Atti degli apostoli (6). Comunità, insegnamento, celebrazione e carità

Atti degli apostoli (6). Comunità, insegnamento, celebrazione e carità Foro IMC Venezuela
Pubblicato in Preghiera missionaria
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La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune. Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno. Così Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Bàrnaba, che significa «figlio dell’esortazione», un levita originario di Cipro, padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò il ricavato deponendolo ai piedi degli apostoli.

Un uomo di nome Anania, con sua moglie Saffìra, vendette un terreno e, tenuta per sé, d’accordo con la moglie, una parte del ricavato, consegnò l’altra parte deponendola ai piedi degli apostoli. Ma Pietro disse: «Anania, perché Satana ti ha riempito il cuore, cosicché hai mentito allo Spirito Santo e hai trattenuto una parte del ricavato del campo? Prima di venderlo, non era forse tua proprietà e l’importo della vendita non era forse a tua disposizione? Perché hai pensato in cuor tuo a quest’azione? Non hai mentito agli uomini, ma a Dio». All’udire queste parole, Anania cadde a terra e spirò. Un grande timore si diffuse in tutti quelli che ascoltavano. Si alzarono allora i giovani, lo avvolsero, lo portarono fuori e lo seppellirono. (Atti 4,32–5,6)

RIFLETTI

Nei primi cinque capitoli del libro degli Atti troviamo tre passaggi, che descrivono in modo riassuntivo la vita delle prime comunità di Gerusalemme (Atti 2,42-47; 4,32-35; 5,12-14). Questi paesaggi, chiamati riassunti, sono spesso generalizzati, usando espressioni come: "tutti, tutti i giorni..." ma nel libro nel suo complesso svolgono una doppia funzione: da un lato danno un'idea generale, una panoramica, e dall'altro servono a fare una transizione tra alcune storie e altre. Ma le prime comunità erano così come le descrive l'autore del libro degli Atti? 

Quattro dimensioni fondamentali

Illuminata dal testo che abbiamo appena letto, l'intera comunità deve considerare la propria vita alla luce dei seguenti pilastri: 

La comunione di vita, chiamata anche koinonia, è la parte fondamentale del messaggio di Gesù, è il "guardate come si amano", è una chiamata a vivere l'amore fraterno. Non dovremmo offrire al mondo questa forma alternativa di convivenza in cui tutti siamo chiamati ad essere fratelli?

L'insegnamento, la catechesi o la predicazione, che chiamiamo anche didaskalía, è l'urgenza della Chiesa di essere missionaria, di annunciare la Buona Novella di Gesù risorto. Non chiede forse a ciascuno di noi di ascoltare l'insegnamento degli apostoli, la Parola di Dio? E che ci prepariamo a poterlo annunciare agli altri? 

La celebrazione della fede o della leiturgia è l'incontro gioioso di uomini e donne che hanno bisogno di lodare e ringraziare per il dono del Padre in Gesù, il Risorto. È la festa della vita che incoraggia lo Spirito. Celebriamo i sacramenti come eventi della vita? La nostra Eucaristia è il luogo dove la comunità rinasce ogni giorno? I momenti liturgici danno senso al nostro cammino?

Il servizio ai poveri chiamato anche diaconia significa che nella comunità non solo si predica e si celebra il dono di Dio, ma che si fa carico della vita dei più piccoli, dei più deboli. La Chiesa deve sempre schierarsi per la vita e impegnarsi a lottare contro ogni tipo di ingiustizia e di morte. 

Le quattro dimensioni appena descritte costituiscono la linfa vitale che sostiene la nostra fede. 

Una visione idealizzata per scopi catechistici

La descrizione offerta dai riassunti è probabilmente più un ideale che una realtà storica. Ciò che si dice in questi testi della vita delle prime comunità è l'utopia verso la quale guardavano con grande speranza. È successo a loro come noi, che non sempre hanno ottenuto ciò che si erano proposti. 

Lo stesso libro degli Atti ci dice che sorsero conflitti anche tra quei primi discepoli. Già nel quinto capitolo l'armonia della comunità è rotta perché Anania e Saffira ingannano i fratelli (At 5,1-11). Nel sesto capitolo incontriamo una nuova difficoltà: gli ellenisti (cristiani di cultura greca) si lamentano con i discepoli di origine ebraica perché le loro vedove non erano ben curate (At 6,1-7). Grandi difficoltà appariranno quando i primi pagani entreranno nella comunità. In ogni caso, i tre riassunti di cui abbiamo appena parlato descrivono i fondamenti essenziali su cui si è basata la loro convivenza. 

La comunione dei beni

L'aspetto che certamente più colpisce sia i giudei che i pagani è la comunione totale dei beni. Essa opera silenziosamente una vera rivoluzione sociale, senza ribellioni, senza spargimento di sangue. Per non rimanere un idea astratta, un’ideologia, la fede deve arrivare a questa concretezza. La fede è una vita che crea comunione, fraternità, dove si fa a gara per venire incontro alle necessità dei poveri. Spicca subito l'esempio generoso di Giuseppe, soprannominato Barnaba, che significa "figlio dell'esortazione" o della consolazione. Essendo padrone di un campo, egli lo vende e consegna l’importo ricavato deponendolo ai piedi degli apostoli. Non solo rinunzia alla propria ricchezza materiale, ma anche al proprio giudizio: modello di totale docilità e fiducia verso chi nella Chiesa ha il compito di discernere e decidere per il bene comune.

