XVII Domenica TO

Pubblicato in Domenica Missionaria
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1 Re 3,5.7-12;

Sal 118;
Rm 8,28-30;
Mt 13,44-52

Si conclude oggi il grazioso capitolo delle sette parabole con cui Gesù ha voluto presentare il mistero del regno dei cieli e, con esso, anche quello della chiesa. Lo ha esposto prima alla folla assiepata lungo le rive del lago di Genezaret e poi lo ha spiegato ai discepoli nela casa di Pietro a Cafarnao. Il regno dei cieli, come pure la chiesa, è come un seme: viene gettato da Gesù nel mondo per salvarlo, si inserisce nella storia dell’umanità per rendere gustosa la vita delle persone e per farne lievitare i valori dello spirito. I buoni, costretti a convivere con i cattivi, cercano di essere operatori di bontà, di solidarietà e di pace.

Dopo queste parabole di sapore agreste e domestico, ecco due parabolette di tinta affaristica e commercialistica: un tesoro nascosto e una perla preziosa. Due parabole gemelle, simili per certi aspetti: eccezionale valore della scoperta, liquidazione di ogni bene, investimento nel nuovo titolo di ricchezza. Diversi i protagonisti: nella prima un povero bracciante agricolo, nella seconda un ricco commerciante.

Durante i frequenti torbidi politici, i forzati profughi avevano l’uso di sotterrare i tesori di casa per sottrarli all’ingordigia degli invasori. Così lo storico ebreo Flavio narra che molte suppellettili in oro e argento furono nascosti in campi, fogne, sotterranei. Ebbene, Gesù ricorda l’agricoltore che trova uno di questi tesori sepolti: pieno di gioia, gioca il tutto per il tutto, svende ed entra in possesso dell’inaspettata fortuna. Così chi ha conosciuto e ben valutato il regno dei cieli è disposto ad abbandonare ogni altro bene terreno pur di acquistare quel sommo bene.

Lo stesso insegnamento scaturisce dalla brevissima parabola della perla preziosa. Qui non si tratta di una imprevista fortuna, di un gratta e vinci, di un ritrovamento casuale. Tutto è frutto di una lunga ricerca, di un diuturno impegno del commerciante. E giunto al termine di estenuanti trattative anche il mercante vende ogni altro suo avere. Così è del raggiungimento del regno dei cieli: occorre un costante lavoro di ricerca di studio, di preghiera, di riflessione, per conoscere sempre meglio la preziosità dei beni ultraterreni e valutarne la superiorità rispetto agli altri beni che ci attirano.

Ogni persona di buon senso non può che trovare saggia la decisione di non lasciare sfuggire un’occasione così propizia a costo di porre sulla bilancia tutto ciò che possediamo. A maggior ragione quando il tesoro posto in palio è il regno dei cieli, tesoro inestimabile, valore e fonte della nostra gioia.

Pirandello diceva che su questa terra solo le bestie hanno quanto basta per essere felici secondo la natura. L’uomo, no. L’uomo ha un sovrappiù che di continuo lo stimola a cercare sempre più in alto il compimento della sua felicità e quanto più cerca di soddisfare il suo desiderio di felicità su questa terra, tanto peggio egli sta. Con parole meno filosofiche e meno teatrali, Gesù spiega che cosa sia il regno dei cieli e cosa sia la chiesa nella quale l’uomo è inserito per realizzarsi in pieno e raggiungere la vera felicità: l’unione con Dio.

Ritorna sempre alla mente la bellissima espressione di Agostino, il grande retore africano di Milano che, dopo avere assaporato i piaceri del sesso nell’unione illegale e quelli del sapere, convertitosi esclamava: Signore, ci hai fatti per Te ed inquieto è il nostro cuore finché non trova in Te la sua felicità.

Simile è ancora il regno dei cieli ad una rete gettata in mare e alla eliminazione di quei pesci che gli ebrei ritenevano impuri. Ed ora il discorso di Gesù si sposta sulla futura e definitiva separazione tra buoni e cattivi alla fine dei tempi. Verranno gli angeli del cielo e getteranno i cattivi nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.

Matteo allude chiaramente al giudizio universale e alla conseguente selezione: o paradiso o inferno. Come la minaccia nucleare, ormai in dotazione a molte nazioni, costituisce pur sempre un deterrente contro gli orrori della guerra e coefficiente di pace, così la prospettiva della fornace ardente e dell’inferno vuole essere uno stimolo a sfuggire la forza gravitazione delle cose terrene ed entrare nell’orbita delle realtà celesti.

“Avete capito tutto ciò?”, domanda Gesù, e conclude il discorso delle sette parabole con una visione di speranza: allora i giusti, gli operatori di bontà e di pace, splenderanno come il sole nel regno del Padre.

Maria santissima assunta nell’alto dei cieli ci aiuta in questa ascensione e ci comunica la sua gioia: l’anima mia è piena di gioia perché il Signore ha fatto in me grandi cose.
Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:12
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