Il vero missionario è il santo
“La chiamata alla missione deriva di per sé dalla chiamata alla santità. Ogni missionario è autenticamente tale solo se si impegna nella via della santità: «La santità deve dirsi un presupposto fondamentale e una condizione del tutto insostituibile perché si compia la missione di salvezza della chiesa”. (R.M. N.90)
INTRODUZIONE
La santità missionaria nasce e si forma nell’incontro con Cristo. L’indebolimento della nostra relazione con Cristo indebolisce la radice stessa della missione. Forse sta qui la ragione di alcune nostre mediocrità. Oggi, lo slancio missionario richiede una forte spiritualità missionaria, sostenuta da una visione teologica adeguata.
I primi cristiani erano vivacemente missionari, convinti di dover portare al mondo una notizia attesa. Non sempre, però, si osserva che questa vivacità non nasceva, anzitutto, dall’incontro con le molte emergenze in cui gli uomini del tempo vivevano, ma scaturiva dall’esperienza del loro personale incontro con Gesù Cristo.Qui hanno incontrato una notizia che li ha affascinati, ha cambiato la loro vita, qui hanno colto la novità che, proprio perché nuova e sorprendente, ha profondamente cambiato la loro attesa. E qui hanno capito che il vangelo è per l’uomo, per ogni uomo.
Quindi la vivacità missionaria delle prime comunità cristianenasceva dall’esperienza di un personale e intimo incontro conCristo. Oggi ancora, l’urgenza della missione e la convinzione che Cristo è atteso da ogni uomo, è colta a partire dalla propria esperienza di incontro con lui.
CANTO DI ESPOSIZIONE
Breve pausa di silenzio
Osea 2,8-17
“Perciò ecco, ti sbarrerò la strada di spine e ne cingerò il recinto di barriere e non ritroverà i suoi sentieri. Inseguirà i suoi amanti, ma non li raggiungerà, li cercherà senza trovarli. Allora dirà: «Ritornerò al mio marito di prima perché ero più felice di ora». Non capì che io le davo grano, vino nuovo e olio e le prodigavo l'argento e l'oro che hanno usato per Baal.
Perciò anch'io tornerò a riprendere il mio grano, a suo tempo, il mio vino nuovo nella sua stagione; ritirerò la lana e il lino che dovevano coprire le sue nudità. Scoprirò allora le sue vergogne agli occhi dei suoi amanti e nessuno la toglierà dalle mie mani.
Farò cessare tutte le sue gioie, le feste, i noviluni, i sabati, tutte le sue solennità. Devasterò le sue viti e i suoi fichi, di cui essa diceva: «Ecco il dono che mi han dato i miei amanti». La ridurrò a una sterpaglia e a un pascolo di animali selvatici. Le farò scontare i giorni dei Baal, quando bruciava loro i profumi, si adornava di anelli e di collane e seguiva i suoi amanti mentre dimenticava me! Oracolo del Signore.
Perciò, ecco, la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore.
Le renderò le sue vigne e trasformerò la valle di Acòr in porta di speranza. Là canterà come nei giorni della sua giovinezza, come quando uscì dal paese d'Egitto”.
SANTI PERCHE’ INNAMORATI DI CRISTO
Dobbiamo recuperare l’ innamoramento a Gesù Cristo, come l’investimento totale della nostra vita, perché il Signore non può essere ridotto ad una frangia, un’appendice al panneggio della nostra esistenza. L’amore per Cristo se non ha il marchio della totalità, è ambiguo. Il part-time, il servizio a ore con Cristo non è ammissibile.
E’ perciò indispensabile riscoprire la santità come innamoramento, perché mettere Cristo al centro garantirà una rinnovata armonia di vita e di apostolato a tutta la vita consacrata e mostrerà con chiarezza come essa si colloca strettamente nel cuore della vita e della santità della Chiesa.
La nostra vita sacerdotale e di consacrazione al Signore ha bisogno di riprendere vigore con un cammino di conversione e di rinnovamento che, come nell’esperienza primigenia degli apostoli, prima e dopo la risurrezione, è stato un ripartire da Cristo. Da Cristo sono partiti i primi discepoli di Galilea, chiamati, mandati e accompagnati durante il loro lavoro in missione. In ogni età, dalla formazione di base, fino agli ultimi istanti della vita, dobbiamo ritrovare il primo amore, la scintilla ispiratrice da cui è iniziata la sequela con quella intima consapevolezza che faceva dire all’apostolo Paolo “Cristo mi ha amato e ha dato la sua vita per me” (Gal 2:20).
Salmo 16
Accogli, Signore, la causa del giusto,
sii attento al mio grido.
Porgi l'orecchio alla mia preghiera:
sulle mie labbra non c'è inganno.
