Beato Pino Puglisi: Martire Della Cultura Mafiosa

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Uno dei fenomeni sociali, che sta avvelenando il cammino della umanità e che si é convertito in una  cultura, cioè in un maniera di essere, di pensare e di agire, é la “mafia”, é la “corruzione”.  Tradizionalmente  questo fenomeno si considerava come proprio di alcune zone del  sud di Italia, pero oggi é diventato un fenomeno nazionale, anzi  universale.  Quasi ogni giorno appare sui giornali o nei notiziari televisivi qualche notizia relazionata con  questo fenomeno.

Nella Bolla  di indizione del Giubileo straordinario della Misericordia, papa Francesco ha scritto: “ Il mio invito alla  conversione si  rivolge con ancora più insistenza verso quelle persone che si trovano lontane dalla grazia di Dio per la loro condotta di vita.  Penso in  modo particolare agli uomini e alle donne che  appartengono a un gruppo criminale, qualunque esso sia.  Per il vostro bene, vi chiedo di cambiare vita.  Ve lo chiedo nel nome del Figlio di Dio che, pur combattendo il peccato, non ha mai rifiutato nessun peccatore.  Non cadete nella terribile trappola di pensare che la vita dipende  dal denaro e che di fronte ad esso tutto il  resto diventa privo  di valore e di dignità.  E’ solo un’illusione. Non portiamo  il denaro con noi nell’aldilà. Il denaro non ci dá la vera felicità. La violenza usata per ammassare soldi che grondano sangue non  rende potente né immortali. Per tutti, presto o tardi, viene il giudizio di Dio a cui nessuno potrà sfuggire.

    Lo stesso invito  giunga anche alle persone fautrici o complici di corruzione. Questa piaga putrefatta della società é un grave peccato  che grida verso il cielo, perché mina fin dalle fondamenta la vita personale e sociale.    La corruzione impedisce di guardare il  futuro con  speranza, perché con la sua prepotenza e avidità distrugge i progetti dei deboli e schiaccia i più poveri.  E’ un  male che si annida  nei gesti  quotidiani per estendersi poi negli scandali pubblici.  La corruzione é un accanimento nel peccato, che intende sostituire Dio con l’illusione del denaro come forma di potenza.  E’ un’opera delle tenebre, sostenuta dal sospetto e dall’intrigo.  Corruptio  optimi pessima, diceva con ragione  san Gregorio Magno per indicare  che nessuno  può sentirsi immune da questa tentazione.  Per debellarla dalla vita personale e sociale sono necessarie prudenza, vigilanza, lealtà, trasparenza, unite al coraggio della denuncia.  Se non la si combatte apertamente, presto o tardi rende complici  e distrugge l’esistenza.

Questo é il momento favorevole per  cambiare vita!     Questo é il tempo per lasciarsi toccare il cuore . Davanti al male commesso, anche a crimini gravi, é il momento di  ascoltare il pianto delle persone innocenti depredate dei beni, della dignità, degli affetti, della stessa vita.  Rimanere  sulla via del male é solo fonte di illusione e di tristezza .  La vita é ben altro. Dio non si stanca di tendere la mano. E’ sempre disposto ad ascoltare, e anch’io lo sono, come i miei fratelli vescovi e sacerdoti.   È sufficiente solo accogliere  l’invito alla conversione e sottoporsi alla giustizia, mentre la Chiesa offre la misericordia.” (MV, 19)

Alla luce delle parole del Papa è per noi un dovere in quest’Anno Santo della Misericordia riflettere su questo  fenomeno sociale e ricordarne le vittime. La lista delle vittime a livello mondiale é lunghissima.  Fra le tante, ho scelto don Pino Puglisi che é stato beatificato il 25 maggio 2013. Ricordandolo il girono dopo,  il 26 maggio 2013, Papa   Francesco ha detto: “Don Puglisi  é stato un sacerdote esemplare, dedito specialmente alla pastorale giovanile. Educando i ragazzi  secondo il Vangelo vissuto li sottraeva alla malavita  e così questa ha cercato di sconfiggerlo  uccidendolo. In realtà però é lui cha ha vinto con Cristo risorto”.

