La prima carovana di migranti del 2020, partita mercoledì da San Pedro Sula in Honduras, dopo aver attraversato il Guatemala, è giunta di fronte al rio Suchiate, alla frontiera messicana. Per monsignor Calderón, vescovo di Tapachula nello Stato del Chiapas, “agiamo come il Buon samaritano”, mentre la politica è “ambigua ed esitante”
“La nostra comunità diocesana di Tapachula si è sempre distinta per essere una Chiesa fraterna e solidale che, a partire dalla sua povertà, si è presa cura di mostrare il volto misericordioso di Dio, sapendo essere ospitale con i fratelli migranti. Il nostro volto e il nostro atteggiamento sono quelli del Buon samaritano, che soccorre chi nella sua vita è stato colpito dalla violenza della vita e soffre i dolori del cammino, nel tentativo di cercare migliori condizioni di vita per se stessi e le loro famiglie”. È questa l’esortazione che mons. Jaime Calderón Calderón vescovo di Tapachula, rivolge ai suoi fedeli, nel momento in cui la prima carovana di migranti del 2020, partita mercoledì da San Pedro Sula (Honduras), dopo aver attraversato il Guatemala, è giunta di fronte al rio Suchiate, alla frontiera messicana. Tapachula, nello Stato del Chiapas, è infatti la diocesi frontaliera messicana e per questo, da anni, la più esposta nell’accoglienza dei migranti. Le autorità messicane – riporta l’Agenzia Sir - non sembrano intenzionate a “far passare” la carovana, composta da circa 1.000 persone, in gran parte honduregne, e in percentuale considerevole donne e bambini, tutte con l’intenzione di giungere negli Stati Uniti.