XXVII Domenica del Tempo Ordinario

Pubblicato in Domenica Missionaria
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Il sogno di Dio sul matrimonio

Gn 2,18-24;

Eb 2,9-11;
Mc 10,2-16

Anche il Vangelo di oggi fa parte del più ampio insieme delle regole per la comunità dettate da Gesù dopo il secondo annuncio della passione (Mc 9,31) che illustrano le esigenze della sequela.

I farisei vogliono mettere alla prova Gesù, comprometterlo su un argomento scottante e controverso: “è lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?”. Gesù risponde con una controdomanda “che cosa ha ordinato Mosè?” e i farisei citano la prescrizione di Mosé circa l’atto di ripudio.

Gesù dichiara subito che si tratta di una disposizione data a motivo della durezza di cuore del popolo eletto. Ai tempi di Mosè i popoli circostanti praticavano largamente il divorzio, e anche il popolo eletto cominciò ad usarlo.

La legge di Mosè lo tollera ma non lo autorizza, interviene per regolarne e imbrigliarne le conseguenze a favore della donna. Ha stabilito che il marito consegnasse il documento di ripudio che la dichiarava libera in modo che essa si potesse risposare.

Questa disposizione era quanto mai opportuna perché molti scacciavano di casa la loro moglie, ne prendevano un’altra, e se la prima si univa ad un altro, la accusavano di adulterio, colpa che comportava la pena di morte.

“La durezza di cuore” è l’incapacità di adeguarsi alla volontà di Dio, la resistenza alle sue intenzioni.

Se Mosè avesse proibito il divorzio, avrebbe incontrato delle opposizioni insuperabili, ma questo non distruggeva il fatto che Dio non la pensava come gli uomini.

Sant’Agostino “se compiamo come lecita un’azione che per la tua legge eterna non lo sarà mai”.

Difatti Gesù risale alle intenzioni del Creatore, che creò l’uomo e la donna e istituì il matrimonio per la prima coppia umana, volendolo come un vincolo fortissimo, più forte dei vincoli naturali e indistruttibili del sangue, da formare dei due una cosa sola “per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno una carne sola”. I due saranno “una sola carne” significa quindi l’unità indivisibile e la totalità armoniosa di anime, di cuori e di corpi che si deve realizzare nel matrimonio (Giovanni Marchesi).

I rabbini insegnavano che il primo precetto dato da Dio è quello della procreazione “siate fecondi e moltiplicatevi” (Gn 1,28) e ritenevano così fondamentale questo dovere che, se da un matrimonio non nascevano bambini, il marito doveva rimandare la propria moglie per avere i figli da un’altra donna.

Gesù prende una posizione di rottura nei confronti di questa concezione e afferma nel modo più risoluto che nessun divorzio rientra nel progetto di Dio. E Gesù risolve in radice il problema del divorzio dicendo: “l’uomo non osi separare ciò che Dio ha congiunto”. Stabilisce una netta separazione tra i poteri di Dio e i poteri dell’uomo: l’uomo nulla può là dove solo a Dio, autore della natura e della grazia, spetta comandare.

Il peccato originale consisterà nel tentativo di superare questo limite invalicabile: mosso da superbia e presunzione inaudita, l’uomo pretenderà di arrogarsi quella proprietà divina (Giovanni Marchesi).

Solo il matrimonio monogamico e indissolubile rispetta il progetto di Dio e raggiunge lo scopo per cui gli uomini sono stati fatti “maschio e femmina”. Tutte le altre forme di convivenza, anche se molto antiche e culturalmente spiegabili, non rispettano la dignità dell’uomo e della donna (Ferdinando Armellini).

Questo insegnamento di Gesù è molto chiaro, e difende la dignità del matrimonio. Il matrimonio è una unione di amore; l’amore autentico implica la fedeltà; perciò Gesù esige la fedeltà nell’amore.

Quando poi i discepoli gli chiesero spiegazioni, Gesù dice esplicitamente che ripudiare la propria moglie e sposarne un’altra significa commettere adulterio, e quindi trasgredire il sesto comandamento. La stessa cosa vale per la donna: anche lei se ripudia il marito e ne sposa un altro commette adulterio. Questo insegnamento di Gesù è molto esigente, ma è ispirato all’amore e intende difendere l’amore. Ciò che permette agli sposi di essere veramente uniti nel matrimonio è un amore reciproco generoso. Per chi si sposa dovrebbe essere molto chiaro che il matrimonio è l’unione di due amori, e non l’unione di due egoismi (in questo caso la loro unione diventa unione di due egoismi e non potrà resistere) (Albert Vanhoye).

Perché un matrimonio sia stabile e continui a vivere è importante che si tenga sveglio l’amore: i figli hanno bisogno non tanto che i genitori li amino, ma che essi si amino; se non c’è l’amore di coppia, non c’è l’amore dei figli.

Il matrimonio affonda le radici nel mistero dell’amore di Dio.

Nell’Antico Testamento i profeti vedevano il matrimonio come una immagine del rapporto tra Dio e il suo popolo – nel Nuovo Testamento Gesù volle e fece del matrimonio una mistica immagine della sua ineffabile unione con la Chiesa (Pio XI).

San Paolo dice che il matrimonio dei cristiani rappresenta quell’unione perfettissima che corre tra Cristo e la Chiesa, la quale unione per nessuna separazione non potrà mai disciogliersi finché vivrà Cristo e la Chiesa per Lui.

Adamo cadde nel torpore del sonno e Dio gli levò una costola e si ebbe la donna, Gesù nel torpore del sonno della morte in croce, dal suo fianco trafitto uscì la Chiesa. I Padri dicono che è sgorgata dal costato aperto di Gesù, cioè diede tutto se stesso per essa, la congiunse a sé come suo corpo mistico, l’ha riempita del dono dello Spirito Santo a gloria di Dio Padre.

Nella vita di san Giovanni Calabria si legge che per dieci anni durante la messa sentiva la voce di Gesù che diceva: “la mia chiesa... la mia chiesa...”.

Solo Marco mette in risalto l’affetto squisito e premuroso verso i bambini, simbolo della trasparenza e della disponibilità di ogni uomo per il Regno di Dio.

I grandi possono accogliere la proposta di Gesù solo se hanno la disponibilità e la fiducia dei bambini.

“Chi non accoglie il Regno di Dio come un bambino non entrerà in esso” – si può interpretare: per entrare nel Regno di Dio bisogna accoglierlo come farebbe un bambino – o intendere: per entrarvi bisogna accogliere il Regno come se fosse un bambino, come si accoglierebbe un bambino.

Gesù vuol valorizzare un modo di rapportarsi col Regno: “il Regno di Dio appartiene a chi è come i bambini”.
Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:12
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