Il seminatore uscì a seminare

Pubblicato in Preghiera missionaria

G. Le letture di questa domenica ci invitano ad approfondire in maniera unitaria il tema della parola. Nella storia della Chiesa le epoche di «aggiornamento» hanno sempre portato ad una restaurazione dell’ascolto e del confronto con la parola di Dio. E quello che sta avvenendo oggi. Lo prova il fervore di studi provocati dal Concilio e lo conferma la riforma liturgica che si sforza di ridare alla celebrazione della parola il posto che le compete. Anche oggi, come al tempo di Gesù, è la parola che convoca e raduna la Chiesa attorno al Padre, ed è nell’approfondimento della parola che i cristiani prendono coscienza di essere famiglia di Dio, suo nuovo popolo di salvati. E ancora l’atteggiamento nei confronti della parola (di indifferenza, di rifiuto, di trascuratezza, o di accoglienza) che definisce la nostra posizione nel regno di Dio.

SAC. “Il seme è la parola di Dio, il seminatore è Cristo:
chiunque trova lui, ha la vita eterna.”

+ Dal Vangelo secondo Matteo: (Mt 13,1-23)

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia. Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti». Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti, a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice: “Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile, sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi, perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!”. Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono! Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno». Parola del Signore.

Pausa di Silenzio

G. L’immagine del seminatore domina con tutta evidenza la Liturgia della Parola di questa domenica. Se fosse un contadino reale, quello della parabola sarebbe quantomeno imprudente a voler seminare in qualsiasi tipo di terreno, addirittura tra le pietre o sulla strada. Ma il Dio seminatore getta i suoi semi dappertutto, perché ha fiducia e scommette che anche l’aridità possa diventare feconda. Prima ancora di puntare l’attenzione sul terreno, l’attenzione va posta sul contadino che si appresta per la semina: egli non si preoccupa di selezionare prima i destinatari della sua opera, ma vuole rimandare la sua valutazione a partire dai frutti. Fuor di metafora: Dio dimostra ancora una volta di ragionare ‘da Dio’ per la fiducia che ripone in noi uomini, per la lungimiranza che nella sua onniscienza coglie il mistero di una vita, di una libertà che potrà dire sì o no, che potrà rispondere all’invito o invece rifiutare, che potrà accogliere la Parola in tempi e modi umanamente non prevedibili o comprensibili.

Tutti

Dal Salmo 65:   Tu visiti la terra, Signore, e benedici i suoi germogli.

Tu visiti la terra e la disseti,
la ricolmi di ricchezze.
Il fiume di Dio è gonfio di acque;
tu prepari il frumento per gli uomini.

Così prepari la terra:
ne irrìghi i solchi, ne spiani le zolle,
la bagni con le piogge e benedici i suoi germogli.

Coroni l’anno con i tuoi benefici,
i tuoi solchi stillano abbondanza.
Stillano i pascoli del deserto
e le colline si cingono di esultanza.

I prati si coprono di greggi,
le valli si ammantano di messi:
gridano e cantano di gioia!

Pausa di Silenzio

1L. La parola di Dio, per bocca di Paolo, ci invita audacemente a «entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio». La nostra identità cristiana rappresenta uno straordinario titolo di nobiltà: ciascuno di noi è figlio di Dio, Dio stesso ci è promesso in eredità, non per donarci soltanto qualcosa, ma se stesso.

2L. Nella casa di Dio, ci dice Gesù, noi non siamo servi ma amici. Il Padre ci accoglie, ci riveste di una tunica, ci mette un anello al dito, dei sandali ai piedi, tutti simboli di una relazione di familiarità con lui.

1L. Quindi - come dice Paolo nella Prima lettera ai Corinzi - «tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio».

2L. La qualità principale dei figli di Dio è soprattutto in questa libertà, il cui garante principale è la parola di Dio. Tutto ci è dato nella parola di Dio, tutto è nostro attraverso di essa.

1L. Essa è «come la pioggia e la neve [che] scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra».

2L. È inviata dal Signore per irrigare il nostro cuore, dare fecondità alla nostra vita, essere nutrimento, dissetare la nostra sete di senso, darci freschezza nei momenti di pesantezza della nostra vita, aiutarci a ritrovare la speranza, farci sentire che non siamo soli. Questa Parola è sorgente di immensa consolazione.

1L. Basta una frase del salmo: «Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce».

2L. Oppure: «Ho sperato, ho sperato nel Signore, ed egli su di me si è chinato, ha dato ascolto al mio grido».

1L. Oppure la frase di Gesù nel vangelo di domenica scorsa: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro».

2L. Una tale sorgente di acqua sempre fresca, di consolazione sempre nuova, di gioia e soprattutto di pace, è a nostra disposizione. In ogni momento possiamo aprire la Bibbia e ritrovarvi conforto.

