1) "IL SIGNORE VUOLE CHE IL PADRE SIA ONORATO DAI FIGLI" (Sir. 3, 3). Il testo del libro del Siracide che leggiamo nella prima lettura, certamente ha presente il comandamento che si legge in Es. 20, 12, dove si dice espressamente che bisogna onorare il padre e la madre, a cui é unita la promessa di una lunga vita.
In questo testo vengono indicati alcuni atteggiamenti dei figli verso i genitori, come l'aiuto e la comprensione nella vecchiaia, l'obbedienza e il rispetto anche quando non avessero più tutte le facoltà mentali. Atteggiamenti considerati non solo come segni di devozione, ma come espressione del volere di Dio. Inoltre si mette in risalto che chi osserva questo comandamento sarà premiato da Dio non solo con una vita lunga, ma anche con il perdono dei peccati, con la sicurezza di essere ascoltato nella preghiera e con la gioia che gli verrà a sua volta dai propri figli.
Suggerimenti che oggi potremmo tradurre con altri termini come comprensione, umiltà, tolleranza, dialogo, solidarietà, perdono, rispetto vicendevole, indispensabili per una convivenza familiare pacifica.
2) "AL DI SOPRA DI TUTTO VI SIA LA CARITA' , VINCOLO DI PERFEZIONE" (Col. 3, 14). Anche San Paolo, nel brano della Lettera ai Colossesi che leggiamo oggi, ci da alcuni suggerimenti utili per convivere serenamente, come "bontà, misericordia, umiltà, mansuetudine, capacità di sopportazione e di perdono", conseguenza di quel cambio radicale che dovrebbe realizzarsi nel cuore di tutti coloro che accolgono la forza rinnovatrice del Vangelo. Ma aggiunge un elemento che dovrebbe essere come la sintesi di tutto: "al di sopra di tutto vi sia la carità, che é vincolo della perfezione".
Una famiglia é fondata necessariamente sull'amore, perché é quello che le dà calore e vita. Per questo diventa la prima scuola dove s’impara ad amare. Il figlio, frutto dell'amore dei genitori, impara ad amare se sente di essere amato dai suoi, che a sua volta lo renderà capace di amare i suoi genitori e i suoi fratelli. L' amore é una dinamica che esige reciprocità.
Allo stesso tempo una famiglia unita, capace di amare, no puó chiudersi in se stessa. L' amore che si sperimenta nella piccola famiglia naturale, deve potersi espandere verso tutti, cioè verso la gran famiglia universale. Perciò é necessario che la prima esperienza familiare di amore, cresca progressivamente nei gruppi dei parenti, degli amici, dei vicini, dei membri della comunità parrocchiale, dei paesani, fino a raggiungere l'intera umanità.
In questo senso quindi, se la piccola famiglia naturale garantisce questa dinamica, la fraternità universale, non solo non resta una utopia, ma realmente si va costruendo e consolidando.
3) "NON SAPEVATE CHE DEVO OCCUPARMI DELLE COSE DEL PADRE?" (Lc. 2, 49). Il Vangelo ci presenta la prima esperienza di indipendenza di Gesù dai suo genitori. A prima vista, questa risposta a due genitori affannati nella ricerca del figlio che si é perso, potrebbe sembrare come una mancanza di rispetto. In realtà é una chiara affermazione dei diritti di Dio a cui devono sottomettersi tutti gli altri, anche quelli pur sacri di una famiglia.
E' proprio quest'affermazione di Gesù che ci fa aprire gli orizzonti. Tutti facciamo parte per l' Incarnazione e per il suo Sacrificio Pasquale della famiglia universale. Ed é precisamente a questa famiglia che Ges ù pensa in quel momento, famiglia che poi chiamerà Regno di Dio, già iniziato per la sua presenza. E fin dai primi anni vuole che anche Giuseppe e Maria guardino con tenerezza a quella famiglia ampia, anche se nel momento, essi "non compresero le sue parole". L' aprirsi a un amore universale é frutto di un lungo cammino e soprattutto di un lavoro costante della grazia di Dio.
Fin dall'inizio Gesù aveva ben chiara la missione per la quale era venuto al mondo: fare di tutta l' umanità la gran famiglia di Dio, che riconosca Dio come Padre e tutti, per Gesù e in Gesù, si sentano fratelli.
Sir. 3, 3-7.14-17
Col. 3, 12-21
Lc. 2, 41- 52