Is 55,6-9;
Sal 144;
Fil 1,20c-27a;
Mt 20,1-16
Le letture di questa domenica, in particolare il brano dell’evangelista Matteo, possono suscitare nel credente un certo risentimento di fronte al comportamento del padrone della vigna, che non stenteremmo a condividere e a definire “antisindacale”. Sembra difficile, di fronte a questa parabola, pregare con il salmista che oggi proclama: Giusto è il Signore in tutte le sue vie ….
In realtà già la prima lettura, tratta dal libro del profeta Isaia, ci introduce alla comprensione del racconto di Gesù attraverso le vicende del popolo di Israele che viene esortato affinché, superata una tappa particolarmente faticosa del cammino, riesca a leggere nella propria storia un orizzonte più vasto.
Apparentemente, Israele ha ragione di essere deluso: il tempio distrutto, la terra promessa devastata… Dio non ha mantenuto le sue promesse! Ma il profeta esorta il popolo ad avere fede, l’orizzonte di Dio è infinitamente più largo di quello umano e la sua grandezza sta nel fatto che Egli resta vicino, oltre ogni speranza.
La vicinanza di Dio richiamata da Isaia non costituisce una semplice modalità di relazione fra Dio e l’uomo, ma è fonte di speranza per l’uomo stesso, perché Dio avrà misericordia di lui. Il Dio di Isaia non solo si fa prossimo all’uomo, ma è fonte della sua salvezza.
Sempre il salmista ci aiuta a pregare ricordandoci che: Il signore è vicino a quanti lo invocano, a quanti lo cercano con cuore sincero… Isaia ci rammenta però che la modalità con cui Dio opera il suo piano di salvezza va oltre le regole del nostro pensiero – la nostra razionalità, diremmo - perché: i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.
Grazie alla parola del profeta, che tratteggia la figura di un Dio prossimo e misericordioso ma al tempo stesso imperscrutabile, risulta più facile collocare nella giusta luce il padrone della vigna e le azioni da lui compiute nell’arco della “giornata”.
La parabola presentata dal vangelo di Matteo rispecchia la vita di allora e non si pone certo il problema di dare indicazioni per i rapporti sindacali, ma solo di farci sentire tutti chiamati al lavoro nella vigna del Signore, con la certezza che non lesinerà la ricompensa neanche a chi ha accolto tardi la sua voce. La novità per gli ascoltatori di Gesù sta particolarmente nel fatto che la chiamata continua a rinnovarsi, senza limiti e coinvolge sempre operai nuovi. Non c'è soltanto quella del mattino, non c'è soltanto il privilegio di Israele, peraltro non smentito, ma ogni momento della storia, della propria storia, è utile per entrare nella vigna, per donare la propria fatica, per conservare la fedeltà. Nel regno c'è posto per israeliti e pagani, per giusti e peccatori; la certezza è per tutti il "denaro della sera".
La libertà con cui Dio dispone della sua vigna si ricollega al richiamo del profeta sull’imperscrutabilità del pensiero di Dio: compito dell’uomo non è quindi farsi “una ragione di Dio”, ma gioire della sua misericordia.
Quest’ultimo aspetto fa scaturire un’ulteriore considerazione, ovvero la fortuna di poter essere operai della vigna e di poterlo essere fin dalla prima ora. Entrare nella vigna, vivere la vicinanza con Dio è fonte della nostra gioia ed è quindi un privilegio, non una fatica, poterne approfittare fin “dalla prima ora”.
Questo "padrone" - e qui sta un'altra novità, inimmaginabile secondo i nostri stretti criteri di giustizia - darà un denaro a tutti quelli che spendono bene il loro tempo dopo aver accolto la chiamata. Darà prova di una bontà che non offende la giustizia, visto che mantiene il contratto, ma la supera.
E’ facile immaginare che Gesù, quando parlava degli operai della prima ora, si riferiva agli israeliti che – prima di ogni altro - avevano sperimentato la vicinanza di Dio e che nutrivano un sentimento di superiorità e non certo di accoglienza verso i “peccatori”, quelli dell’ultima ora.
Oggi questa parabola sollecita proprio noi, che abbiamo avuto il dono della fede, a non comportarci come gli operai della prima ora, pronti più a rivendicare i meriti del nostro impegno più che a condividere la gioia che abbiamo ricevuto.
Riprendendo il pensiero di San Paolo nella seconda lettura, crediamo che le declinazione in termini missionari delle letture di questa domenica stia proprio in questo: essere d’aiuto a tutti voi, per il progresso e la gioia della vostra fede.
La parola di San Paolo ci aiuta quindi a completare questa piccola “rivoluzione copernicana” del nostro pensiero, chiamandoci non solo a superare il risentimento iniziale per l’ingiustizia, ma a farci anche portatori in prima persona dell’annuncio di un Dio vicino e misericordioso a tutti gli uomini, anche a quelli (o forse soprattutto a quelli) che hanno camminato lontano dalla vigna del Signore.