Don Pino Puglisi é stato Parroco di frontiera  nel difficile quartiere Brancaccio di Palermo.   Era nato proprio in quel quartiere  il 15 settembre 1937 e fu ucciso  il giorno del suo compleanno, il 15 settembre 1993,quando compiva i 56 anni.     Fu ucciso per la sua azione  pastorale in aperta  contrapposizione al regime di terrore, morte e sopraffazione imposto nel quartiere dalla mafia. La colpa peggiore di don Pino era quella di aver dato vita al Centro Padre Nostro, situato in un  crocevia strategico del quartiere  di Brancaccio, il Centro don Pino cercava di offrire  ai bambini e ai giovani uno spazio educativo alternativo.  Una persona disarmata, non violenta, sorridente, che usa la parola  e la educazione per ribellarsi e per insegnare a ribellarsi a un sistema di morte,  si convertì in una spina nel fianco della mafia, e per questo  doveva essere eliminato. Però, come ha detto l’arcivescovo d Palermo, il card. Romeo :” La mano mafiosa che lo ha barbaramente assassinato ha liberato la vita vera di questo “chicco di grano” che nella sua opera  di evangelizzazione moriva ogni  giorno per portare frutto. Quella mano assassina ha amplificato oltre lo spazio e il tempo la sua  delicata voce sacerdotale, e lo ha donato martire non  solo  a Brancaccio ma al mondo intero”.

Il migliore commento alla figura e all’azione del beato Pino Puglisi lo incontro in un documento  di un altro martire, don Giuseppe Diana, ucciso dalla camorra a Casal di Principe il 19 marzo 1994, mentre si accingeva a celebrare messa.

Questo documento che si intitola “PER AMORE DEL MIO POPOLO”, fu diffuso a Natale del 1991 in  tutte le chiese di Casal di Principe della diocesi di Aversa da don Peppino Diana e dai parroci della  forania di Casal di Principe:

“Siamo preoccupati.

Assistiamo impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i loro figli finire miseramente vittime o mandanti delle organizzazioni  della camorra.  Come battezzati in Cristo, come pastori della Forania di Casal di Principe ci sentiamo investiti in pieno della nostra responsabilità di essere “segno di contraddizione”.   Coscienti che come Chiesa dobbiamo educare con la parola e con la testimonianza di vita alla  prima beatitudine  del Vangelo che é la povertà, come distacco  dalla ricerca del superfluo, da ogni ambiguo compromesso o ingiusto privilegio, come servizio fino al dono di sé, come esperienza generosamente vissuta di  solidarietà.

La Camorra.

La camorra oggi é una  forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente endémica nella società campana. I camorristi impongono con la  violenza, armi in pugno, regole inaccettabili, estorsioni che hanno visto le nostre zone diventare sempre più aree sussidiate, assistite senza alcuna autonoma capacità di sviluppo, tangenti al 20 per centro e oltre sui lavori edili, che scoraggerebbero l’imprenditore più temerario; traffici illeciti per l’acquisto e lo spaccio delle sostanze stupefacenti  il cui uso produce a schiere giovani emarginati, e manovalanza a disposizione delle organizzazioni criminali, scontri tra diverse fazioni  che si abbattono  come veri flagelli devastatori sulle famiglie delle nostre zone, esempi  negativi  per tutta la fascia adolescenziale della popolazione, veri e propri laboratori di  violenza e di crimine organizzato.

Precise responsabilità politiche.

