Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il Regno dei Cieli

Pubblicato in Preghiera missionaria

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ASCOLTA

In quel tempo il tetrarca Erode ebbe notizia della fama di Gesù. Egli disse ai suoi cortigiani: «Costui è Giovanni il Battista risuscitato dai morti; per ciò la potenza dei miracoli opera in lui». Erode aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione per causa di Erodìade, moglie di Filippo suo fratello. Giovanni infatti gli diceva: «Non ti è lecito tenerla!». Benché Erode volesse farlo morire, temeva il popolo perché lo considerava un profeta. Venuto il compleanno di Erode, la figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode che egli le promise con giuramento di darle tutto quello che avesse domandato. Ed essa, istigata dalla madre, disse: «Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re ne fu contristato, ma a causa del giuramento e dei commensali ordinò che le fosse data e mandò a decapitare Giovanni nel carcere. La sua testa venne portata su un vassoio e fu data alla fanciulla, ed ella la portò a sua madre. I suoi discepoli andarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informarne Gesù. (Mt 14, 1-12)

RIFLETTI

Sono diventato giudice perché nutrivo grandissima passione per il diritto civile ed entrai in magistratura con l'idea di diventare un civilista, dedito alle ricerche giuridiche e sollevato dalle necessità di inseguire i compensi dei clienti. La magistratura mi appariva la carriera per me più percorribile per dar sfogo al mio desiderio di ricerca giuridica, non appagabile con la carriera universitaria per la quale occorrevano tempo e santi in paradiso.     Fui fortunato e divenni magistrato nove mesi dopo la laurea (1964) e fino al 1980 mi occupai soprattutto di cause civili, cui dedicavo il meglio di me stesso. È vero che nel 1975 per rientrare a Palermo, ove ha sempre vissuto la mia famiglia, ero approdato all'Ufficio Istruzione Processi Penali, ma ottenni l'applicazione, anche se saltuaria, ad una sezione civile e continuai a dedicarmi soprattutto alle problematiche dei diritti reali, delle dispute legali, delle divisioni ereditarie etc.

Il 4 maggio 1980 uccisero il Capitano Emanuele Basile ed il Comm. Chinnici volle che mi occupassi io dell'istruzione del relativo procedimento. Nel mio stesso ufficio frattanto era approdato, provenendo anche egli dal civile, il mio amico di infanzia Giovani Falcone e sin dall'ora capii che il mio lavoro doveva essere un altro. Avevo scelto di rimanere in Sicilia ed a questa scelta dovevo dare un senso. I nostri problemi erano quelli dei quali avevo preso ad occuparmi quasi casualmente, ma se amavo questa terra di essi dovevo esclusivamente occuparmi. Non ho più lasciato questo lavoro e da quel giorno mi occupo pressoché esclusivamente di criminalità mafiosa. E sono ottimista perché vedo che verso di essa i giovani, siciliani e no, hanno oggi una attenzione ben diversa da quella colpevole indifferenza che io mantenni sino ai quarant’anni. Quando questi giovani saranno adulti avranno più forza di reagire di quanto io e la mia generazione ne abbiamo avuta. (Dall’ultima lettera del giudice Paolo Borsellino del 19 luglio 1992)

DOMANDE

Se dovessi dire con parole tue cos’è per te la persecuzione, come la descriveresti? Quali vantaggi hai trovato nella tua vita di cristiana nel vivere questa parola?  Quali difficoltà?

La lotta appassionata per la legalità e la giustizia costituiscono ancora un elemento importante nella tua vita e nel contesto di relazioni che frequenti? Ne vale ancora la pena?

PREGA

Signore, giudica chi mi accusa,
combatti chi mi combatte.
Afferra i tuoi scudi e sorgi in mio aiuto.

Vibra la lancia e la scure contro chi mi insegue,
dimmi: «Sono io la tua salvezza».
Siano confusi e coperti di ignominia
quelli che attentano alla mia vita;
retrocedano e siano umiliati quelli che tramano la mia sventura.

Siano come pula al vento
e l'angelo del Signore li incalzi;
la loro strada sia buia e scivolosa
quando li insegue l'angelo del Signore.

Poiché senza motivo mi hanno teso una rete,
senza motivo mi hanno scavato una fossa.
Io invece esulterò nel Signore
per la gioia della sua salvezza.

Tutte le mie ossa dicano:
«Chi è come te, Signore, che liberi il debole dal più forte,
il misero e il povero dal predatore?».

Sorgevano testimoni violenti,
mi interrogavano su ciò che ignoravo,
mi rendevano male per bene: una desolazione per la mia vita.
(Salmo 34,1-12)

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