Venga da te la mia sentenza,
i tuoi occhi vedano la giustizia.
Saggia il mio cuore, scrutalo di notte,
provami al fuoco, non troverai malizia.
La mia bocca non si è resa colpevole,
secondo l'agire degli uomini;
seguendo la parola delle tue labbra,
ho evitato i sentieri del violento.
Sulle tue vie tieni saldi i miei passi
e i miei piedi non vacilleranno.
Io t'invoco, mio Dio: dammi risposta;
porgi l'orecchio, ascolta la mia voce,
mostrami i prodigi del tuo amore:
tu che salvi dai nemici chi si affida alla tua destra.
Custodiscimi come pupilla degli occhi,
proteggimi all'ombra delle tue ali,
di fronte agli empi che mi opprimono,
ai nemici che mi accerchiano.
Essi hanno chiuso il loro cuore,
le loro bocche parlano con arroganza.
Eccoli, avanzano, mi circondano,
puntano gli occhi per abbattermi;
simili a un leone che brama la preda,
a un leoncello che si apposta in agguato.
Sorgi, Signore, affrontalo, abbattilo;
con la tua spada scampami dagli empi,
con la tua mano, Signore, dal regno dei morti
che non hanno più parte in questa vita.
Sazia pure dei tuoi beni il loro ventre
se ne sazino anche i figli
e ne avanzi per i loro bambini.
Ma io per la giustizia contemplerò il tuo volto,
al risveglio mi sazierò della tua presenza.
Silenzio meditativo
1Corinzi 11,23-29
“Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga. Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna”.
EUCARISTIA E MISSIONE
Solo se partiamo dall’Eucaristia, da “quella” tavola, ciò che faremo avrà la firma d’autore del Signore. Se non partiamo dall’Eucaristia la nostra è soltanto un’attività faccendiera, saremo sempre super-oberati da mille cose, faremo si le opere della carità, ma senza la carità delle opere.
Le opere di carità non bastano, se ci manca la carità delle opere. Se manca l’amore da cui partono le opere, se manca la sorgente, se manca il punto di partenza che è l’Eucaristia, ogni impegno pastorale risulta solo una girandole di cose.
“Si alzò da tavola” significa la necessità della preghiera, dell’abbandono in Dio, di una fiducia straordinaria, di coltivare l’amicizia del Signore, di potrei dare del “tu” a Gesù Cristo, di poter essere suoi intimi. Se siamo staccati da Cristo, diamo l’impressione di essere soltanto dei rappresentanti della sua merce, che piazzano le sue cose senza molta convinzione, solo per motivi di sopravvivenza. A volte ci manca questo annodamento profondo con il Signore. Qualche volta a Dio noi ci aggrappiamo, ma non ci abbandoniamo. Un abbraccio di paura è differente da uno di amore. Abbandonarsi vuol dire lasciarsi cullare a Lui, lasciarsi portare da Lui semplicemente dicendo: “Mio Signore ti voglio bene!”
SALMO 23
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla;
su pascoli erbosi mi fa riposare
ad acque tranquille mi conduce.
Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino,
per amore del suo nome.
Se dovessi camminare in una valle oscura,
non temerei alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.
Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici;
cospargi di olio il mio capo.
Il mio calice trabocca.
Felicità e grazia mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
e abiterò nella casa del Signore
per lunghissimi anni.
VANGELO: Luca 10,29-37
“Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va' e anche tu fa' lo stesso».
IMPARIAMO LA MISISONE DA GESU’
Del brano che abbiamo ascoltato non prenderemo in esame tutto il testo: ci soffermeremo su un versetto solamente.
“Invece un samaritano” , dice il testo nella traduzione che abbiamo ascoltato. “Invece”: una piccolissima parola che indica un ribaltamento di scena. I gesti della compassione partono da qui, da questo “invece” che ti dice che le cose possono essere altrimenti, che c’è diritto di cittadinanza per un altro modo di essere, di guardare, di agire. Non è detto che tu debba per forza, nella vita, passare oltre, non vedere, non accorgerti; non devi dare per scontata l’ indifferenza, la fuga, la paura. Ce un “ma”, un “invece” della vitache deve far sentire la sua voce, che deve turbarti e disturbarti. Questo “ma” spezza la catena della rassegnazione, vince l’abitudine all’egoismo che diventa un veleno mortale, che addormenta poco alla volta i nostri sentimenti migliori e ci paralizza. “La gente e fatta cosi, il mondo è cattivo, le cose non cambieranno mai...”. Quante volte abbiamo ascoltato (o pronunciato) parole cosi? Quante volte ci siamo arresi? A volte per ripartire basta un “ma” che insinui un dubbio, un “invece” che scalfisca una certezza, un “però” che smuova un’abitudine. Non é per caso che questo “ma” sia una delle parole più amate da Gesù e più alternative tra quelle da lui pronunciate: “Vi è stato detto. .. ma io vi dico”. C’è una nuova giustizia da conoscere, un nuovo modo di vedere le cose che lascia spazio ai gesti della compassione. La valenza di questo “ma”, nella sequela di Cristo, rende la nostra vita spirituale un laboratorio di vita alternativa, da cui fuoriescono gesti controcorrente alla mentalità e alla prassi dominante.
