1 Sam 3,3b-10. 19;
1 Cor 6,13c-15a. 17-20;
Gv 1,35-42
Il racconto di vocazione del giovane Samuele prepara il terreno a meditare la chiamata dei primi tre discepoli fatta da Gesù.
Per tre volte nella notte, mentre ancora crepitava nel tempio la lampada ad olio, Samuele sente il richiamo di una voce che lo chiama per nome; egli percepisce il richiamo, ma non ne conosce la provenineza. Guidato dal vecchio sacerdote Eli, Samuele, appena un ragazzo, inizia a penetrare nel mistero; la luce del discernimento entra gradualmente nel suo cuore. Appena intuisce che è il Signore a chiamarlo per nome, Samuele risponde con tutta prontezza e disponibilità “parla, perché il tuo servo ti ascolta”. Da allora, commenta l’autore sacro, Samuele acquistò autorità su tutto il popolo di Israele e divenne profeta del Signore.
La disponibilità pronta e generosa ad ascoltare la parola di Dio di Samuele è simile a quella dei due discepoli di Giovanni a seguire Gesù.
Il Vangelo di oggi, è redatto con vivacità e con l’impronta di chi è stato testimone dei fatti. Geograficamente siamo verso il Mar Morto non lontano dal fiume Giordano, dove Gesù è stato battezzato appena qualche giorno prima. Giovanni Battista rinnovando “il giorno dopo” la stessa testimonianza sull’identità e sulla missione di Gesù “Agnello di Dio” mentre stava ancora là con due dei suoi discepoli, invitava implicitamente i propri discepoli a lasciare lui per seguire Gesù di Nazareth. I due discepoli mostrano di aver capito il senso dell’indicazione del dito di Giovanni e con pronta decisione si mettono a seguire Gesù. Andrea è uno di questi due, vien riferito il suo nome perché sarà lui che annuncerà a suo fratello Simon Pietro a riguardo dell’incontro con il Messia – l’altro è Giovanni l’autore di questo Vangelo.
Gesù si voltò e vide che stavano seguendolo – si voltò: questo ci dice che quando abbiamo buona volontà il Signore percepisce subito ed è tutto pronto a riceverci. San Giovanni della Croce dice “grande è il potere e la tecnica dell’amore che conquista e lega Dio stesso...”. E Gesù disse loro “cosa cercate?” Gesù sapeva già tutto, ma qui volle incominciare a parlare amichevolmente con loro, altrimenti quelli non avrebbero osato. I due risposero con un slancio di estrema immediatezza: “Maestro, dove abiti?”. Lo chiamarono Maestro quasi per dirgli che essi volevano essere suoi scolari-discepoli. E Gesù “venite e vedrete” ecco Gesù acconsentì ad accettarli come suoi discepoli; i due discepoli del Battista diventano discepoli di Gesù.
Il cardinale di Vienna una volta predicò gli esercizi al Papa appunto sul tema “Maestro, dove abiti?” e diceva che Gesù abita nella Chiesa cattolica, ma il suo spirito opera anche altrove. “Appartenere alla Santa Chiesa cattolica è una meravigliosa misericordia divina, e una immensa fortuna; una fortuna per la quale non può venir mai meno in noi né una gioiosa fierezza, né una grande riconoscenza verso il Padre” (cardinal Giacomo Biffi).
Disse loro: “venite e vedrete” andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di Lui; erano circa le quattro del pomeriggio. I due discepoli restano conquistati dal fascino e dalla maestà del Cristo. Gesù compirà pienamente la sua promessa: “venite e vedrete” quando nel corso della sua vita manifesterà la sua gloria ai discepoli (Gv 2,11) – e farà comprendere loro che il Padre è “la dimora” stabile in cui egli vive sempre in comunione di amore e di dono di vita.
L’evangelista ricorda l’ora di quell’incontro “erano circa le quattro del pomeriggio” – fu un’ora determinante della loro vita, qualcosa di indimenticabile. Possiamo paragonare questa ora al giorno del nostro battesimo – è il giorno dell’incontro con Gesù, anzi si diventa proprietà di Gesù nel corpo e nello spirito: Egli è il capo noi diventiamo sue membra, Egli è la vite noi diventiamo i suoi tralci. Il cristianesimo è Gesù stesso in persona. Sant’Ambrogio ha questa frase “o Dio tu esisti, io ti ho incontrato nei tuoi sacramenti”.
Le prime parole di Gesù riportate nel Vangelo di Giovanni sono “che cercate?” – questa domanda è rivolta non soltanto ai primi discepoli ma ai discepoli di tutti i tempi: avere questo atteggiamento di costante ricerca significa che siamo coscienti che il suo mistero ci trascende all’infinito, che la conoscenza o l’esperienza che potremmo avere di Lui saranno sempre limitate, che dobbiamo essere illuminati dallo Spirito di verità sì che possiamo sempre più adeguarci alla misura di Cristo e non costringerlo ad abbassarsi alla nostra statura.
Tra i doni fatti da Dio all’umanità, il più importante è quello di conoscere e amare Cristo. Gesù è tutto, e basta come unica ragione per vivere (Mariano Magrassi). E santa Gemma Galgani “o Gesù unico amore di tutte le creature”.
San Paolo ci ricorda come siamo uniti a Lui: “non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo?” (1 Cor 6,15).
Dobbiamo rispettare il nostro corpo perché esso dimora in Cristo e Cristo in esso. Dobbiamo avere un senso grandissimo della nostra dignità, che proviene proprio da questa intima unione con Gesù. La sequela di Cristo esige che anche il nostro “corpo” sia espressione della sua “signoria” sopra di noi (Albert Vanhoye).
San Paolo ci insegna che è precisamente nel nostro corpo che celebriamo la prima e più vera “liturgia” al Signore (Rm 21,1).
Abbiamo un bel corpo, anche la scienza nello studiare il corpo umano le tocca dire “qui c’è il dito di Dio”. E poi abbiamo una bellissima anima: l’anima è un raggio della divina sapienza, un soffio dello spirito divino – l’anima è semplice, spirituale, immortale e reca in sé l’immagine di Dio. Il corpo è legato alla terra mentre l’anima con la facoltà del pensiero può scrutare la natura stessa di Dio. Ma poi Dio ci ha elevati all’ordine soprannaturale dandoci la grazia che ci abilita a vivere la vita divina e a condividere la sua natura divina come suoi veri figli adottivi (1 Gv 3,1). La grazia tocca il nostro essere, lo sana e lo eleva portandolo alla sua piena realizzazione.
“Ci hai creati per Te e il nostro cuore è inquieto fino a che non riposa in Te” (sant’Agostino). E dal Paradiso la Madre celeste a volte appare qui in terra, come in questi giorni si ricorda la sua apparizione a Banneux il 15 gennaio 1933 – la Madonna si è chiamata la Vergine dei poveri e ha scelto una fontana per sé, che servisse alle nazioni per dar sollievo ai malati.
Marietta ha goduto il sorriso la tenerezza e l’atteggiamento materno della Madonna che ha mostrato sconfinata premura e attenzione materna per tutti.