino ed. Esc. 3,7; 16,4; Fondazioni, 14,4.5; 29,33).

 Scrive Teresa: «Tutte siamo chiamate all'orazione e alla contemplazione perché in ciò è la nostra origine e siamo progenie di quei santi Padri del Monte Carmelo che in gran solitudine e nel totale disprezzo del mondo cercavano questa gioia» (Castello Interiore, 5M 1,2). Teresa fa poi riferimento al par. 10 della Regola del Carmelo dove si esorta a meditare la Parola di Dio giorno e notte e a vegliare in preghiera (cf. Cammino ed. Esc. 5,2; ed. Vall. 4,2).

 L’esperienza contemplativa è per Teresa essenzialmente esperienza di ascolto, dove, come Marta e Maria (cf. Lc 10,38-42), impariamo ad ospitare il Signore che passa (cf. Cammino ed. Esc. 27,6; ed. Vall. 17,5-6), a “bere alla fonte dell’acqua viva” della sua Parola (cf. Cammino 19,2; 23,5-6; 26,10), per camminare assieme a Lui, “fargli compagnia” e “guardarlo” (cf. Cammino 26,2-3.6). «Camminiamo insieme, Signore: verrò dovunque voi andrete, e per qualunque luogo voi passerete, passerò pure io» (Cammino 26,6).

 b) Essenzialità e sobrietà

 Teresa voleva un monastero piccolo e povero per dodici/tredici sorelle, “custodi di Dio” e somiglianti al Figlio, umile e povero. Povertà come sobrietà di vita e come distacco da ogni forma di idolatria per vivere la vera libertà di spirito (cf. Cammino 8-10). Non a caso sceglie non ex-monasteri ma case comuni, spesso "sgarupate", case della povera gente da adattare come monastero. Sulla povertà come semplicità di vita e sobrietà, Teresa scrive:

 « ...come diceva S. Chiara, forti mura sono quelle della povertà. Di queste, diceva lei, voleva veder cintato il suo monastero; ed è assodato, se la si osserva per davvero, che l'onorabilità del convento e tutto il resto ne escono rafforzati molto meglio che non con sontuosi edifici. Evitate di innalzare costruzioni del genere […]. Vediamo di somigliare in qualcosa al nostro Re, che non aveva una casa sua ed ebbe i natali nella stamberga di Betlemme […] Per tredici poverelle, qualsiasi angolo basta [...]. Rammentino sempre che il giorno del giudizio tutto è destinato a crollare; e che ne sappiamo noi se non verrà presto. In effetti, che l’abitazione di dodici poverelle faccia molto fracasso nel cadere non è proprio bene, poiché i poveri non fanno mai rumore; i veri poveri han da essere gente senza rumore, per suscitare compassione» (Cammino ed. Esc. 2,8-10; cf. ed. Vall. 2,8-10).

 c) Testimoni ed evangelizzatori dell'amicizia di Dio

 Un Dio per Amico. Teresa ha fatto dell’amicizia la cifra interpretativa della nostra relazione con Dio e della preghiera. È stato importante e vitale per lei avere un Dio per amico. Scrive Teresa: «Ho molta fiducia nella misericordia di quel Dio che nessuno ha mai preso invano per amico, giacché l'orazione mentale non è altro, per me, che un intimo rapporto di amicizia, un frequente intrattenimento da solo a solo con Colui da cui sappiamo di essere amati. Ma voi direte che ancora non lo amate.

 Sì, perché l'amore sia vero e l'amicizia durevole, occorrono parità di condizioni, e invece sappiamo che mentre nostro Signore non può avere alcun difetto, noi siamo viziosi, sensuali ed ingrati, per cui non lo possiamo amare quanto Egli si merita. Tuttavia, considerando quanto vi sia vantaggioso averlo per amico e quanto Egli vi ami, sopportate pure la pena di stare a lungo con uno che sentite così diverso da voi» (Vita 8,5). E ancora: «Benché sia Dio, posso trattare con Lui come con un amico. Non è Egli come i signori della terra che ripongono la loro grandezza in un esteriore apparato di autorità.

