At 2, 42- 47
Sal 117
1 Pt 1, 3-9
Gv 20, 19-31
Mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me anch’io mando voi.» Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Didimo, non era con loro quando venne Gesù...
La Pasqua non è Pasqua se non è annunciata e testimoniata. E’ bello vedere la ricerca appassionata di Maria di Magdala che, fra le lacrime e senza scoraggiarsi, cerca il Signore. E dopo che il Signore la chiama per nome, ecco che lei, subito va ad annunziare: “Ho visto il Signore”, e dà testimonianza di ciò che ha vissuto. Maria di Magdala è l’immagine della Chiesa, invitata a vivere con passione l’incontro con il Signore, cercandolo per lasciarsi incontrare (santità) e allo stesso tempo annunziarlo con gioia (missione), contagiando la vita, l’amore, la speranza: in poche parole, la vita nuova che Gesù ci offre.
Ma per gli apostoli gli inizi pasquali non sono così entusiasmanti.
Gesù appare loro dicendo: «Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi...». Ecco, anche loro sono invitati a fare i “postini”, a recapitare in tutto il mondo la «buona notizia» che cambia e ricrea le persone ed il mondo intero. Ed ecco che proprio uno di loro, Tommaso, che dovrebbe essere “specialista” nell’annunziare e testimoniare la Pasqua, si mostra impermeabile ad accogliere la notizia gioiosa della Risurrezione, che costituisce il nucleo essenziale dell’annuncio missionario.
- Abbiamo visto il Signore! - proclamano, entusiasti, i suoi compagni.
Ma lui non si fida della loro testimonianza. Vuole vedere, toccare, verificare di persona.
«Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito al posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò».
Se Tommaso fosse uno sconosciuto, sarebbe stata comprensibile la richiesta di “prove”, ma è uno dei dodici, è uno di quelli che hanno ricevuto dal Signore la responsabilità di andare fino ai confini della terra…
Ed ecco Tommaso, l'incredulo, di fronte al Crocifisso risorto, che sembra disposto a soddisfare la sua curiosità, il suo bisogno di realismo e concretezza: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!»
Ma quando Gesù viene verso di lui, Tommaso rinuncia improvvisamente a ogni verifica e dà la vera, grande risposta: «Mio Signore e mio Dio!»
E’ la risposta di un uomo trasformato dalla presenza del Signore, i cui sensi sono purificati e divenuti, per così dire, inservibili. Tommaso non ha più bisogno di toccare. Sa che d'ora in poi il contatto con Gesù si realizza, nella fede.
Questo Vangelo “mi fa male”, è per me e per noi che abbiano consacrato la nostra vita alla missione uno scossone: perché non corri più per cercare il Signore, dove sono le tue lacrime, perché non ti stupisci più ed il tuo cuore è freddo senza passione? Invitiamo gli altri a sommergersi nel mistero e nella gioa della Pasqua e noi pretendiamo di vedere, toccare, pesare, misurare, calcolare. Il vero problema della missione è un problema di fede.
Questa seconda domenica di Pasqua ci immerge nell’esperienza della vita cristiana: non si può dare niente per scontato ma tutti i giorni dobbiamo tuffarci nel vangelo per essere, come dice San Paolo: “Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,19). Solo così potremo sentire il cuore di Gesù che continua a palpitare per tutta l’umanità, solo così potremo vivere il “martirio”, perché tutti abbiano vita ed abbiano vita in abbondanza (Gv 10, 10).
Questo Vangelo “ci fa male” perché diventa una sfida: siamo invitati a vivere la nostra esperienza missionaria che nasce dalla Pasqua come una esperienza di resistenza culturale. Quanti continuano a chiederci: “cosa hai fatto in missione?” e quando parli dei veri miracoli, quelli che danno senso alla vita, quelli che permettono che la gente si ritrovi con fede a leggere la Parola a pregare, a inventare come essere fratelli, nella condivisione, nella ricerca della giustizia e della pace… queste sono cose che non si toccano e non si vedono, apparentemente non contano.
La beatitudine di coloro che credono senza aver visto ci suggerisce la ricerca e l’esperienza di un Dio che non è superfluo ma gratuito. E’ la beatitudine dei credenti, dei missionari.
L’incredulità di Tommaso è l’incredulità di colui che non sa contemplare, meravigliarsi e godere con i piccoli gesti della vita (“Ti benedico, o Padre, … perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli “ Mt 11, 25). Questo Vangelo è l’invito a sentirsi discepoli, per imparare a gridare con il cuore e con la vita «Mio Signore e mio Dio!», e contagiare ogni realtà e ogni incontro della nostra vita.