Preghiera (due solisti)
Signore, quando ho fame,
- mandami qualcuno da sfamare.
Quando ho sete,
- mandami qualcuno da dissetare.
Quando ho freddo,
- mandami qualcuno da scaldare.
Quando sono triste,
- mandami qualcuno da consolare
Quando sono povero,
- mandami qualcuno più povero di me.
Quando non ho tempo,
- mandami qualcuno da ascoltare.
Quando mi sento incompreso,
- mandami qualcuno da abbracciare.
Quando sono scoraggiato,
- mandami qualcuno da incoraggiare.
Quando sono umiliato,
- mandami qualcuno da lodare.
Quando non mi sento amato,
- mandami qualcuno da amare. (Madre Teresa di Calcutta)
Breve momento di silenzio
“Il sacerdote deve essere un uomo che conosce Gesù nell'intimo, che lo ha incontrato e ha imparato ad amarlo. Da Cristo il sacerdote deve anche imparare che nella sua vita ciò che conta non è l'autorealizzazione e non è il successo. Al contrario deve imparare che il suo scopo non è quello di costruirsi un' esistenza interessante o una vita comoda, né di crearsi una comunità di ammiratori o di sostenitori, ma che si tratta propriamente di agire in favore dell'altro. Chi opera per Cristo sa che è sempre uno a seminare e un altro a raccogliere. Non ha bisogno di interrogarsi continuamente: affida al Signore ogni risultato e fa serenamente il suo dovere, libero e lieto di sentirsi al sicuro del tutto. Se oggi i sacerdoti tante volte si sentono ipertesi, stanchi e frustrati, ciò è dovuto a una ricerca esasperata del rendimento. La fede diviene un pesante fardello che si trascina a fatica, mentre dovrebbe essere un'ala da cui farsi portare”. Joseph Ratzinger, La Chiesa. Comunità sempre in cammino, Paoline 1991, pp. 91-92)
Silenzio Meditativo
Testimonianza di un Vescovo martire
“Finché i contadini, e gli operai e i loro dirigenti non hanno sicurezza; finché il popolo viene sistematicamente assassinato dalle forze di repressione della giunta, io, che sono un semplice servitore del popolo, non ho nessun diritto di cercare misure di sicurezza. Vi prego di non fraintendermi: non voglio morire, perché so che il popolo non lo vuole, ma non posso tutelare la mia vita come se fosse più importante della loro vita. La più importante è quella dei contadini, degli operai, delle organizzazioni popolari, dei militanti e dei dirigenti, ed essi muoiono tutti i giorni; ogni giorno ne trucidano venti, trenta, quaranta o più ancora. Come potrei adottare delle misure di sicurezza personale? Sì, possono uccidermi; anzi, mi uccideranno, benchè alcuni pensino che sarebbe un grave errore politico; ma lo faranno ugualmente, perché pensano che il popolo sia insorto dietro le pressioni di un vescovo. Ma non è vero: il popolo è pienamente consapevole di chi sono i suoi nemici; e altrettanto conosce bene i propri bisogni e le alternative che si presentano.
Se uccidono me, resterà sempre il popolo,il mio popolo. Un popolo non lo si può ammazzare.
(Oscar Arnulfo Romero, Arcivescovo di San Salvador, otto giorni prima del suo assassinio avvenuto mentre celebrava l’Eucaristia, il 24 marzo 1980.)
Silenzio meditativo
BENEDIZIONE
A MARIA PER I MISSIONARI
Santa Maria, donna missionaria, noi ti imploriamo per tutti coloro che hanno lasciato gli affetti più cari per annunciare il Vangelo.
Sostienili nella fatica.
Ristora la loro stanchezza.
Proteggili da ogni pericolo.
Dona ai gesti con cui si curvano sulle piaghe dei poveri i tratti della tua verginale tenerezza.
Metti sulle loro labbra parole di pace.
Riempi la loro solitudine.
Rendili testimoni di gioia.
Santa Maria, donna missionaria, tonifica la nostra vita cristiana con quell'ardore che spinse te, portatrice di luce, sulle strade della Palestina.
Anfora dello Spirito, riversa il suo crisma su di noi,
perché ci metta nel cuore la nostalgia
degli estremi confini della terra. Canto Finale