V Domenica di Quaresima

Pubblicato in Domenica Missionaria
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Il crocifisso innalzato
apre a tutti la via della salvezza

Ger 31,31-34;

Eb 5,7-9;
Gv 12,20- 33


Ci introduce al Vangelo odierno Geremia con una pagina che è uno dei vertici dell’Antico Testamento (Ger 31,31), propone arditamente il superamento dell’antico patto del Sinai per una nuova Alleanza col Signore.

Siamo nell’anno 609 a C., Geremia nato a Gerusalemme dove esercitava la sua missione di profeta. I buoni come lui avevano puntato le loro attese sul re Giosia, re buono, che aveva avviato una grande riforma religiosa e sociale. Ma questo re giusto e coraggioso muore tragicamente a Meghiddo. Circa dieci anni dopo lo stesso regno di Giuda cade sotto il dominio di Nabucodonosor, re dei babilonesi. E si ha la deportazione in Babilonia.

Geremia preferisce restare tra il popolo povero e misero per portare la sua parola di consolazione. Attraverso la voce del profeta Dio interviene dicendo che Egli, il Signore, vuol stabilire una alleanza nuova, proprio con questo resto di avviliti e di poveri, ormai senza patria, senza re e senza tempio. Nel momento più terribile della storia del popolo ebreo, che si è mostrato ribelle, provocando così una catastrofe, il Signore invece di rinunciare al suo progetto di alleanza con il suo popolo, gli annunzia una alleanza nuova, molto più bella di quella del Sinai “ecco verranno giorni nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderò una
alleanza nuova”.

L’antica alleanza era stata data ad un solo popolo e scritta su tavole di pietra, la nuova alleanza è offerta a tutti: una alleanza scritta nei cuori, una alleanza la cui unica legge è quella dell’amore universale, tutti possono conoscere Dio intimamente, e tutti sono uniti tra loro grazie all’amore che Dio infonde nei nostri cuori. Gesù in persona è il compimento dell’alleanza nuova, sancita col suo sangue sulla croce e con l’effusione del suo Spirito che dà la vita.

Il Vangelo odierno ci porta nel cuore di tale novità, dischiusa già dall’autorivelazione del Cristo: Figlio dell’uomo e inviato definitivo di Dio, glorificatore del Padre e Redentore del mondo.

Siamo a Gerusalemme. Gesù ha appena fatto il suo ingresso messianico – l’occasione della grande rivelazione è data da un gruppo di greci, mossi da vivo desiderio “vogliamo vedere Gesù” (questa è la domanda che attraversa i secoli). Esprimono il loro desiderio a Filippo, col suo nome greco sembra il miglior tramite della missione. Filippo si rivolge ad Andrea, suo concittadino e anch’eglicon un nome greco. Quindi vanno a dirlo a Gesù. Con questa descrizione sembra che l’evangelista Giovanni voglia far capire che per mezzo degli apostoli si arriva a conoscere e credere Gesù.

Sant’Ireneo “la Chiesa disseminata in tutto il mondo custodisce diligentemente la fede ricevuta dagli apostoli e i loro successori come se abitasse una sola casa; la crede come se avesse una sola anima, un solo cuore; la insegna, la predica come se avesse una sola bocca. Come il sole, creatura di Dio, nell’universo è uno solo, così anche la predicazione della verità ovunque splende e illumina tutti gli uomini che vogliono venire alla conoscenza della verità”.

È un fatto che l’introduzione del mondo pagano nel Regno di Dio è una di quelle “cose grandi” che i discepoli faranno dopo il ritorno di Cristo al Padre (Gv 14,12).

Proprio alla vigilia della sua passione e morte giunge a Gesù la “voce” del mondo pagano “vogliamo vedere Gesù” – “vedere Gesù” non tanto nella sua fisionomia ma piuttosto il desiderio di cogliere il mistero che c’è in Lui.

Santa Caterina da Siena dice “tutto quello che io voglio amare, io lo trovo in Te: se voglio amare Dio ho la tua inneffabile deità, se voglio amare l’uomo tu sei uomo, se voglio amare il Signore tu hai pagato il prezzo del tuo sangue”.

Sant’Agostino “in Cristo ho tutto. Vuoi amare il tuo Dio? lo hai in Cristo. Vuoi amare il tuo prossimo? lo hai in Cristo”.

Filippo e Andrea lo dicono a Gesù che però non risponde direttamente ma fa un monologo- soliloquio.

Gesù nel suo parlare apre la mente di tutti all’“ora” di cui va parlando da tempo e che sta per compiersi in tutto il suo significato e la sua efficacia universale: l’“ora” di Cristo diventa l’ora definitiva per l’umanità. L’“ora” è l’ambito privilegiato in cui capire e amare Gesù nella sua realtà di Salvatore” (Gianfranco Ravasi).

Quest’ora a cui è protesa tutta la vita di Gesù, è l’ora in cui il Figlio glorificherà il Padre con l’offerta di se stesso sulla croce, e per questo sarà a sua volta glorificato dal Padre. Venne allora una voce dal cielo “l’ho glorificato e di nuovo lo glorificherò”, è l’unica volta che nel Vangelo di Giovanni interviene la voce del Padre. Il Padre dice di aver glorificato il Figlio a Cana di Galilea: il miracolo di cambiare l’acqua in vino ha rivelato la gloria della sua natura e potenza divina e i suoi credettero; e dice di volerlo ancora glorificare negli eventi della Pasqua, la sua ora è la croce e la gloria pasquale ad essa connessa. Con una breve parabola il Signore scolpisce il senso profondo della sua passione imminente “in verità: se il chicco di grano caduto a terra non muore rimane solo; se invece muore produce molto frutto”, Egli salverà gli uomini e darà la vita al mondo consumandosi come il chicco di grano che deve morire per portare molto frutto.

La fecondità del dono totale di se stesso è espressa dalla frase finale di Gesù “io quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”. I greci sono come la prima espressione del mondo pagano che viene attratta nell’orbita della salvezza, ma poi “quando sarò elevato da terra attirerò tutti a me”: elevato-sollevato posto come al cospetto del mondo perché tutti leggano il suo amore per noi.

La croce di Cristo è la manifestazione estrema della gloria di Dio, cioè del suo amore infinito per noi. È per questo che per Giovanni la morte di croce è già una “esaltazione”, ancor prima della sua risurrezione.

Gesù si trova in una situazione di estrema angoscia a causa della morte che lo minaccia e offre a Dio preghiere e suppliche. Questo ci fa capire che anche noi quando ci troviamo in una situazione di sofferenza dobbiamo offrire a Dio preghiere e suppliche. La Madonna di Fatima diceva ai pastorelli: quando avete da soffrire dite: “per amor tuo o Gesù, per la conversione dei peccatori e per consolare il cuore immacolato di Maria”. Gesù non soltanto prega ma grida e piange: offre a Dio preghiere e suppliche “con forti grida e lacrime”. Questo avviene non soltanto nell’agonia, ma anche sulla croce quando Egli lancia un forte grido prima di morire (Mc 15,37).

Gesù prega colui che può liberarlo da morte e ottiene una vittoria completa e definitiva sulla morte attraverso la morte stessa, cioè risorgere a una vita nuova, non più mortale ma celeste, nell’intimità di Dio. Morendo distrusse la morte e proclamò la risurrezione. Sant’Agostino dice che la croce con il braccio orizzontale accoglie l’intera umanità e la sua realtà, mentre con il braccio verticale ci indirizza a Dio; ma i due bracci sono intimamente connessi nel cuore di Cristo.
Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:12
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