È ormai chiaro  che il disfacimento delle istituzioni civili ha consentito l’infiltrazione del potere camorristico a tutti i livelli. La Camorra riempie  un  vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche è caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi.  La Camorra rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a quello ufficiale, privo però di burocrazia e d’intermediari che sono la  piaga dello Stato legale. L’inefficienza delle politiche occupazionali, della sanità, ecc., non possono che creare sfiducia negli abitanti dei nostri paesi;  un preoccupato senso di rischio che si Va facendo più forte ogni giorno che passa, l’inadeguata tutela dei legittimi interessi e diritti dei liberi cittadini; le carenze anche della  nostra azione pastorale ci devono convincere che l’Azione di tutta la Chiesa deve farsi più tagliente  e meno neutrale per permettere alle parrocchie di riscoprire quegli spazi per una “ministerialità” di liberazione, di promozione umana e di servizio. Forse le nostre comunità avranno bisogno di nuovi modelli di  comportamento: certamente di realtà, di testimonianza, di esempi, per essere credibili.

Impegno dei cristiani.

Il nostro impegno profetico di denuncia non deve e non può venire meno. Dio ci  chiama ad essere profeti

-       Il Profeta fa da sentinella: vede l’ingiustizia, la denuncia e richiama il  progetto originario di Dio (Ezechiele 3,16-18)

-       Il Profeta  ricorda il passato e se ne serve  per cogliere nel presente il nuovo (Isaia 43)

-       Il Profeta invita a  vivere e vive lui stesso la Soldarietà della sofferenza (Genesi 8,18-23)

-       Il Profeta indica come prioritaria  la via della giustizia (Geremia 22,3 – Isaia 5)

Coscienti che “ il nostro aiuto è nel nome del Signore” come credenti in Gesù Cristo il quale “al finir  della notte si ritirava sul monte a pregare” riaffermiamo il valore  anticipatorio della Preghiera che é la  fonte della nostra Speranza.

 

NON UNA CONCLUSIONE: MA UN INIZIO

Appello. Le nostre “Chiese hanno, oggi, urgente bisogno di indicazioni articolate per impostare  coraggiosi piani pastorali, aderenti alla nuova realtà; in particolare, dovranno farsi promotrici di  serie analisi sul piano culturale, politico ed economico,  coinvolgendo in ciò  gli intellettuali finora troppo assenti da queste piaghe”. Ai preti nostri pastori e confratelli chiediamo di parlare chiaro nelle omelie ed in  tutte quelle occasioni  in  cui si richiede una testimonianza  coraggiosa.   Alla Chiesa che non rinunci al suo ruolo “profetico” affinché gli strumenti della denuncia e dell’annuncio  si concretizzino nella capacità di produrre nuova coscienza nel segno della giustizia, della solidarietà, dei valori etici e civili. (Lam.3, 17- 26)  Tra qualche anno, non vorremmo batterci il petto colpevoli e dire con Geremia : “Siamo rimasti lontani dalla pace… abbiamo dimenticato  il benessere … La continua esperienza del nostro incerto vagare, in alto e in basso, ….dal nostro penoso disorientamento circa quello che bisogna decidere e fare… sono  come assenzio e veleno”.

Questo documento ci fa sentire il profumo della spiritualità samaritana, propria dell’Anno Santo della Misericordia, vissuta nel contesto della realtà moderna. È importante “vedere” con occhio critico e denunciare la realtà intrisa di mafia, camorra, corruzione…  però è ancora più importante “sentire compassione” e cercare tutte le strade per “curare” e “salvare”.

L’esempio di don Pino Puglisi ci insegna che la spiritualità e la pratica  della  compassione, della misericordia, dell’amore sono il cammino che salverà il mondo. Il riassunto più bello della sua vita è nella frase del Vangelo di san Giovanni scritta sulla sua tomba: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”. Anche noi,animati dalla  spiritualità samaritana, sull’esempio del beato Pino Puglisi, dobbiamo rinnovare il nostro impegno di dare una testimonianza di compassione, di misericordia e di amore di fronte a una realtà piena di violenza, di odio e di morte.

L’esempio di don Pino Puglisi ci  ricorda l’esempio  di Gesù e di tanti martiri che hanno dato la vita per amore e sono stati ostinati ed ottimisti seminatori di vita.                                             

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