Vedendo questo gesto generoso, altri lo seguono. È molto bello e consolante: non solo il male è contagioso –come purtroppo si vede troppo spesso nelle notizie di cronaca– ma molto di più il bene. Non soltanto quello che ciascuno ha ma quello che ciascuno è diviene così bene comune, e ne scaturisce un clima di grande gioia e di sincera testimonianza di quanto sia bello vivere come fratelli. (Anna Maria Canopi, La loro voce percorre la terra. Lectio divina sugli Atti degli Apostoli, 2022)

Il peccato di Anania e Saffira

Non c’è solo il male fisico o quello della persecuzione a mettere, apparentemente, i bastoni fra le ruote alla Chiesa. Ci mettiamo anche noi discepoli a demolire quanto costruisce lo Spirito!

Così Luca, in maniera improvvisa e sorprendente, inserisce nel suo racconto l’episodio di Anania e Saffira, una coppia di discepoli che, per farsi belli agli occhi degli apostoli, vendono una proprietà ma trattengono una parte del ricavato. 

Il racconto è paradossale e sembra rinnegare la narrazione lucana: è duro, macabro, vendicativo... Ma il fatto stesso che sia così paradossale spinge il lettore a una sua comprensione più profonda, senza fermarsi all’apparenza. L’idea che i discepoli condividono tutto (At 4,32) non è assoluta, come afferma lo stesso discorso di Pietro ai reprobi, e di fatto viene citato solo l’esempio di Barnaba (At 4,36-37) che vende i suoi beni per la comunità. Se è così, allora, qual è l’intento di Luca? Cosa si nasconde dietro questa vicenda?

Questione di soldi, forse (ma molto di più): una coppia, la bramosia, la menzogna, l’inganno: come non pensare a Genesi 3 quando la coppia primigenia viene ingannata dal serpente? Come non interrogarci sul malsano e insormontabile desiderio di possesso e di avidità che ci abita e può rovinare il nostro rapporto con Dio e con noi stessi? Un inganno che, alla fine, ci porta alla morte dell’anima?

Ci troviamo davanti a una considerazione disarmante: nonostante lo Spirito, la resurrezione, la vita nuova, il peccato ancora abita nei nostri cuori. Il cambiamento, la conversione, l’azione dello Spirito durano tutta la vita e occorre vigilare. Perché, anche da discepoli, possiamo cedere alla tentazione dell’apparenza e dell’inganno. Il peccato imperdonabile, come già aveva suggerito il Maestro (Mt 12,32) consiste nell’ingannare lo Spirito Santo (v. 9).

La spiccata idealità del testo degli Atti riceve qui una solida chiave interpretativa: l’Eden non è ancora giunto e occorre vigilare su noi stessi, soprattutto nell’onestà delle intenzioni e nell’apparire, nel gestire il denaro e nell’invidia. All’interno delle nostra comunità, il rischio di farsi belli, di apparire più che di essere, di aspirare a posti visibili, di prestigio, è molto più diffuso di quanto si immagini. E Luca ammonisce: la finzione uccide.

Siamo una comunità di peccatori riconciliati, di persone che si sono scoperte in cammino, che si sono sapute amate e hanno desiderato amare. Ma le logiche oscure e divisive che portiamo nel cuore rischiano di riapparire sotto altre spoglie, sotto altri panni. Magari, come in questo caso, per sfoggiare una (falsa) santità e generosità. Come dice, addolorato, Pietro facendo riferimento alla coppia: nessuno aveva chiesto loro di vendere quel terreno o di dame il ricavato alla comunità. Lo hanno fatto solo in parte, per potersi vantare agli occhi dei fratelli. I problemi con gli aspetti finanziari e la mancanza di trasparenza non sono solo problemi della nostra Chiesa contemporanea! (Paolo Curtaz. La chiesa che faremo. Leggendo gli Atti degli Apostoli).

DOMANDE

Koinonia (comunità), Didaskalía (insegnamento), Leiturgia (celebrazione) e Diaconia (servizio, carità). Come rivedere lo stile delle nostre comunità alla luce di questi quattro pilastri fondamentali della vita di ogni credente? Sono presenti tutti nella nostra vita comunitaria? Dovremmo magari rafforzarne qualcuno?

In questi quattro aspetti della vita cristiana, in quale ti senti più comodo e quale invece è per te più impegnativo?

Il peccato di apparire più che di essere, di aspirare a posti visibili e di prestigio è presente anche nella nostra comunità? Lo sappiamo gestire correttamente?

PREGA

Nel Nome del tuo Figlio Gesù, il Giusto, il Santo che noi tutti abbiamo crocifisso, ti preghiamo, Padre, di perdonarci, poiché Tu sai che per ignoranza, abbiamo tante volte peccato.
Anche noi, come lo storpio presso la porta del tempio, con le mani protese attendiamo ogni giorno che qualcuno ci guardi e ci rialzi nel Nome del Signore Gesù.
Non lasciarci sciupare l'ora della grazia! Donaci una sincera volontà di convertirci, di camminare, correre, lodare con gli altri il tuo santo Nome.
Riempi i nostri cuori di Spirito Santo per essere forti nelle prove, saldi nella fede, ardenti nell’amore, capaci di annunziare con franchezza.

Ultima modifica il Domenica, 18 Giugno 2023 11:00

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