1L. Bisogna riconoscere però che, il più delle volte, la nostra relazione con la Parola somiglia piuttosto a quanto dice Gesù nel vangelo: «Udrete, sì, ma non comprenderete, guarderete, sì, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile». Il nostro cuore è diventato insensibile perché i nostri orecchi e i nostri occhi si sono chiusi alla Parola.

2L. Perdere la libertà dei figli di Dio consiste proprio in questo: precluderci per negligenza l’accesso al tesoro, all’eredità che il Signore ha messo a nostra disposizione e che noi lasciamo al chiuso in uno scrigno, senza neanche avere la curiosità di aprirlo per scoprire quali ricchezze contenga.

3L. La libertà cristiana cresce solo se la Parola è accolta, amata, meditata e compresa. Chi vive della parola di Dio è libero perché può attingere a una sorgente inesauribile di senso, come Gesù stesso afferma:

4L. «Il cielo e terra passeranno», tutte le cose che ci sembrano importanti in questa vita, sia quelle positive che quelle negative, passeranno, «ma le mie parole non passeranno».

3L. E altrove: «Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna». E ancora: «Le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita».

4L. Nella nostra relazione con la parola di Dio risiede dunque la sfida fondamentale della vita di fede, la possibilità di preservare la nostra libertà di figli di Dio.

3L. Ecco perché il vangelo ci esorta così vivamente a stare attenti a non lasciare questo seme della Parola cadere lungo la strada: gli uccelli del cielo potrebbero venire a rubarlo. Gesù spiega che questo succede ogni volta che uno ascolta la parola di Dio e non la comprende.

4L. Comprendere vuol dire «prendere con», avvolgere la parola che riceviamo con l’intelligenza e con il cuore. È come quando ci è dato un tesoro prezioso: lo circondiamo con le nostre braccia e lo mettiamo al riparo vicino al nostro cuore. Il seme della parola di Dio deposto nel nostro cuore va avvolto, serbato, meditato.

3L. Siamo invitati a ripensarci e a cercare di aderirvi con il cuore, altrimenti è inevitabile che la prima distrazione la porti via come farebbe un uccello con un seme lasciato incustodito.

4L. Siamo poi invitati a non essere come un terreno sassoso, nel quale c’è giusto abbastanza terra perché il seme germogli, ma non la profondità che gli permette di affondare in noi le proprie radici.

3L. Questo è il simbolo dell’incostanza, della mancanza di perseveranza: ci entusiasmiamo quando qualcosa ci parla, ma poi ci lasciamo assorbire dalle altre occupazioni della vita e perdiamo il contatto vivente, quotidiano, con la Parola.

4L. Infine ci sono i rovi. La parola di Dio, anche nel cuore di coloro che desiderano accoglierla e che cercano di coltivarla, è soffocata dalle preoccupazioni, dalla spirale di attività che, buone in se stesse, possono però anche diventare un alibi per fuggire i momenti di silenzio e di raccoglimento necessari perché questa Parola non sia soffocata, perché la fiamma che il Signore accende nel nostro cuore non si smorzi.

3L. Nella qualità del nostro ascolto della Parola è dunque in gioco la nostra libertà cristiana. «State dunque saldi», dice Paolo, «e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù».

4L. Per questo, accogliamo il seme con un cuore fedele, desideroso, assiduo, che sappia avvolgerla, conservarla e le permetta di dispiegare tutta la sua fecondità.

Tutti

Liberami, Signore Gesù,
dal credermi più sapiente di te
per sentire la sete della tua Parola.

Liberami dal facile desiderio di cambiare modo di vivere
lasciando tutto come prima.

Liberami dalla tentazione di comprare una Bibbia
solo per tenerla in mostra nello scaffale di casa.

Liberami dalla tentazione di non comunicare agli altri
la tua Parola, soffocandola in me.

Rendimi, Signore Gesù, un campo aperto e arato
ove la tua Parola cresca e produca il massimo utile.

Fa’ di me, o Signore, un uomo “posseduto” dalla Parola,
così da camminare sempre a te vicino e con te nel cuore,
sorridendo alla vita per amore.

Pausa di Silenzio

5L. Gesù amava i campi di grano, le distese di spighe, di papaveri, di fiordalisi, di margherite. Dice: «Neanche Salomone in tutta la sua bellezza fu mai vestito come ì fiori del campo». E oggi osserva un seminatore e nel suo gesto intuisce qualcosa di Dio.

6L. La gioia di immaginare un Dio così: che esce a seminare per le strade del mondo e del cuore, che sparge a piene mani i suoi germi di vita. Ed è subito profezia di estate, di pane, di tavole imbandite, di fame finita.

5L. Questa parabola contiene la certezza che domani io sarò più vivo di oggi. E questo non per mio merito, ma per merito della seminagione perenne di Dio in me, che sono terra di sassi e spine, eppure capace di ricevere e dare vita.

