Domenica scorsa l’evangelista Matteo ci ha descritto la faticosa giornata di Gesù presso Betsaida, conclusa con la miracolosa distribuzione dei pani. L’entusiasmo della folla era salito alle stelle col rischio di provocare Erode che aveva appena decapitato Giovanni Battista e sospettava fortemente di Gesù.
Gesù congeda quindi la folla. Vuole ritirarsi a pregare lassù sul monte, solo a pregare. Così egli conclude la faticosa giornata. La solitudine, la preghiera, il colloquio col Padre. Sono momenti importanti per Gesù; è esigenza della sua vita e missione. E costringe anche gli apostoli a prendere il largo; è meglio che non si montino la testa con facili e pericolose illusioni. Mafia e crudeltà sono in agguato.
Nonostante la notte incombente, gli apostoli affrontano il lago di Tiberiade. Un lago di 21 per 12 km., a più di 200 metri sotto il livello del mare, incassato tra i monti e quindi soggetto a raffiche impetuose di vento. Anche se, da buoni pescatori, sono abituati a quelle intemperie, questa volta gli apostoli faticano a remare. Il vento contrario, invece che a ponente li spinge verso mezzogiorno.
Ed ecco nella notte tempestosa l’episodio miracoloso, che alterna momenti di drammaticità a momenti di comicità. Si era giunti alla quarta vigilia, cioè allo spuntar dell’alba. Dopo la lunga notte burrascosa, gli apostoli vedono profilarsi sulle acque agitate un’ombra veloce che sfiora la barca per passare oltre. Immaginate lo spavento di quei pescatori esausti: si lasciano prendere dal panico e cominciano ad urlare: “. È un fantasma”. Gesù allora pone fine a quello che può sembrare uno scherzo di cattivo gusto e, rassicurante, dice agli apostoli: “Sono io”. Affermazione che richiama lo Javeh del roveto di Mosé. “Non temete”, esortazione frequente in Gesù.
Allora Pietro, vedendo Gesù camminare sulle acque, nel suo caratteristico entusiasmo chiede: “Signore, se sei Tu, comanda che io venga”. Un misto di fede, di dubbio e di speranza. “Vieni”. Fiducia, slancio, paura, si alternano e tingono di comicità il tragico episodio. Strano! All’invito, Pietro sicuro, incurante delle acque ancora infide, esce dalla barca e corre spavaldo verso il suo Signore! Ridicolo: non ha paura dell’acqua e teme il vento. Mentre affonda, disperato grida: “Salvami, Signore”. Bellissimo il gesto di Gesù: stese la mano, lo afferrò. Rassicurante la sua voce, che è pure un dolce rimprovero: “Uomo di poca fede, perché dubitare?”.
Altre volte i vangeli evidenziano questo rapporto di intimità e di fiducia tra Gesù e Pietro. Pietro è nel vangelo il personaggio più noto e più citato: 50 volte, 154 in tutto il Nuovo Testamento. Il che denota il ruolo preminente di Pietro. Gesù non gli lesina rimproveri e tuttavia gli affida la sua chiesa. Pietro agisce sì in prima persona, ma anche a nome di tutti i discepoli che da lui ricevono coraggio.
Appena Gesù salì sulla barca, il vento cessò. Come in un lampo i discepoli, ancora incerti dopo la prodigiosa moltiplicazione dei pani, si ricredono. Nell’operatore del miracolo, nel fantasma che cammina e fa camminare sulle acque agitate, in Lui che acquieta il vento riconoscono finalmente il Messia, si prostrano ed esclamano: “Tu sei veramente il Figlio di Dio”.
Nell’atrio della basilica di san Pietro, in alto, sulla volta e un po’ nascosto, vi è un dipinto famoso: la navicella della burrasca con Pietro e gli apostoli. Simbolo di una chiesa sempre combattuta da forze avverse. Ma il mare è anche una calzante metafora dell’avventura umana. Siamo sempre al largo, incombe la notte, la nostra vita è agitata. E Dio a volte sembra così lontano, incurante dei nostri acciacchi. La stanchezza, la solitudine, gli acciacchi sono tanti e sarebbe così facile lasciarsi andare. È tutto così difficile, incomprensibile e ci sentiamo sempre più miseri e deboli.
“Uomini di poca fede, non abbiate paura. Sono io”. Non è un fantasma che così ci parla. È Gesù. Come gli apostoli rinnoviamo il nostro atto di fede: “Tu sei veramente il Figlio di Dio”.
“Spalancate le porte a Cristo” ci dice ancora il Papa, invitandoci a varcare le porte della speranza.
Paura di che? dice Lucia del Manzoni, nel Lazzaretto. Abbiamo passato ben altre cose. Dio ci custodirà anche adesso. Paura di che? fa dire Cantucci in un suo personaggio. La paura picchiò alla porta; la fede andò ad aprire: nessuno.
Mi commosse la confessione di Giovanni Raggio, pentito, ex killer della n’drangeta, pluriomicida: “Quando i valori terreni su cui poggiavo la mia esistenza sono crollati, mi sono trovato a lottare contro la disperazione e mi sentii inghiottito dal buio. Allora mi sono ricordato del Gesù che pregavamo in casa da piccoli insieme ai genitori. Solo attingendo la forza da Cristo e con l’aiuto di mia moglie ce l’ho fatta. Ed ora ho paura, sì, ma vi assicuro molto meno di un tempo. Prima la mia religiosità era solo formale. Ora mi inchino al Dio che ci strappa dal profondo degli abissi, perdona le nostre colpe e non ci ripaga secondo i nostri peccati”.
Forse ispirandosi a questo burrascoso episodio, il regista di “Marcellino, pane e vino” ci ha lasciato un altro film: “Il traghettatore eretico in mare”. Il traghettatore malvolentieri accetta di trasportare una pesante statua di legno rappresentante Gesù Cristo. Una tempesta strappa il traghetto in alto mare e tutto l’equipaggio perisce, salvo l’eretico, il quale riesce a stringere le braccia attorno alla statua di legno che galleggia e, infine, gli permette di sopravvivere e salvarsi. Scosso da quel salvataggio e dopo varie titubanze, l’eretico si arrende e, riconoscendo il provvidenziale intervento, afferma: Non io ho abbracciato un pezzo di legno; c’era qualcuno che mi abbracciava durante la tempesta ed era uno che camminava sulle acque”.
Concludiamo con l’esortazione di San Bernardo: O u che sei convinto di essere sballottato tra le tempeste di questa vita, guarda Maria: il suo nome significa “stella del mare”. Se insorgono i venti delle tentazioni, se urti negli scogli delle tribolazioni, guarda alla Stella e invoca Maria. Se sei turbato dalla gravità dei peccati, se ti assale la tristezza e la disperazione, pensa a Maria, domanda l’aiuto della sua preghiera. Nei pericoli e nelle angustie di ogni giorno, guarda alla Stella, e il suo nome sia sempre nel tuo cuore e sulla tua bocca.
Come Elia si rifugia di notte nella caverna e sente il Signore, come Gesù di notte sale sul monte per pregare, così noi, lontani dal tramestio del mondo, dai frastuoni della televisione possiamo, nella solitudine, trovare momenti preziosi di incontro con dio; un incontro desiderato, cordiale, intimamente vissuto, senza fretta, in cui gridare: “Signore, salvami!”.
La Consolata, stella ai naviganti in mare, ci soccorra e ci infonda coraggio.