L’ultima parola è sempre eco della misericordia di Gesù
2 Sam 12,7-10.13. Il profeta Natan ricorda a Davide che aveva sbagliato a preferire il proprio tornaconto calpestando ogni diritto più elementare. Purtroppo i nostri sguardi non ritornano mai indietro a dirci se abbiamo visto giusto o sbagliato.
Gal 2,16.19-21. San Paolo dice che lui vive perché Cristo vive in lui e allora ha la fede giusta che vede sempre di più con misericordia e amore.
Lc 7,36-8,3. Il padrone di casa, un fariseo molto fedele, molto credente accoglie Gesù senza speciale rispetto e considerazione. Una donna, nota peccatrice, accoglie Gesù come persona unica e si mostra capace di amore nonostante le ferite del suo passato.
Cosa capiamo?Riconosciamo che conformarci alla volontà di Dio, forse risveglia in noi delle paure: paura di una volontà superiore e poderosa che ci sconvolga, che non rispetti i nostri desideri, i nostri limiti. Tante reazioni manifesterebbero che non abbiamo ancora pienamente scoperto lo sguardo di Dio, la sua caratteristica che è di favorire la nostra vita, la nostra salvezza, la nostra felicità. Di fronte all’ enigma della sofferenza possiamo optare per la fiducia. Abbiamo bisogno di uno sguardo nuovo. Il modo di vedere, ragionare e giudicare del fariseo nonostante i titoli non è quello giusto. E’ incapace di capire che gli sbagli non sono mai più grandi della persona, che mai cancellano totalmente la persona. Lo sguardo di Gesù non si lascia condizionare dal racconto ma va oltre e concede l’alternativa di un’altra versione dettata dalla bontà, dal cuore, dalla compassione e dal perdono. Già nell’antico mondo Dio aveva insistito con i suoi devoti: “non voglio sacrifici, voglio misericordia, non voglio adorazione, voglio perdono”. E’ inevitabile passare da uno sguardo di maledizione a uno di benedizione. La benedizione sgorga da un cuore dilatato dai benefici di Dio. Esprime la nostra gratitudine davanti a dei doni che manifestano la sua generosità, la sua bontà, il suo amore gratuito. E’ questo che significa il ricordo della nostra elezione prima della fondazione del mondo. “Egli ci elesse in lui prima della creazione del mondo, perché fossimo santi e irreprensibili davanti a lui” (Ef 1, 4). Crediamo che Dio ci ama personalmente? Siamo sufficientemente desiderosi di impiantare la nostra vita sui doni ricevuti? Sappiamo riconoscere i frutti della sua benedizione nel nostro quotidiano? Non dimentichiamo che esiste un percorso da fare per identificarci nei segni di coincidenza e concordanza con lo Spirito Santo: un perdono accolto o dato, una prova superata, il senso della vita ritrovato.
Lo Spirito di Dio è all’opera nella Chiesa:
giovani e adulti si impegnano nel servizio del Vangelo.
Lo Spirito di Dio è all’opera nell’Universo:
vari ricercatori lavorano per migliorare la salute, popoli alla ricerca della pace scelgono cammini di dialogo, si moltiplicano le iniziative umanitarie.
Lo Spirito di Dio è all’opera nel cuore delle nostre sofferenze:
mani danno e aiutano, mani curano e confortano.
Lo Spirito di Dio è all’opera nel cuore delle nostre comunità:
preti, diaconi e laici accolgono, animano, formano, pregano e vivono la carità.
Le nostre comunità imparano ad essere solidali.