“Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra…Va’ e d’ora in poi non peccare più”. Gv. 8,1-11
A partire da questa settimana - con la Settimana Santa ormai alle porte - il cammino della liturgia quaresimale prende un decisivo avvio verso Gerusalemme, la città del grande evento; e su questo evento già si riversa la luce pasquale.
Giovanni, l’evangelista del “chiaro-scuro”, del conflitto tra la luce e le tenebre, è colui che ci accompagnerà in questo ultimo tratto di strada. Egli ci introduce in una più intima familiarità con il Signore. Nello stesso tempo, mentre i nemici di Gesù si accaniscono sempre più verso di Lui, si crea un vuoto attorno a sé, riempito solo dall’amore e dalla misericordia verso quanti confidano in Lui.
/ La scorsa Domenica, abbiamo ascoltato Gesù che ci raccontava la celebre parabola del “Padre Misericordioso”; oggi vediamo un fatto reale, concreto: la misericordia concessa ad una persona in carne e ossa, nel Vangelo di Giovanni: l’adultera perdonata. (E’ forse un brano di Luca.)
> Il punto centrale dell’episodio non è la denuncia della colpa di adulterio; agli scribi e ai farisei che trascinano dinanzi a Gesù la povera malcapitata, non interessa la santità del matrimonio profanata; non interessa la sua colpevolezza o salvezza; non interessa né la sua condanna né la sua assoluzione: interessa unicamente colpire Gesù, farlo condannare come trasgressore della Legge, oppure fargli “perdere la faccia”, l’aureola del Rabbì buono, compassionevole e misericordioso. Interessa insomma il tranello, perché è Gesù che “disturba”, non l’adultera, è Lui che bisogna far scomparire, perché è Lui che sconvolge il sistema di valori in cui i suoi avversari hanno trovato la loro posizione comoda di prestigio e di potere. Pertanto, se Gesù assolverà la donna sorpresa in flagrante adulterio, lo si accuserà di non rispettare la Legge di Mosè, e quindi contro Dio, che della Legge è l’Autore primo. Se la condannerà, dovrà rinunciare alla propria scelta di misericordia verso i peccatori, e nello stesso tempo è contro la legge romana, detentrice del diritto di vita e di morte.
/ Il comportamento di Gesù è invece singolare e rivelerà la sua straordinaria saggezza. Certo il peccato resta peccato e va condannato, però il giudizio di Dio è un giudizio di grazia e di perdono.
/ Gesù oppone in primo luogo un silenzio assoluto, quasi per costringere a riflettere. “Chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra”. Cosa scrivesse, nessuno lo sa.
Al riguardo, così scrive il profeta Geremia: “Quanti si allontanano da Te, saranno scritti nella polvere, perché hanno abbandonato la fonte di acqua viva, il Signore”(Ger.17,13).
Ma alla loro insistenza sulla sentenza, Gesù dirà: “ Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei”. Questa nota affermazione di Gesù, da sempre ci obbliga a riflettere sul pericolo che corriamo di essere ipocriti e giudicanti, di crederci migliori degli altri, di dimenticare la condizione di peccatori nella quale ci troviamo. Quante volte dividiamo la gente attorno a noi in buona e cattiva? I buoni sono quelli a cui noi apparteniamo, i cattivi sono quelli a cui appartengono gli altri.
Leggiamo nel libro sacro di Qoelet(7,20): “ Non c’è sulla terra un uomo così giusto che faccia solo il bene e non pecchi”.
/ Conosciamo il comportamento imbarazzante degli accusatori della donna e l’assoluzione di Gesù: “Va’ e d’ora in poi non peccare più”.
/ Questa è una delle “cose nuove” di cui ha parlato la prima lettura(Isaia). Là, era il ritorno degli ebrei esuli da Babilonia; qui e sempre nella storia degli uomini, il perdono che Dio concede ai peccatori.
