Il Popolo di
Israele di origine aramaica era profondamente radicato nell’esperienza dei nomadi Trameni che furono i loro
Patriarchi e questo si manifesta molto bene nell’attività di tutti i giorni perché si vede come siano
imbevuti di questa cultura e tradizione pastorale.
“Il sacerdote prenderà la cesta
dalla tua mano e lo deporrà davanti all’altare del Signore tuo Dio e tu pronuncerai queste parole davanti al
Signore tuo Dio: "Mio padre era un Arameo errante, scese in Egitto vi stette come un forestiero con poca gente e vi
diventò una nazione grande, forte e numerosa”. (Deut. 26: 4-5). Gesu’ entra in questa struttura di
origine pastorale, la cui vita e sostentamento sono basati sul sapere accudire gli animali dai quali ricevono tutto.
Vediamo molto bene come queste culture o comunità, nel Nord del Kenya, le tribù dei Sumburu, Turkana e altre
tribù di origine pastorizia, abbiano un modo tutto loro nel saper trattare come pastori i loro greggi.
Difendono il loro bestiame, dalle bestie feroci, al punto che a volte danno la propria vita per salvare il loro
gregge. Vegliano sui loro greggi, adattandosi alla loro situazione, conoscendo il loro modo di vivere, insomma
stabiliscono un contatto per vivere la vita con loro, aliena e forse incomprensibile ad altre culture. La persona del
Messia che viene da questo popolo, si inserisce, non a caso, perché non fa mai le cose a caso, ma volutamente, per
poter essere nel suo insegnamento e nella sua attività l’esempio di un pastore che ama il suo gregge.
Questa maniera di presentarsi e’ un insegnamento semplice alla portata di tutti, ed e’ la via
più semplice anche per essere ascoltato da tutti con piacere perché si possono cogliere anche le sfumature.
Potremmo chiederci come mai Dio abbia scelto Davide per guidare il suo popolo, al posto di Saul, lo ha scelto mentre
pascolava il suo gregge. Sembra che Dio gli abbia detto: “Lascia questo gregge, perché ho un’altro
gregge da affidarti”. Davide “servo” del gregge diventa “servo” del popolo di Israele.
“Ora mettetevi a lavoro perché il Signore ha detto e confermato a Davide: Per mezzo di Davide
mio servo libererò Israele mio popolo dalle mani dei Filistei e dalle mani di tutti i suoi nemici” (2
Sam. 3:18). “Ma non tutto il regno gli strapperò; una tribù la darò a tuo figlio per amore
di Davide mio servo e per amore di Gerusalemme, città da me eletta”. (1Re. 11:13). Ma poi la tentazione
dei Capi del popolo di Israele e’ stata più forte dell’ufficio ricevuto. Essi hanno servito se stessi
non il popolo, sebbene Dio volesse da questi Pastori che fossero al servizio del gregge, loro invece sono stati infedeli.
Ecco il lamento di Dio, che leggiamo nella prima lettura. “Voi avete disperso le mie pecore,
le avete scacciate e non ve ne siete preoccupati; ecco io mi occuperò di voi e della malvagità delle vostre
azioni.” (Ger. 23:2). Nonostante tanti secoli passati, e tanti richiami da parte dei Profeti, al tempo di
Gesú siamo allo stesso livello di sempre, non vi e’ tanta differenza tra il lamento di Geremia appena letto,
e quello che Gesú dice nel Vangelo di oggi. “Sbarcando vide molta folla e si commosse per loro,
perche’ erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose”. (Mc. 6:34).
Se analizziamo un po’ la situazione oggi, non vi e’ molto da aspettarsi dai Governi o da coloro che
sono posti a capo delle Nazioni. C’e’ una specie di parallelismo fra i Governi di oggi e coloro che guidavano
il popolo al tempo di Gesú. I Capi di allora frustravano il popolo, mentre Lui e i suoi discepoli si davano da fare
per aiutarlo. Quelli di oggi sono presi da interessi personali il cui scopo e’ solo quello di far bella figura e di
arricchirsi. Avviene che in molte Nazioni, la corruzione sia penetrata nelle sfere più alte, per cui non
c’è più rispetto per “l’altro”, il quale languisce nella povertà e nella
indigenza.
Possiamo affermare che vi sono interferenze indebite, in campi nei quali solo Dio ha il
potere, come nel campo della famiglia, del matrimonio, della vita e della procreazione con l’aborto e la distruzione
degli embrioni e con il riconoscere le coppie dello stesso sesso. Il matrimonio tra uomo e donna, pilastro naturale della
società viene minato dalla sua fondazione, sfaldato dalle sue radici naturali per cui ha perso quella forza di
generare una società sana, essendone la cellula. Il volto del Buon Pastore cosí ben presentato dalla Bibbia
si e’ trasformato nel volto del dio del piacere e del dio denaro, per cui ogni cosa diventa possibile.
Senza poi dire che l’umanità ha perso la fiducia gli uni con gli altri, e si ha sempre paura di
essere travolti dalla potenza del male le cui spire sono gli attentati che uccidono tanta gente innocente. Perchè?
Perchè ci siamo allontanati dalle vera figura del Pastore così, come Gesú l’ha presa dal suo
popolo e l’ha messa in pratica nella sua attività. Quella promessa che era stata fatta al popolo di Israele,
si e’ adempiuta perfettamente in Cristo, lui ha portato a compimento quello che era stato detto, per insegnarci come
dobbiamo fare per servire il popolo. Il Servo di Yaweh ci indica come servire il popolo, cioè “servire”
il gregge non fare da “padroni”. Ognuno nella propria sfera al servizio del popolo, cosi come Gesú che
serve il popolo e manda a riposare i suoi discepoli mentre lui sente pietà della gente e la istruisce. “E
si mise a insegnare loro molte cose” (Mc. 6:34).
La Chiesa Cattolica oggi, così come
nel passato, é chiamata a continuare questa azione del buon Pastore, nel riportare alla considerazione quei
principi che sono inviolabili e che sanano la società e garantiscono di vivere la carità, la pace, doni che
vengono da Dio e che sono da salvaguardare. Ecco perchè la figura del Buon Pastore ci richiama oggi a quei principi
che ci portano ad una serena convivenza che deve essere universale, perché Dio e’ il Padre di tutti. Infatti,
noi pure Chiesa, noi pure, battezzati, noi pure immersi come gli altri uomini nelle complessità della storia di
oggi, rimaniamo saldi nella certezza che Dio é Padre e ci ama.
È lui il datore di quella
pace che costruisce delle relazioni stabili basate non sulle parole ma sui fatti. Questo può avvenire soltanto alla
luce dei principi cristiani, non c’e’ altra via. L’autore della lettera agli Efesini, nella seconda
lettura ci fa vedere questa unica via, tracciata dal sangue di Cristo: “Egli infatti è la nostra pace,
colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè
l’inimicizia, annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se
stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo
della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia”. (Ef. 2: 14-16).
Qui abbiamo il
perfetto Pastore che dà la vita per il suo gregge, per acquistare i valori che lo nutrono e lo fanno riposare.
“Io sono il Buon Pastore. Il Buon pastore offre la vita per le pecore”. (Gv. 10:11). A questo punto
ci viene spontaneo invocare il Signore con le sue stesse parole che sono sempre parola di vita:
“Il Signore e’ il mio pastore:
non manco di nulla;
su pascoli erbosi mi
fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Felicità e grazia mi saranno compagne
tutti
i giorni della mia vita,
e abiterò nella casa del Signore
per lunghissimi anni” (Sal. 23:
1-3: 6).