I° Domenica di Avvento anno B

Pubblicato in Domenica Missionaria
Isaia 63, 16-17.19; 64,1-7
Salmo 79
1Cor 1, 3-9
Mc 13, 33-37

«Confortata dalla presenza di Cristo, la Chiesa cammina nel tempo verso la consumazione dei secoli e si muove incontro al Signore che viene»

(Redemptoris Mater 22)

Tra i tempi dell’anno liturgico l’Avvento, che oggi inizia, si caratterizza per una forte dimensione missionaria. Essa appare subito, da uno dei primi testi che la liturgia mette sulle labbra degli oranti: «Date l’annunzio ai popoli: Ecco, Dio viene, il nostro salvatore» (I ant. ai primi vespri). Fin dall’inizio dei tempi Dio vuole che ogni essere umano sia salvo e mette in atto un piano per donare a tutti pienezza di vita: invia la sua parola, manifesta la sua potenza, stringe alleanze, protegge libera e salva. Al tempo stabilito, venne in modo unico in Gesù Cristo. In lui, Dio si fa uno di noi, mette la sua casa tra le nostre, prende dimora non solo accanto, dentro di noi. E continua a venire anche ora e in lui siamo «arricchiti di tutti i doni» (II lettura).

Urs von Balthasar raffigura l’Avvento come un portone che si apre sul Natale, ed è sorvegliato da due sentinelle: Giovanni Battista e Maria. Molto presenti nelle liturgie dell’Avvento, essi ne esprimono il significato. Il Battista «proclamò la venuta di Cristo e lo indicò presente nel mondo»; la Vergine Maria «l’attese e lo portò in grembo con ineffabile amore» (prefazio II). Attesa e Incontro. Questo è l’Avvento.
Attesa di tutto il mondo che vive in stato di ancora grande avvento. Secondo Paolo, tutta la creazione geme e soffre come per le doglie del parto in attesa della nascita di un mondo liberato dalle tante catene che ancora oggi lo tengono in schiavitù: violenze inaudite su gente inerme, bambini e donne, guerre, privazione dei fondamentali diritti umani, situazioni di crescente povertà che crea fame, impossibilità di curare malattie, solitudine, disoccupazione, emigrazione. L’elenco potrebbe continuare e diventerebbe lungo, mostrando una spasmodica e instancabile tensione verso a «cieli nuovi e terra nuova».

La missione va incontro a queste aspettative. Esse sono parte costitutiva del suo annuncio di salvezza, che ha come centro Cristo, consciamente o inconsciamente atteso da tutta l’umanità. Essa, «nonostante innumerevoli segni di rifiuto di Dio, paradossalmente lo cerca attraverso vie inaspettate e ne sente dolorosamente il bisogno» (EN 76) e «magari non sempre consapevolmente, chiede ai credenti di oggi non solo di “parlare” di Cristo, ma in certo senso di farlo loro “vedere”» (NMI 16). Attraverso la Missione è Dio che si muove all’incontro con l’umanità bisognosa di aiuto e assetata di lui.

La Missione vive pure l’Avvento dell’incontro. Essa porta il bene più prezioso per noi, il Vangelo, la promozione umana, il pane, la cura della salute, la liberazione. Ma, anzitutto, il missionario è come il Battista che ha saputo scorgere la presenza e «indicò presente nel mondo» Cristo Signore. Egli deve essere capace di scoprire che Dio è già presente tra i popoli negli eventi della loro storia, la cultura, i proverbi, i miti, le manifestazioni della religione, la preghiera: dove c’è, là c’è lo Spirito (cf. RM 29).

Missionario, di conseguenza, è anche l’invito che risuona nella prima domenica di Avvento alla vigilanza che si coniuga con una attesa “pronta”, “attiva” per andare incontro al Signore «con le buone opere», aprirgli la porta quando egli bussa, accoglierlo e incontrarsi con lui.

P. Gottardo Pasqualetti, imc

Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:12
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