At 4,32-35;
1 Gv 5,1-6;
Gv 20,19-31
La sera di Pasqua nella casa chiusa per paura dei Giudei Gesù appare ai suoi apostoli; entra nel cenacolo senza passare dalla porta. Egli ora ha il corpo glorioso che non è più legato alle leggi del tempo e dello spazio, non può patire alcun limite, non è più soggetto alla fragilità, è entrato nella potenza, nella gloria, nella libertà di Dio.
“I corpi glorificati hanno in sé tanta gloria che il vedere una cosa così bella e soprannaturale fa uscire fuori di se stessi” (santa Teresa D’Avila).
Gesù si ferma in mezzo a loro e mostra le mani e il costato, mostra le cicatrici delle mani e del costato come sua identità: il “prezzo della nostra liberazione” (sant’Ambrogio); anche san Pietro riporta ciò che dice Isaia 53,4 “dalle sue piaghe siete stati guariti” (1 Pt 2,25). Risorto mostra le ferite della croce: la croce porta alla risurrezione, la risurrezione alla croce; così anche noi: completo in me quello che manca alla passione di Cristo, completo in me quello che manca alla sua risurrezione; dobbiamo essere sacrificio a Dio e dobbiamo essere liberazione e risurrezione. Se per Gesù che è Figlio di Dio per natura è stato così, anche noi da Lui resi figli di Dio per grazia abbiamo il dovere di imitare e di riprodurre i suoi atti (Giovanni XXIII).
“Ed Egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro” (2 Cor 5,15). Nella seconda grande apparizione a santa Margherita Maria Alacoque Gesù le appare “tutto splendente di gloria con le cinque piaghe luminose come cinque soli, da ogni parte di quella sacra umanità si sprigionavano fiamme, ma soprattutto dal suo adorabile petto che somigliava ad una fornace ardente”.
Nella storia dei santi diversi hanno avuto il dono delle stimmate, esempio classico è padre Pio.
E Gesù dice loro due volte “pace a voi!” . Non è solo un augurio ma pace che è liberazione da ogni paura: paura di sé, paura degli altri, paura della vita, paura della morte.
Il Risorto porta a noi la pace, proprio perché ci dona la remisisione dei peccati, la riconciliazione con Dio. Si tratta non soltanto della pace interiore ma anche della pace tra le persone (Albert Vanhoye).
Chi crede al Risorto acquista una garanzia assoluta su ogni turbamento che la vita presente ci può offrire, “Cristo è la nostra pace” (Ef 2,14). “Mantieni il tuo spirito agli inferi e non disperare” voce del Signore percepita nella contemplazione da Silvano del monte Athos, cioè capace di mantenere la speranza anche agli inferi: esperienza di luce nelle tenebre, di speranza nell’angoscia, di vita nella morte, di gioia nel timore.
La pace dice san Tommaso d’Aquino è la pienezza dei beni messianici e Gesù manda i suoi apostoli come Lui era stato inviato dal Padre perché l’infinità dei beni divini raggiunga l’umanità intera sulla faccia della terra. La risurrezione di Gesù non è un fatto individuale che riguarda solo Lui, ma ci coinvolge tutti. Egli ci comunica la sua vita nuova: una vita di amore intenso, che vuole trasformare il mondo (Albert Vanhoye).
Poi Gesù alitò su di loro e disse “ricevete lo Spirito Santo...” come all’inizio della creazione Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l’uomo divenne un essere vivente, così ora Gesù inaugura una nuova creazione: non più dal nulla ma dalla prevaricazione trae fuori esseri di giustizia, vie di santità, purezze nuove, figli di Dio; creazione più degna della sapienza e amore di Dio di quella che apparve all’inizio; Dio ci ha creati in modo mirabile ed in un modo più mirabile ci ha riformati.
“Ricevete lo Spirito Santo” così l’evangelista ci fa capire che lo Spirito Santo è un dono del Risorto. Questo dono si manifesterà in modo più sensazionale nella Pentecoste; ma anche allora Pietro dichiarerà che lo Spirito Santo ci è stato ottenuto da Gesù con la sua risurrezione e ci è stato trasmesso (At 2,32).
Pertanto la risurrezione di Gesù è un immenso beneficio per tutti noi: è la vita nuova di Cristo, vita nello Spirito, che ci viene comunicata e che vuole trasformare tutta la nostra esistenza.
Gesù istituisce il sacramento della Confessione: perché Gesù è risorto la Confessione ha il potere di perdonare i peccati. Paolo VI dice che la Pasqua ci presenta il quadro della misericordia di Dio e il quadro della nostra povertà “De profundis clamavi ad Te Domine”. Gesù inaugura uno stato perenne di risurrezione, per il cristiano deve essere una cosa normale quella di sempre risorgere. Per mezzo di santa Faustina Kowalska Gesù ha chiesto che questa domenica sia la festa della sua misericordia “questa festa è uscita dalle viscere della mia misericordia ed è confermata nell’abisso delle mie grazie. Ogni anima che crede e ha fiducia della mia misericordia, la otterrà”.
Mentre Giovanni Paolo II “la risurrezione di Gesù è l’incarnazione definitiva della misericordia, cioè di quell’amore più potente di qualunque male in cui l’uomo, l’umanità e il mondo sono coinvolti”.
Tommaso non c’era quando Gesù apparve ai discepoli e non voleva credere (in lui c’è il figlio del dubbio e il figlio della fede). Otto giorni dopo, sempre di domenica, Gesù apparve di nuovo e con tenerezza chiamò a sé Tommaso perché entrasse nella felicità del credere. Tommaso come folgorato pronunziò il sublime e completo atto di fede: “Signor mio e Dio mio”. Nel salutare Gesù come “mio Signore” egli riconosce la sua comunione con Gesù e la sua realizzazione di piena felicità che nasce dalla regalità esercitata dal suo maestro (Pilato disse ai Giudei“ecco il vostro re!” [Gv 19,14]), nell’invocarlo come “mio Dio” riconosce in Gesù il volto del Padre e la piena comunione tra Gesù e il Padre.
La prima volta che venne Gesù Tommaso non c’era, adesso è presente: la comunione con gli altri apre la strada della comunione con Gesù; il cristiano non può vivere da solo, ma stare nella Chiesa; la dimensione ecclesiale è essenziale alla fede, e si esprime nel caso concreto del ritrovarsi insieme.
Gesù allora gli dice “perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!” così ci fa capire che la fede ci mette in una relazione con Lui molto più bella, più profonda della visione materiale del suo corpo risorto. In effetti, la nostra relazione con Lui deve essere una relazione di fede. E quanto più la fede è pura, tanto più la nostra relazione con Lui è profonda e perfetta.
Santa Teresa dice che si può vedere Gesù con gli occhi del corpo o con gli occhi dell’anima, o vederlo né con gli occhi del corpo né con gli occhi dell’anima e questa è la visione più sicura.
San Giovanni ha scritto il Vangelo per suscitare e alimentare la fede, e quasi al termine del suo Vangelo porta questa espressione di fede di san Tommaso – Gesù ribatte proclamando l’ultima beatitudine del Vangelo, la sola che si legge in Giovanni “beati coloro che pur non avendo visto crederanno! ”.