Sap 12,13.16-19;
Sal 85;
Rm 8,26-27;
Mt 13,24-43
Ed anche quest’oggi la liturgia ci propone tre tavolette o meglio, come abbiamo precisato domenica scorsa, tre quadretti tratti dall’ambiente agricolo – domestico. Parabole che ad un cuore docile vogliono rivelare le modalità di inserimento del Regno di Dio nel mondo.
Sono le parabole della zizzania, del pugno di lievito, del granello di senapa. Obiettivo a cui Gesù mira è di farci capire che il regno dei cieli, cioè il Regno di Dio, e con esso anche la chiesa, è destinato a crescere nascostamente e tra mille difficoltà, ma il successo finale non potrà mancare.
Se gli inizi del Regno sono quasi impercettibili, il punto finale sarà grandioso. Utopia, sì, ma utopia cristiana che è meta trascendente e realtà sicura, cui dobbiamo guardare con fede e speranza.
Ed ora premettiamo una inquadratura ed una ambientazione delle parabole. I tre nomi sono legati nella nostra mentalità a qualcosa di gustoso, il lievito nella pasta, di stuzzicante, il granello di senapa, di nocivo, l’erba maligna, il loglio.
La zizzania o il loglio secondo il termine ebraico, che vuole dire inebriante, possiede un’azione tossica a causa di un piccolo fungo; narcotizza e dà capogiri. Si distingue alla mietitura perché le spighe sono vuote. Simbolo, oggi, della droga.
La senapa evoca una comune salsa piccante e i benefici medicamentosi cosiddetti senapismi. Da seme proverbialmente piccolo quanto una punta di spillo. Cresce fino a diventare ottimo approdo per gli uccelli del cielo. Simbolo per Gesù della fede e della chiesa, sicuro rifugio per i figli del cielo.
Il lievito: i suoi potenti e invisibili enzimi svolgono una silenziosa e rapida scomposizione chimica. L’acido carbonico che ne nasce lievita tutta la massa fino a triplicarne il volume: le tre staia triplicate sono sufficienti per 250 pezzi di pane rotondo e sottile. Simbolo dell’amore e dello zelo del cristiano che silenziosamente trasforma e rende vivibile e gustoso il mondo in cui è inserito, senza alcuna distinzione. I cristiani sono nel mondo come l’anima nel corpo, commentava la Lettera a Diogneto.
Domenica scorsa abbiamo predisposto il cuore a ricevere il seme della Parola di Dio seminato durante l’assemblea festiva. Ma attenzione, avverte Gesù: una notte un nemico venne e seminò in mezzo zizzania e se ne andò.
Nel giorno del sole viene gettato il seme, nella notte, negli altri sei giorni subentra, anche nelle comunità, la martellante colluvie di messaggi dei mezzi di comunicazione sociale: giornali, riviste, internet, televisione, la grande sorella come la chiamò Sartori, il lembo del mantello del Card. Martini. Messaggi a volte camuffati di bontà ma per lo più programmi fuorvianti, violenti, che preoccupano i benpensanti, specie quando al linguaggio intelligente subentra il linguaggio seducente di un corpo femminile, quello dell’oca bella e della brutta intelligenza.
Rinunciare alle moderne tecniche di informazione? Rischieremmo di estirpare anche il buon grano, le varie informazioni e rubriche religiose, l’informazione sulle buone iniziative che promuovono in verità le persone e il Regno. Verrebbe meno la presenza nei moderni areopaghi, privandoci di formidabili mezzi di evangelizzazione e di formazione cristiana.
Ed ecco allora completare il pensiero con la parabola del lievito che ci fa apprezzare la forza trasformatrice dello Spirito che agisce attraverso la chiesa, silenziosamente inserita nella massa degli uomini. Il Concilio con un apposto decreto ha poi in proposito evidenziato la preziosità dei moderni mezzi telematici, tracciando le direttive per una saggia valorizzazione dei medesimi; anche le nostre Costituzioni invitano a valorizzarli in modo adeguato e dignitoso.
Ed ancora la parabola del granellino di senapa, arbusto crocifero, che iperbolicamente diventa un albero gigantesco che estende i suoi rami ed accoglie tutti gli uccelli del cielo. Fede e speranza qui si fondono in un solo sguardo che abbraccia la piccolezza del seme e la grandiosità del risultato finale. “Non temete, spalancate le porte a Cristo”.
Tre parabole che sono un invito a guardare al fratello con pazienza lungimirante, senza classificazioni ed esclusioni premature, in quel clima di fiducia voluto dalle nostre Costituzioni; un invito ad essere nella comunità seminatori di bontà, fermento di fraternità per aiutarci reciprocamnte nel cammino di santità.