V Domenica del Tempo Ordinario

Pubblicato in Domenica Missionaria
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Guarì molti che erano afflitti da varie malattie


Gb 7,1-4. 6-7;
1 Cor 9,16-19. 22-23;
Mc 1,29-39


Marco ci presenta il quadro di una giornata vissuta da Gesù a Cafarnao. Dopo la funzione nella sinagoga, Gesù si dirige verso la casa di Simon Pietro. Qui con sorpresa trovano la suocera di Pietro giacente su una stuoia in preda ad un attacco di febbre, di quelli non rari sulle sponde del lago, Gesù con un semplice gesto di sollevare per mano la donna la fa alzare improvvisamente e completamente guarita (il gesto di Gesù che solleva la donna viene espresso con un verbo che richiama la risurrezione: Gesù fa risorgere la sua creatura giacente) – ed essa, per riconoscenza, si mette subito a servirli, antesignana di quelle donne che durante la vita pubblica di Gesù lo seguiranno per servirlo con devozione intrisa d’amore (anche qui il verbo che esprime il fatto che si mise a servirli è un termine usato dalla comunità cristiana per esprimere l’impegno fraterno di aiuto verso i più deboli).

La suocera di Simone diviene il segno della stessa umanità “ammalata” prostrata dalla malattia del peccato, l’intervento di Gesù è proprio la mano che Dio tende all’umanità peccatrice per tirarla su, per farla rialzare, per renderla capace di servizio, non solo nei confronti del Signore ma anche verso tutti i suoi fratelli – la mano di Gesù nella mano di questa donna ci potrebbe ricordare che Dio dopo averci messi in questo mare della vita non lascia mai di vegliare sulla nostra esistenza.

È stato nella sinagoga (la chiesa dell’Antico Testamento) e poi entrò nella casa di Pietro (la chiesa del Nuovo Testamento). La salvezza per i credenti è in avanti e non indietro; non c’è da cercare di rientrare nel paradiso terrestre, ma nel Regno di Dio annunziato da Gesù.

“Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portarono tutti i malati e gli indemoniati...” con il tramonto del sole finisce il sabato e il precetto del riposo. Marco vuol dire con tale sottolineatura come in quel momento Gesù si faccia vicino a tutta l’umanità oppressa dal male. Egli si rivela come il medico che libera l’uomo, ingaggiando la lotta contro il maligno; (i demoni cercano di stornare e deviare Gesù dalla sua missione, ma Gesù proibisce loro di parlare).

C’è la solidarietà di Gesù, fin dall’inizio della sua attività messianica, con la sofferenza umana.

Giobbe rappresenta l’emblema del tema sul dolore, anche il volume che ne raccoglie il grido è uno dei capolavori in assoluto dell’umanità (Gianfranco Ravasi).
Giobbe attraverso la via oscura del dolore diventa il modello del credente che ama il vero Dio in sé e per sé senza ulteriori motivazioni – Giobbe rimane fedele sebbene colga l’aspetto scandalizzante della sofferenza. La sua sofferenza non è dovuta a colpe personali ma è la sofferenza dell’innocente provato da Dio che non cessa di essere buono e provvidente – Dio si rivela un Dio misterioso. (Se Sant’Ambrogio diceva “o Dio tu esisti, io ti ho incontrato nei sacramenti”; padre Cantalamessa aggiungeva “o Dio tu esisti, io ti ho incontrato nel dolore degli innocenti”).

In quel lontano sabato l’umile casa di Pietro a Cafarnao si trasforma in un santuario della sofferenza, illuminato dalla speranza di incontrare il Cristo e di essere guariti da Lui. Nel mondo c’è la sofferenza, c’è il peccato: l’opera di Gesù è consistita nel servirsi della sofferenza per eliminare il peccato, e quindi eliminare la causa più profonda della sofferenza (Albert Vanhoye).

Gesù di Nazareth è il “servo sofferente” venuto nel mondo per attuare in sé “Agnello di Dio” (Gv 1,29) l’espiazione dei peccati; con i suoi miracoli di guarigione libera gli uomini dai mali fisici e spirituali, conseguenza del peccato. Con il peccato originale il mondo piombò in un mare di dolori, mentre Dio ha creato l’uomo di poco inferiore agli angeli, di gloria e di splendore lo ha coronato, tutto ha sottoposto ai suoi piedi (Sal 8).

I miracoli di Gesù sono la partecipazione della ricchezza di vita che è in Lui, attestazioni che le forze del Regno di Dio stanno già operando nel mondo anche nel campo meramente fisico, e sono presagio del tempo in cui non ci sarà più né malattie, né morti, né lacrime (Ap 21,4).

In Gesù si avvera quanto ha detto Isaia (53,4) “si è addossato le nostre infermità, e ha portato su di sé le nostre malattie” quindi le malattie ci uniscono a Gesù – il cardinal Anastasio Balestrero “Gesù è entrato nella nostra condizione, non ha tolto il dolore, ma gli ha dato un nuovo significato: non c’è sofferenza umana che Cristo non abbia assunto per renderla motivo di grazia, causa di speranza, fonte di gioia”.

Anche papa Giovanni Paolo II “Cristo, soffrendo per tutti noi, ha conferito un nuovo senso alla sofferenza; l’ha introdotta in una nuova dimensione, in un nuovo ordine: quello dell’amore... È la sofferenza che brucia e consuma il male con la fiamma dell’amore e trae anche dal peccato
una multiforme fioritura di bene”.

Ancora lo stesso papa dice: “c’è un limite divino imposto al male ed è la misericordia”.

Qui viene a proposito una delle invocazioni delle Litanie alla Divina Misericordia “Misericordia di Dio che ispiri speranza contro ogni speranza...” e anche l’invocazione “tu che attraverso la passione sei entrato nella gloria del Padre trasforma in gioia perfetta i lutti e i dolori
del mondo”.

Gesù guarisce anime e corpi, Egli è venuto per la salvezza di tutto l’uomo, solo Gesù può rendere l’uomo sano e salvo. La promozione umana va di pari passo con la evangelizzazione, perché la promozione umana è in funzione del Regno, è “preparazione evnagelica” perché eleva l’uomo per renderlo atto a entrare nel Regno di Dio (già Aristotele diceva “primum vivere quam philosophari”, prima vivere che filosofare) – la grazia suppone la natura.

“L’opera della redenzione di Cristo ha, per natura sua, come fine la salvezza degli uomini, ma abbraccia anche l’instaurazione di tutto l’ordine temporale. Di conseguenza, la missione della Chiesa non è soltanto portare il messaggio di Cristo e la sua grazia agli uomini, ma anche animare e perfezionare l’ordine temporale con lo spirito evangelico” (Apostolicam actuositatem, n. 5).

A conclusione di questa riflessione sulla sazietà fisica e spirituale che Cristo offre al mondo possiamo porre il monito suggestivo di Bonhoeffer “noi cristiani non potremo mai pronunciare le parole ultime della fede se prima non avremo pronunciate le parole penultime della giustizia del progresso e della civiltà”.

“Al mattino si alzò quando era ancora buio...” il termine greco usato richiama la risurrezione “essendo risorto” “uscì e se ne andò in un luogo deserto a pregare”. Quell’“essendo risorto” allude all’alba di domenica, il primo giorno della settimana.

Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:12
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