 Con costoro non si può parlare che in certe ore e nemmeno da tutti. Se un poveretto vuol parlare, deve far giri e rigiri, implorare favori e sudar sangue. Non parliamo del re: i poveri e quelli non di nobile lignaggio non lo possono avvicinare. […] O Re della Gloria e Signore di tutti i re, il cui regno non ha fine, né si appoggia a così fragili barriere! No, con Voi non occorrono intermediari. Basta guardarvi per vedere che Voi solo meritate il nome di Signore! Vi date a conoscere per Re soltanto con la Vostra Maestà, senza bisogno di guardie e di corte» (Vita 37,5-6).

 Una comunità fraterna e amica. L'amicizia, fondata in Dio, l’Amico, per Teresa qualifica anche le nostre relazioni interpersonali, comunitarie ed ecclesiali: ovvero un amore sincero reciproco dove ci si ama tutti ugualmente, dove non si cade nella dipendenza o schiavitù di nessuno (cf. Cammino capp.4-5), dove si è capaci di donare senza aspettarsi il contraccambio, senza ricercare gratificazioni personali (cf. Cammino 6-7). Scrive Teresa:

 «Quando l'amore tende al servizio di Dio, lo si vede chiaramente perché la volontà, nonché lasciarsi dominare dalla passione, cerca ogni mezzo per vincere ogni passione. Amicizie di questo genere vorrei numerose nei grandi monasteri; ma qui [monastero di S. Giuseppe ad Avila], dove non siamo, né dobbiamo essere più di tredici, le sorelle devono amarsi tutte egualmente, essere amiche di tutte ed aiutarsi a vicenda. […] Non permettiamo mai, sorelle, che il nostro cuore si faccia schiavo di qualcuno, ma solo di Colui che l’acquistò con il suo sangue, perché altrimenti ci troveremo così impigliate da non saperci più liberare» (Cammino 4,6.7.8).

 Teresa parla poi dell’“amore perfetto”, «copia di quello che ebbe per noi il vero Amante Gesù» (Cammino 7,3): vivere questo amore di amicizia significa per Teresa decentrarsi da sé per donarsi all’altro, più che per ricevere (cf. Cammino 6,7), per guardare al vantaggio altrui, più che al proprio (cf. Cammino 7,4.-9).

 Per questo Teresa nel raccontare le fondazioni delle sue comunità, ha anche cura di soffermarsi a narrare, oltre che di alcune sue consorelle, anche dei rapporti cordiali e amicali avuti con altre persone, dei consigli ricevuti da loro, delle persone sante incontrate, degli aiuti generosi ricevuti dalla gente. La narrazione di tutto questo è il segno dell’Amicizia di Dio che opera nel mondo. Teresa, da vera contemplativa, ha saputo apprezzare e accogliere questo segno.

 L’attenzione al luogo e al territorio in cui si è chiamati a vivere, la conoscenza delle persone e degli avvenimenti, per Teresa non è solo funzionale alla fondazione di un monastero, rivela anche il suo ideale di comunità come di sororità/fraternità fondata sulla presenza di Cristo Amico e quindi aperta agli altri. Nello stesso tempo rivela anche un aspetto del suo servizio ecclesiale che ha già esplicitato in altri scritti: l’amicizia come diaconia per parlare di Dio ed evangelizzare il suo Nome (cf. Vita 36,26; Cammino 6,9).

Ecco in che modo Teresa, assieme alla sua comunità, ha camminato con Dio, “penetrando nel mondo” – come disse Paolo VI –, in un mondo “incendiato” da conflitti, violenze e divisioni, per dare ad esso un impulso riformatore, un Senso, un'anima cristiana, per far recuperare l’esperienza dell’autentica interiorità, della vera amicizia e della vera fraternità.

 

 http://www.retesicomoro.it/

Last modified on Monday, 28 December 2015 09:05
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