SS Corpo e Sangue di Cristo

Pubblicato in Domenica Missionaria


Questa solennità che celebriamo oggi del Corpo e Sangue di Cristo è ancora una prova plausibile del meraviglioso piano della storia della nostra salvezza stabilito da Dio fino dall'eternità. Lui lo porta a termine con la celebrazione di questo mistero che oggi celebriamo. Subito appare nella preghiera introduttiva della Liturgia odierna: “Signore, Dio vivente, guarda il tuo popolo radunato intorno a questo altare… purifica i nostri cuori, perché alla cena dell’Agnello possiamo pregustare la Pasqua della Gerusalemme del Cielo.” (Colletta, Anno B).

Si è parlato della nascita della nuova Comunità redenta nella Pentecoste; si è parlato di Dio come comunità di Amore, ricordando la SS. Trinità, oggi si giunge al termine di questo piano divino con il ricordo-memoria del Corpo e del Sangue di Cristo. Gesù, fra tutte le sue presenze nella Chiesa, ha voluto esserlo in maniera speciale nel pane e nel vino, come suo Corpo e suo Sangue. “Mentre mangiavano prese il pane… lo diede loro, dicendo: ‘Prendete, questo è il mio corpo. Prese il calice e disse: “Questo è il sangue dell’Alleanza versato per voi”. (Mc.14:16-24).
A parte gli elementi scelti che indicano un attributo fondamentale di Dio, la semplicità, essi diventano vero Cibo e Bevanda che nutrono e che fortificano attraverso i secoli la sua Chiesa. Questa unione che vi è tra Cristo e la sua Chiesa ha origine nell’ultima Cena, quando Gesù dava il suo ultimo saluto ai suoi Discepoli: “Gesù che aveva amato quelli che nel mondo erano suoi, li amò fino alla fine” (Gv 13:1). Ecco perché istituì l’Eucaristia. Dobbiamo ringraziare Lui e in Lui il Padre per questo grande Dono. Gesù rimane nella sua Chiesa. fa comunità con lei, essa è il suo Corpo. Costituisce una Comunità di amore ad immagine della Trinità e naturalmente il vincolo che unisce Lui alla sua Chiesa è l’Eucaristia. Come il cibo che noi mangiamo sostiene il nostro corpo, cosí l’Eucaristia sostiene la sua Chiesa. Gli Apostoli e i discepoli di Gesù di tutti i tempi, devono continuare ed espandere questa unione di Cristo con tutta l’umanità: “Fate questo in memoria di me” (Lc 22:19).

Questa “Memoria” di cui Gesù parla, non è un ricordo di una persona importante per farla ricordare ai posteri, con una via dedicata, con una stele, o con un altro segno visibile, o nel caso suo, innalzando una croce per ricordare la sua morte. Questa “Memoria” indica una continuazione viva attraverso la storia della sua presenza, assolutamente unica nella storia di tutti i riti e di tutti i sacrifici che possiamo conoscere o incontrare. Leggiamo infatti nella seconda lettura della liturgia odierna: “Cristo venuto come sommo sacerdote dei beni futuri….. non con sangue di capre e di vitelli, ma con il proprio sangue, entrò una volta per sempre nel santuario, procurandoci cosí una redenzione eterna” (Eb 9:11-13). È una “Memoria” fissata nel tempo, che non si ripete ma che è sempre viva e presente che rispetta la libertà di Dio nell’amare e quello dell’umanità nel corrispondere questo amore, ma trova la sua radice nella fede. Fede nella parola di Cristo: “Prendete e mangiate questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”, questa parola non può ingannare perché viene dalla stessa verità. “Io sono venuto nel mondo per rendere testimonianza alla verità” (Gv18:37).
Quel Sacrificio che si è attuato per la prima volta nell’Ultima Cena, poi il “Venerdí Santo”, si attua ogni qualvolta che si fa “Memoria” di lui, nella consacrazione della Messa cambiando sostanzialmente il pane e il vino nel suo Corpo e nel suo Sangue. In questa presenza sacramentale del Signore morto e risorto abbiamo della conseguenze meravigliose. Come per incanto la Comunità unita nel suo nome diventa veramente la Comunità dell’amore perché nutrita della stessa fede ricevuta nel Battesimo e nutrita dallo stesso Pane di vita del suo Signore, diventa attiva e apostolica. Questa presenza reale di Cristo nel pane e nel vino attuata nella Consacrazione ad un certo punto del Rito Eucaristico viene spezzata e distribuita ai commensali. “Fate questo in memoria di me”. Sembra voler dire: “Siate apostoli, evangelizzatori di questa presenza, cibatevene voi e predicate che per vivere la sua amicizia è necessario ricevere questo cibo”.

Infatti lui dice: “Io sono il pane vivente disceso dal Cielo se uno mangia di questo pane avrà la vita eterna, il pane che darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6:51). Gesù ci spinge ad andare nel mondo con spirito missionario non possiamo vivere la vita in unione con lui se non ci cibiamo di questo cibo, noi prima che di andare e poi coloro che ricevono il messaggio. Non si può pretendere di volare senza le ali. Cosí non si può pretendere di avere la salvezza senza questo cibo, tanto meno di comunicarla agli altri. Dio ci offre la possibilità di saperci voler bene di amarci e rispettarci, non solo come creature sue, ma come persone per vivere la sua stessa vita. Ci fa fratelli nel sedere alla stessa Mensa nel nutrirci dello stesso Pane. Lui il “Primogenito” dei fratelli che ci nutre con il suo corpo e il suo sangue e che ci presenta al Padre come sui redenti, dobbiamo avere la stessa fisionomia del “Figlio prediletto”.
Il patto di sangue che lega ormai Dio con la sua Chiesa è un’unica esistenza di fedeltà e di amore. Ecco perché abbiamo l’obbligo di amarci gli uni agli altri. Lo spezzar del pane poi indica il sacrificio di Cristo, la sua morte, la sua umiliazione la sua sofferenza, esempio per il discepolo che vuole riceverlo e poi comunicarlo agli altri. Anche il discepolo deve spezzare in certo qual modo se stesso per andare incontro agli altri: cosí come Cristo che si è fatto uomo e poi si è fatto pane per avvicinarsi sempre di più a noi. Questo è il frutto squisito della carità che Cristo ha avuto per noi, che deve guidare colui che riceve l’Eucaristia.
Il beato Giuseppe Allamano diceva che era felice e godeva nel sapere quando i suoi missionari erigevano una cappella o una chiesa o anche una povera capanna, per la presenza del SS. Sacramento: era per lui il punto fermo e sicuro della sviluppo della fede e della vita Cristiana, e di un vero apostolato di carità. Lui si incontrava in maniera speciale con i “suoi” missionari, quando si prostrava in adorazione dinanzi al SS. Sacramento, là nel coretto del Santuario della Consolata. Questa comunione di preghiera lo legava a Dio e alla sua Comunità per sempre, connessa nel suo interno da un amore e una fratenità indistruttibili, l’Eucaristia. Abbracciava nella sua adorazione in un attimo il mondo intero. È la vera “Memoria” basata sulla nostra fede di viandanti, che ci fa pensare a quello che St. Tommaso d’Acquino scriveva terminando il suo Inno sull’Eucarestia,“Adore te Devote”: “O Gesù, che ora ti vedo sotto le specie del pane, ti prego, che possa un giorno soddisfare il mio desiderio di poterti vedere faccia a faccia nella tua gloria. Amen.”

Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:12

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