Mar Sako, tre anni da patriarca: unità e servizio per il futuro della Chiesa in Iraq

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L’ordinazione di sei nuovi vescovi; la riforma della liturgia della messa caldea, del battesimo, dei matrimoni, per “mantenere la peculiarità e l’originalità orientale” e “sbarazzarsi delle strane tradizioni” che “non sono in linea con ciò che insegna la Bibbia”; nuove leggi per “raggiungere la giustizia” fra i membri del clero, rafforzando il lavoro spirituale, il desiderio di servire, l’obiettivo di unità; rafforzare il ruolo del patriarcato in Iraq, perché “il futuro della nostra Chiesa è qui, nella nostra terra”. Sono questi gli obiettivi principali raggiunti dalla Chiesa irakena in questi tre anni, dalla elezione a Patriarca caldeo, il 31 gennaio 2013, di Mar Louis Raphael I Sako e che sua beatitudine ha illustrato in una lettera pastorale diffusa in queste ore.
Nato il 4 luglio del 1948 a Zakho, nel nord dell'Iraq, è stato ordinato sacerdote il 1 giugno del 1974. Da arcivescovo di Kirkuk, egli ha più volte denunciato l'esodo dei cristiani dal Paese - la popolazione è pressoché dimezzata negli ultimi anni - e lanciato appelli ai vertici della Chiesa e della politica locale, oltre che alla comunità internazionale, per garantire loro un futuro. Nel 2008 ha ricevuto il premio Defensor Fidei e, due anni più tardi, il riconoscimento internazionale Pax Christi.
Nel testo, inviato ad AsiaNews, il patriarca di Babilonia dei Caldei e presidente della Conferenza episcopale irakena vuole “ringraziare Dio per tutti”, per “le difficoltà e le sfide che abbiamo affrontato” e per “l’agonia che è derivata”; tutte queste sofferenze, aggiunge, “non sono però riuscite ad annientarci” e “non hanno spazzato via la nostra speranza”.
Nella lettera pastorale mar Sako ricorda che, quest’anno, la Chiesa universale celebra l’Anno giubilare della misericordia e, per questo, “io stesso sono il primo a dover vivere e praticare la misericordia”. Il patriarca caldeo vuole “approfittare di questa occasione per chiedere a quanti sono stati feriti e offesi di accettare le mie più sincere scuse”, anche se invita a non fare confusione “fra amministrazione pastorale e relazioni personali”. Il riferimento è ai contrasti, in parte rientrati, con parte del clero caldeo della diaspora, in particolare una diocesi negli Stati Uniti.
“La mia croce è pesante, ma voglio portarla con fede, fiducia e felicità - aggiunge il primate - per servire la mia Chiesa caldea, tutti i cristiani in Iraq e il mio Paese per intero”. Con il contributo delle persone di buona volontà, aggiunge, “prometto di fare del mio meglio per proteggere la nostra identità […] sostenendo la pace, promuovendo un linguaggio di dialogo e coesistenza reciproca”.
Mar Sako auspica che l’opera per la Chiesa e i fedeli sia ancorata a una solida “base umana ed evangelica”, anche se “fa male vedere il mio amato Paese fatto a pezzi, con migliaia di persone innocenti ferite o uccise, milioni di sfollati e terribili demolizioni ovunque”. Per questo è giunto il momento di “rinnovare il nostro impegno verso la nostra terra e verso il prossimo, in qualità di membri di un’unica famiglia irakena”, a dispetto delle differenze.
Infine, il patriarca Sako torna sulle divisioni - soprattutto politiche - che affliggono i cristiani, che ne vanificano gli sforzi, “L’unità è un potere speciale - ricorda - a livello spirituale, umano, sociale e politico”. Vi è bisogno di azione, non “di discorsi e di vane promesse” che deve concretizzarsi nela nascita di un movimento cristiano unificato che agisca in qualità di referente politico, già a partire dalle prossime elezioni. L’ultimo richiamo è al digiuno e alla preghiera “per il periodo di Quaresima”.

Last modified on Wednesday, 03 February 2016 15:38

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