At 10,34. 37-43;
Col 3,1-4;
Gv 20,1-9
La Pasqua è la festa più grande dell’anno perché Dio ha creato in previsione della Pasqua: ci sono gli ineffabili beni di Dio nella creazione e nel mistero pasquale. Cristo risorto è il senso dell’uomo e il suo destino.
Il Venerdì Santo, dopo aver deposto Gesù dalla croce fecero svelto a sepellirlo perché ogni attività doveva cessare la sera della vigilia di quel grande sabato. Giuseppe di Arimatea gli imprestò la sua tomba nuova scavata nella roccia (un sepolcro di riguardo constava di due ambienti piccoli concomitanti: un piccolo vestibolo che portava al cubicolo sepolcrale dove su un banco di pietra veniva posta la salma), preso il corpo di Gesù lo avvolse in un candido lenzuolo e ve lo depose, rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò (Mt 27,59).
Alle prime luci dell’alba di domenica Maria Maddalena va al sepolcro per non lasciare il Signore solo e perché gli aveva riservato le sue desolate lacrime. Maria vede subito la grande pietra rotolata a terra e la bocca spalancata del sepolcro e pensò che era l’estrema offesa dei nemici che avevano sottratto il corpo alla pietà dei discepoli; di Gesù, come per chiunque moriva crocifisso, sulla terra e nella memoria degli uomini non doveva restare assolutamente nulla. Dalla visione della pietra ribaltata Maria Maddalena non trae la conclusione che il Signore è risorto, ma che hanno portato via il Signore dal sepolcro. Per lei la risurrezione è una cosa strana e impensabile. Gesù è morto, non poteva uscire dalla tomba da solo; perciò lo hanno portato via e “non sappiamo dove lo hanno posto”.
Pietro dapprima e Giovanni entrano nel sepolcro, vedono le bende per terra e il sudario che gli era stato posto sul capo piegato in un luogo a parte, ma hanno come una illuminazione e capiscono: il corpo di Gesù non è stato rubato; Gesù ha ripreso vita, una vita di un genere diverso da quello terreno, una vita in cui le bende e il sudario non hanno più nessuna utilità. Vedono le bende che avevano avvolto il corpo del Signore e il sudario, questo era segno che il corpo non poteva essere stato trafugato, comprendono che Gesù li aveva lasciati così per dare il primo segno della sua risurrezione.
Giovanni, il discepolo che Gesù amava, comprende e per primo crede con quella intuizione profonda che viene dal cuore, previene Pietro proprio per la ‘chiaroveggenza dell’amore’; Pietro ha avuto più lucidità di mente, Giovanni ha avuto più fiamma di amore (è la sintesi di questi due elementi che crea il cristiano completo: capacità di intuire e capacità di amare).
È certo che Pietro, come dice la prima lettura, è in primo piano nella vicenda del risorto, come sarà lui ad annunciare per primo al mondo il messaggio della risurrezione. Egli fu il primo testimone del miracolo sommo e del mistero risolutivo della storia della salvezza, è quindi all’origine della fede degli apostoli e di tutti i credenti nei secoli. Cristo è risorto ed è apparso a Simone (Lc 24,34).
L’evangelista poi osserva “non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che Egli cioè doveva risuscitare dai morti”.
Solo dopo questo evento i discepoli hanno capito che cosa voleva dire la Scrittura e che cosa volevano dire le predizioni di Gesù. Prima essi non sapevano interpretarle. La risurrezione di Gesù è stato l’evento che ha illuminato la mente e il cuore dei discepoli.
Sappiamo che non possiamo conoscere la risurrezione se non per mezzo della fede.
Umanamente parlando, essa è un evento inspiegabile. Ma la fede ci rende consapevoli dell’intervento divino e ci fa accogliere questa luce potente che illumina non soltanto il mistero di Gesù ma anche tutta la nostra esistenza (Albert Vanhoye).
La risurrezione è qualcosa che supera la conoscibilità dell’uomo e la pura verificabilità storica pur appartenendo anche alla storia. La risurrezione di Gesù non può essere ‘posseduta’ da nessuno, per questo la nostra fede non è tanto in qualcuno che attesta giuridicamente di aver visto, la nostra fede è solo in Cristo ancora vivo e presente nella sua Chiesa.
La predicazione degli apostoli è infatti preoccupata ad annunciarci la presenza di Cristo al di là dei limiti della vita e della conoscibilità umana, una presenza però che conserva intatta la sua realtà ed efficacia.
Gli apostoli ci annunciano che anche noi possiamo credere così come anche loro hanno creduto, sono testimoni non solo di un evento che è successo una volta per sempre, ma di qualcosa che ci è ancora disponibile.
Si è manifestato in molteplici apparizioni perché desiderava procurare un’ampia dimostrazione della sua risurrezione. Sappiamo che i discepoli avevano bisogno di tale dimostrazione perché erano stati talmente impressionati dalla morte del loro maestro che difficilmente ammettevano che potesse essere in vita. L’affermazione “davvero il Signore è risorto” (Lc 24,34) si è imposta solo dopo l’esperienza innnegabile dell’incontro con il Cristo pieno di vita.
Questa risurrezione è l’evento che stabilisce nella comunità cristiana un clima di gioia, clima che non potrebbe essere ostacolato dalle prove perché è il frutto della prova più dolorosa.
Chi crede nella risurrezione di Gesù acquista una garanzia assoluta su ogni turbamento che la vita presente ci possa procurare. Ai suoi discepoli Gesù aveva annunziato una gioia definitiva “nessuno potrà togliervi la vostra gioia” (Gv 16,23).
I testimoni di Cristo sono necessariamente testimoni della sua risurrezione, testimoni della gioia che annunzia la gioia eterna. “Non gettiamo nel nulla la gioia pasquale, perché assai triste è colui che potendo avere il fuoco si lascia morire di freddo, e avendo il cibo si lascia morire di fame” (santa Caterina da Siena).
Dalla dolce voce di papa Giovanni “oh quale meravigliosa prova della perennità della Chiesa santa corpo mistico di Cristo che dal Redentore attinge l’onda continua della vita che la rende immortale. La Chiesa è viva come è vivo il suo Divin Fondatore; la Chiesa avanza con la virtù stessa della vita come Gesù, che dopo essersi sottomesso al debito della natura mortale procede vittorioso oltre la barriera di pietra che i suoi nemici hanno posto a guardia della tomba”.
Il crocifisso, l’uomo dei dolori e compendio dei dolori del mondo, è ormai il Signore della vita, primogeniti della risurrezione dei morti. La risurrezione di Gesù è infatti l’azione diretta di Dio Padre, fonte della vita, che dà la pienezza di vita a colui che era stato crocifisso e che tre giorni prima era morto realmente sulla croce per i nostri peccati.
“Se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la nostra fede” (1 Cor 15,14).
La corsa mattutina di Pietro e Giovanni verso il sepolcro è come il simbolo del cammino di ogni uomo verso la fede nel mistero di Cristo.