XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Pubblicato in Domenica Missionaria

Decidiamo cosa vuole uno senza domandare niente?

Is  45,1.4-6. Il re Ciro a quei tempi era il sovrano più potente che ci fosse in terra. Isaia chiarisce che anche lui è nelle mani di Dio per essere uno strumento del progetto di salvezza: la sua ascesa è motivata da una missione che deve compiere anche se è pagano.  

1  Ts 1,1-5.  La comunità cristiana di Tessalonica per essere considerata chiesa deve avere le caratteristiche di una fede impegnata e attiva, di una carità dinamica e sollecita e di una speranza costantemente sostenuta da Gesù Cristo: comunità di fede, speranza e carità.

Mt  22,15-21. Il mondo è pieno di monete con referente politico, sociale, organizzativo, amministrativo. E ti daranno quello che produce la società: alimenti, posizioni, carriere, comodità, protezione sociale. Ma esiste anche una moneta per pagare i debiti che abbiamo con Dio: amare il prossimo come lui ci ha amati.

 

Dicono i francesi ‘’l’argent fait la guerre’’ fa anche rubare, ingannare, uccidere e tradire. Per il re-denaro la vita dell’uomo si trasforma sempre di più in incubo. Il Vangelo di Gesù ci avverte che esiste anche  un’altra moneta, quella che porta il volto di Dio. E non ti spinge a uccidere ma a salvare, non ti da motivo per rubare ma per aiutare, non ti autorizza a rovinare una vita ma a renderla felice, non si usa per fare la guerra ma la pace, non aumenta l’odio ma l’amore. Chiediamo al Signore che ci illumini e ci riveli come ottenere questa moneta di Dio per arrivare alla libertà, alla uguaglianza, alla pace, alla verità, alla convivenza fraterna. Nel capitolo 25, quello del giudizio finale, Gesù ci rivela che una moneta forte per entrare nel Regno è la pratica della carità verso chi aveva fame, aveva sete, era senza vestito, era solo e ammalato. È una moneta con la effigie di Gesù e apre il cielo. Per Dio tutta la ricchezza e i tesori che aveva Ciro non contavano niente. Invece la misericordia verso gli esiliati Ebrei e la decisione di sostenere il loro rientro in patria divenne una voce da ascoltare e benedire. Certamente la  missione è alle nostre porte, da noi, e attorno a noi, ma non dimentichiamo la missione di Cristo affidata agli apostoli e alla comunità cristiana fino ai confini del mondo. La Parola di Dio è proclamata, celebrata, condivisa qui da noi come in tutti i continenti. È parola di vita come l’ha praticata Paolo interpellando, spiegando, sostenendo e alle volte perfino provocando: che la vostra carità si sforzi, sia sollecita. Questa carità ieri come oggi richiede l’impegno attivo dei battezzati per il sostegno delle giovani chiese. È una condivisione: la preghiera, l’invio di persone e di mezzi economici sono i segni visibili della nostra partecipazione alla Missione universale. Fallisce ogni missionario che non sia prima di tutto accanito tifoso di Gesù. Dopo possiamo anche fare altre cose, dire altre cose, insegnare altre cose secondo altri modi, linguaggi e culture però mai senza Gesù.

 

La Missione sarebbe questo: portare il Verbo di Dio, perchè trasformi l’umanità conflittuale, fragile, fallimentare, irrisoria dell’uomo, in umanità nuova secondo Cristo, piena di vita destinata a qualificarsi sempre di più. Non dico di buttar via la mia umanità ma di offrirla per cambiarla, qualificarla, trasformarla, mediante una aderente comunione con la Grazia di Cristo. Parlo di offrirla come segno per la Eucaristia per esempio, accettando le conseguenze trasformatrici. Questo vuol dire che Cristo viva in me. La Missione  sarà a misura di vangelo se divento vangelo io stesso.   

 

 

 

 

Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:12
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