Questo lavoro diventa perfetto nel dare agli Apostoli questo Dono che li conduce ad un cambiamento radicale: è così che Gesù vuole la sua Chiesa. Il simbolismo del fuoco che scende su Maria SS. gli Apostoli è manifestazione della presenza di Dio. Ben conosciuta nella Sacra Scrittura. Dio si manifesta a Mosè nel roveto ardente: al popolo di Israele in cammino alla terra Promessa. Leggiamo nella prima lettura di oggi “Nello stesso tempo videro delle lingue che parevano di fuoco dividersi e posarsi su ciascuno di loro. Tutti furono ripieni di Spirito Santo” (At. 2:3). Qui nel Cenacolo questo simbolismo in lingue di fuoco, non può avere altra interpretazione che di quel fuoco che brucia, che purifica e che riscalda, ma che cambia anche la natura delle cose, come abbiamo accennato poch’anzi “cambiamento radicale” negli Apostoli. “Ecco faccio nuove tutte le cose” (Ap. 21:5) È questo Fuoco che infonde lo zelo negli animi e li rende forti e capaci di aprire le porte e di predicare la parola di Dio.
Il primo discorso di Pietro che annunzia la resurrezione di Cristo è veramente universale e missionario, perché ognuno nella propria lingua capisce questo messaggio. Quale linguaggio ha Pietro adoperato? Il linguaggio dell’amore che lo Spirito ho effuso nel cuore degli Apostoli e che sono cosi mandati a predicare per diffonderlo nel mondo. Le parole non hanno il potere di convincere, solo l’Amore convince.
È la Chiesa, Una, Cattolica, cioè Universale, come la difinirebbe un autore del secolo secondo: “L’anima del mondo”. Ma il mondo lotta contro la Chiesa, come il corpo contro l’anima. Vediamo come dunque questa Chiesa, così accanitamente combattuta sempre attraveso i secoli, anche con la menzogna come "Il Codice Da Vinci”, venga, tuttavia, fuori sempre vittoriosa. “L’amore non perde mai, perché non ha confini” (S. Francesco di Sales). Questo Amore ci riporta al Cenacolo, quel luogo in cui l’Amore viene dato per essere predicato: ecco perché qui la Chiesa è nata. L’Amore non ha rivali che lo sconffiggano, perché dove c’è Amore li c’è Dio. “Dov’è carità e amore qui c’è Dio” (Canto Liturgico).
Il segno poi di questo Amore è l’unità. Perché siamo stati tutti Battezzati in un solo Spirito. Infatti la prima vera crisi della Chiesa è stata quella della sua espansione Missionaria, al punto che ha dovuto intervenire lo stesso Spirito per salvarla. A Pietro, proprio lui che aveva ricevuto il potere di legare e di sciogliere, lo Spirito indica cosa deve fare. Perchè Pietro? La scelta non è venuta a caso. Dio non fa le cose per caso, non creò il mondo per caso. Tutto fa secondo un suo piano di Amore. Pietro risponde alla Comunità in difesa del suo operato nel battezzare Cornelio e la sua famiglia: “Ora, mentre io avevo cominciato a parlare, lo Spirito discese su di loro, come su di noi per la prima volta… Se dunque Dio diede a loro lo stesso Dono che abbiamo ricevuto noi per la prima volta, chi ero io per opporre ostacoli a Dio?” (At.11:14-17).
Qui abbiamo quel respiro universale che viene appunto dall’essere battezzati e uniti nello stesso Spirito. Pietro che apre le porte ai pagani ci dice ancora oggi che lo Spirito non fa distinzioni di sorta: distruggge le barriere e i confini che i popopli mettono. “Non abbiamo bisogno di muri, ma di ponti” (Giovanni Paolo II, agli Israeliani). Dobbiamo tenere presente che l’unità non indica uniformità. Come forse molti vorrebbero. Questo è il lavoro dello Spirito Santo, anima della Chiesa, che la guida continuamente a questa apertura al mondo. È lo stesso Spirito che ha animanto i Santi, per citarne uno: La beata Teresa di Calcutta, innamorata di Cristo, e della umanità alla quale per amore di Lui ha fatto tanto bene e continua ancora nella gloria dei Santi.
Per essere feldeli alla chiamata non possiamo domenticare le nostre origini, ne dimenticare i segni speciali che Dio ci dà continuamente per dirci che è Lui che guida la sua Chiesa: non le toglie la Croce che è elemento indispensabile per essere seguace di suo Figlio che non ha rigettato la Croce perché ci ha amati “fino alla fine” (Gv..21).
In questo sta la fecondità della Chiesa. Paolo ne delinea gli elementi nella seconda lettura di oggi. “Vi sono diversità di carismi; ma un solo Spirito; vi sono diversità di ministeri ma un solo Signore; vi sono diversità di operazioni ma un solo Dio, che opera tutto in tutti. E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità di tutti” (1Cor.12:4-7). È bella questa espressione: “Utilità di tutti”. Questi carismi indicano appunto unità nel plurarismo, non distruggono l’unità ma la consolidano, e vengono dati e concessi per l’utilità di ognuno. Questa è l’attività della Chiesa da quel giorno che usci dal Cenacolo fino alla seconda venuta del suo Fondatore. L’unità è il segreto del successo della Chiesa, chi contro l’unità pecca, pecca contro lo Spirito Santo, che è l’unità nella Trinità. Il nostro lavoro nel mondo quindi è di conservare questa unità nella libertà dei figli di Dio che ci da la certezza di portare a termine la salvezza acquistata dal sangue di Cristo e conservata dallo Spirito essendo Lui l’anima della Chiesa.