6L. Dio è come la primavera del cosmo, e noi dovremmo riuscire a essere l’estate del mondo, l’estate che porta a maturazione i suoi semi e l’autunno profumato di frutti.

5L. Ogni cuore è una zolla di terra buona, adatta a dare vita ai semi di Dio. Eppure quante volte ho fermato il miracolo, io che sono strada calpestata, terra di pietre e sassi, io che coltivo spine nel cuore.

6L. «Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono». Il primo errore lo compio quando sono strada, uno che non si ferma mai.

5L. La parola di Dio chiede un minuto di sosta, di silenzio, un minuto di passione: chi corre sempre è derubato di senso, derubato della sete di infinito che costituisce la nostra grandezza.

6L. «Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra». Il secondo errore è un cuore poco profondo, un cuore che non accoglie, non custodisce, non medita, non conserva. Così fa il cristiano adolescente che è in me, che si accontenta di sensazioni e non approfondisce.

7L. «Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono». Molte spine possono soffocare la crescita del germoglio divino in noi: l’ansia delle ricchezze, del benessere, della carriera, e poi la fatica del quotidiano, conciliare famiglia e lavoro, resistere alla solitudine, alla paura, allo sconforto, talvolta pensioni da fame o la precarietà del lavoro.

8L. Tutte queste cose soffocano la fiducia in Dio e possono farti credere che in te non c’è terreno buono per far germogliare il seme divino o un sogno grande.

7L. Ma il centro della parabola non è negli errori dell’uomo: il protagonista è Dio, ciò che lui fa; non è un seminatore distratto o maldestro, ma generoso, che non fa mancare a nessuno i suoi doni. E importante che spostiamo lo sguardo da noi a Dio.

8L. Allora nasce la gioia e la fiducia che, per quanto io sia arido, sterile, spento, Dio continua a seminare in me, senza sosta. Contro tutti i rovi e le spine, contro tutti i sassi e le strade, lui vede una terra capace di accogliere e di fiorire.

7L. «Il seminatore uscì a seminare»: ancora adesso cammina per le strade del mondo e le strade del cuore; ed è grande questo Dio seminatore, questo Dio contadino pieno di fiducia nella forza del seme e nella bontà di quel pugno di terra che sono io, che sei tu, al tempo stesso campo di rovi e terra capace di Dio.

8L. Mi commuove questo Dio che in me ha seminato così tanto per tirar su così poco. Lui sa che per tre volte, come dice la parabola, per infinite volte, come dice la mia esperienza, non rispondo, ma poi accade che una volta rispondo, e allora è il trenta, il sessanta, il cento per uno.

7L. Mi piace tanto questo Gesù che racconta in parabole. La parabola fa parlare la vita. Le piccole cose della vita non sono vuote, c’è qualcosa di Dio in loro.

8L. E se noi avessimo occhi per guardare la vita, le piccole cose, il seme, la spiga, il fiore, il movimento del cielo, il lavoro degli uomini e i loro amori, se avessimo la profondità degli occhi di Gesù, allora anche noi in questa vita comporremmo parabole, parleremmo di Dio con parabole e poesia, proprio come faceva Gesù.

Tutti

Signore Gesù, divino Seminatore,
vieni a compiere il tuo lavoro
nel campo che siamo noi.

Prepara il terreno, liberandolo dai rovi e dai sassi,
ara con solchi profondi la dura terra,
sarchia, spiana le zolle e poi,
attraversando il campo a lunghi passi,
con gesto grandioso, solenne,
gettavi dentro il seme a spaglio con le tue larghe mani.

Gesù, divino Seminatore e seme di vita eterna,
vieni, in questa ora di grazia,
a seminare nei nostri cuori la tua Parola, te stesso,
e a farci germogliare, fiorire e fruttificare
nella chiesa pellegrina sulla terra per i granai del Cielo.

Pausa di Silenzio

Padre Nostro

G. Gesù, ho ascoltato la tua parabola, tanto semplice quanto profonda, e la spiegazione che tu stesso, divino Maestro, mi hai dato. Io non ho altro da aggiungere che una invocazione: aiutaci a metterla in pratica con quel rispetto per ogni terreno, che ha lo stesso tuo Padre, divino seminatore. Oggi tutti vogliamo il massimo rendimento, il cento per uno. Anche nella Chiesa si fa strada la mentalità efficientista, a scapito delle lunghe attese pazienti e della speranza. Signore accresci alla tua Chiesa, nostra madre, questa visione soprannaturale che tu ci proponi. Solo così, anche se spesso siamo come il sasso, ho la speranza di diventare terra buona, e se ora produco per dieci, allora riuscirò a produrre per cento i frutti di santità che non nascono dall’efficientismo, ma dalla tua pazienza e dalla mia decisa e accresciuta buona volontà.

Ultima modifica il Domenica, 05 Luglio 2020 23:49

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