Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta io verrò da lui cenerò con lui ed egli con me (Ap. ,20-22).
Sto alla porta…
Io l’ho visto arrivare. Camminava rapidamente.
Io sapevo, o meglio, sentivo che si dirigeva verso la mia casa…
Mi ritrassi dalla finestra, in fretta, perché Lui non mi vedesse,
dato che non avevo la sicurezza di volergli aprire la porta.
Noi ci conosciamo da molto tempo. Poi, i nostri incontri si diradarono. Molte volte Lui venne e io, invece di aprirgli, mi nascosi.
Ecco, Lui bussa! E io, penso, apro?
Non c’è niente di pronto per accoglierlo, tutto è in perfetto… disordine! E poi, dove ho messo la chiave di questa porta?
Lui batte ancora. Io lo osservo da lontano.
Lui continua a battere soavemente, lentamente.
Noto che il suo sguardo si dirige direttamente alla porta.
L’impressione del suo volto è grave, attenta, ma non impaziente. Sembra concentrarsi non sulla porta o sulla mia risposta ,
ma sulla gioia del nostro incontro.
“Sto alla porta e busso…”
Continua a bussare, insiste pazientemente.
Che fare? Se apro, chissà se Lui mi porrà degli interrogativi?
E io… tenterò di discolparmi?
Che cosa gli dirò…?
Che cosa gli chiederò…?
Conosco le tue debolezze, i tuoi problemi, le tue sofferenze.
E ti dico lo stesso: Amami come sei.
In qualunque situazione tu sia:
se ti senti triste o felice,
povero o ricco, realizzato o insoddisfatto…
Amami come sei.
Se aspetti di essere perfetto, non mi amerai mai.
Lascia che ti ami, aprimi il tuo cuore.
Non importa essere sempre al massimo,
ma lavorare con il cuore.
Oggi sto alla porta del tuo cuore come un mendicante,
io il Re dei Re! Busso e aspetto.
Qualsiasi cosa tu fai, falla solo per amore.
Non ti preoccupare di possedere qualità, ti darò le mie.
Ti darò di saper amare al di là di quanto puoi sognare.
Ma ricordati… amami come sei.
Mi dirigo alla porta e apro. “Signore, entra, Tu sai…”.
Sì, io vorrei dirgli: “Tu sai, Signore, che nonostante tutto, io ti amo!”.
Ma non oso continuare la frase, perché un singhiozzo mi impedisce
di parlare. Lui mi guarda con un sorriso calmo e dice:
“Lo so… ma io voglio cenare con te!”.
Io rimango spaventato: “Signore, ma io non ho preparato la cena… non ho neppure l’occorrente”. Lui mi risponde:
“Sono io che ti invito.
Io voglio celebrare la mia cena nella tua casa!”.