> S. Agostino così riflette: “Rimasero in due: la miseria e la misericordia”. Gesù, tutto misericordia, e la donna, tutta miseria. Lo sguardo di Gesù che si posa limpido, rassicurante, su quella donna, trasmette l’amore del Padre, che non ama condannare, ma recuperare i suoi figli e rilanciarli nel bene, perché il deserto ridiventi un giardino. L’adulterio è l’atteggiamento anti-sponsale del popolo cristiano nei riguardi di Dio “Sposo”. Gesù afferma in maniera provocatoria che il comportamento dell’uomo complice è altrettanto colpevole di quello della donna. Non vi sono sconti né discriminazioni. Sia l’uomo che la donna sono persone con pari dignità e responsabilità. Non esiste il peccato in se stesso e “al femminile”, - dove era l’uomo che aveva peccato con lei? - esistono i peccatori, e in questo caso, la donna e i suoi accusatori, che non possono sottrarsi all’esame di coscienza, che tutti a questo punto, sono invitati a fare. Tutti sono peccatori e perdonati, e di conseguenza, non debbono esigere una condanna. L’unico che ha le carte in regola per emettere un giudizio, è Gesù, che però non pronuncia nessuna condanna e dona alla donna il più ampio perdono. Lui è il Dio della vita, non della morte; Gesù è stato mandato “non per condannare ma per salvare il mondo”. Gesù non approva il peccato, non relativizza il peccato, ma dà a tutti la possibilità di conversione; non tranquillizza, ma chiama ad una vita rinnovata, ad un amore ricostruito. Non basta osservare la legge per essere giusti e praticanti davanti a Dio. Spesso là dove c’è miseria, dove una persona piegata in due dal peso delle sue colpe, là c’è il dono di una vita nuova, c’è salvezza. Gesù è Colui che dalle tenebre trae la luce, da una peccatrice ne fa una credente; con una massa di peccatori, costruisce il suo popolo: la Chiesa. Bisogna però aprirsi alla Grazia del perdono. Il senso di colpa è il dito sulla piaga, e la piaga brucia. La prostituzione, la delinquenza minorile, la droga, l’aborto, il divorzio, l’adulterio, il terrorismo, ecc. sono piaghe sociali. Ci sono certamente responsabilità personali di chi si lascia sfruttare e c’è la responsabilità di chi li sfrutta.
/ La nostra è una società scristianizzata e con pochi valori. Ma i valori veri mancano anche in noi; è facile “scagliare le pietre”. La soddisfazione di lanciare le pietre ci fa dimenticare chi siamo, ci scarica dalla nostra responsabilità e dal senso di colpa. Tanta “brava gente” fa campagne contro la prostituzione perché le strade siano più “pulite”. Si emarginano i drogati perché non possano rimproverarci il nostro vuoto egoismo. Si fanno carceri correzionali, per dire a noi stessi che facciamo il possibile. Si chiudono i nostri vecchi genitori in ricoveri perché “ingombranti”, o si suggerisce l’eutanasia per malati cronici e incurabili. Tutta “brava gente” che nello stesso tempo ha voluto “legale”, prima il divorzio e poi l’aborto, coppie-unioni di fatto, ecc. Gente che magari osa chiamarsi “cristiana” perché fa ancora battezzare i figli, permettere la prima Comunione e la Cresima, ecc. Tutto questo costituisce capo di accusa contro di noi, e la loro sofferenza aumenta la nostra ipocrisia e diventa la sofferenza di Cristo.
> Di fronte all’elenco dei peccati, risuonano le 6 parole di Gesù: “Ti sono perdonati i tuoi peccati”, che nel Vangelo bastano a spazzare via tutte le miserie e tutte le vergogne di una povera vita. Ci obbliga a lascia cadere le pietre che avevamo in mano. L’esperienza di essere amati malgrado il peccato, ci dà la forza di prendere sul serio il nostro impegno di cristiani, a lasciare alle spalle le vie del male e a cambiare vita. Ogni cristiano sarà in grado di realizzare la propria configurazione a Cristo morto e risorto, solo se si riconoscerà peccatore e desiderare il bene.
> Questo Gesù risorto, è lo stesso che ora ci apprestiamo a ricevere nell’Eucaristia; anche a noi Egli concede il suo perdono e ripete quelle parole consolanti che disse all’adultera: “Va’ in pace e d’ora in poi non peccare più”.
> Gregorio di Narek: (“Libro di preghiere”):
“Signore Dio,
Tu non sei un Giudice che condanna, ma un Salvatore.
Tu non perdi, ma trovi.
Non uccidi, ma doni la vita.
Non mandi in esilio, ma riconduci a casa.
Non tradisci, ma liberi.
Non anneghi, ma salvi.
Non maledici, ma benedici.
Non ti vendichi, ma perdoni.”