Ger 31,7-9;
Eb 5,1-6;
Mc 10,46-52
Gesù ha già percorso buona parte del suo cammino verso Gerusalemme dove dovrà patire, morire e risorgere: è partito dalla Galilea, è sceso lungo il Giordano e ora si trova a Gerico.
Gerico, la città più antica del mondo, città conosciuta fin da ottomila anni avanti Cristo come centro abitato – detta dallo storico Giuseppe Flavio “un paese divino, dove nascono in abbondanza le cose più rare e più belle” – posta in un’oasi a trecento metri sotto il livello del mare.
Secondo Luca su uno di quegli alberi, un sicomoro, un giorno Gesù aveva notato un uomo piccolo, arrampicatosi lassù per poterlo vedere, il capo degli esattori, Zaccheo. Ora invece, nel mormorio della folla è una voce a colpirlo. Marco ci precisa che si tratta di un cieco di nome Bartimeo che in aramaico significa “figlio di Timeo”. La sua è una supplica che sboccia spontanea dalla sofferenza, è una domanda di guarigione.
Costui a sentire che c’era Gesù nazzareno cominciò a gridare e a dire “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me! ”. Bartimeo sa che Gesù è figlio di Davide, quindi ha già la fede in Lui in quanto Messia. “Figlio di Davide” era titolo assai comune per indicare il Messia: il Messia uscirà dalla discendenza di Davide come era stato predetto a Davide dal profeta Natan (2 Sam 7,12) – e anche Isaia (11,1) “un germoglio spunterà dal tronco di Jesse (il padre di Davide). Su di Lui si poserà lo Spirito del Signore”.
Il ritorno alla luce è idealmente un segno caratteristico dell’era messianica “allora si apriranno gli occhi dei ciechi” (Is 35,5).
Il cieco grida “Figlio di Davide abbi pietà di me!”. Ha ragione di dire queste parole, perché Gesù è veramente un Messia pieno di compassione. Perciò il suo chiedere pietà corrisponde alla natura di Gesù, alla sua compassione. Gesù infatti ci porta tutto l’amore, tutta la compassione del Padre e tutta l’efficacia dell’azione divina (Albert Vanhoye).
La pietà invocata a gran voce dal mendicante cieco, Gesù l’ha sentita come “compassione” profonda e come solidarietà universale, offrendo il sacrificio di tutto se stesso per espiare i peccati di tutti gli uomini.
“La passione costituisce per il Cristo il cammino del sacerdozio, essa è il suo modo di divenire sacerdote, la sua consacrazione sacedotale” (Albert Vanhoye).
Gesù, dice Marco, era accompagnato non solo dai discepoli ma da molta folla, era gente che saliva a Gerusalemme per la vicina Pasqua.
All’uscita della città Bartimeo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare (l’elemosina costituiva uno dei doveri del giudeo osservante soprattutto nell’annuale pellegrinaggio di Pasqua). A sentire che passava Gesù, con fede e fiducia si rivolge alla generosa potenza di Gesù, gli chiede ciò che non avrebbe osato chiedere a nessun altro, non vuole più rimanere nel suo stato. “Molti lo sgridavano per farlo tacere”, dice sant’Agostino che sono i cristiani tiepidi, i cristiani cattivi che sono di ostacolo ai cristiani veri e volenterosi. Il cieco Bartimeo non ascolta la folla ma mira a Gesù, e Gesù ode il grido di Bartimeo ed esige che gli sia condotto dinanzi – “e chiamarono il cieco dicendogli ‘coraggio! Alzati, ti chiama!’”; questi mediatori rappresentano gli autentici seguaci di Cristo, sensibili al grido di chi cerca la luce. Sono coloro che dedicano gran parte del proprio tempo all’ascolto dei problemi dei fratelli in difficoltà, che hanno sempre parole di incoraggiamento, che indicano ai “ciechi” il cammino che conduce al Maestro.
Gesù sembra avere fretta e compie l’ultimo miracolo di guarigione segnalato da Marco – Gesù, infatti, sembra voglia lasciare questo ultimo segno di potenza prima di “indossare” volontariamente la debolezza in occasione della passione. Non è un debole che si consegna nelle mani dei nemici, è “il forte” che intende vincere con la debolezza e la sconfitta (un autore definisce questo racconto come “episodio regale”).
“Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù” è un gesto di grandezza, da signore; il passaggio dallo stare ai margini della strada per spingersi verso il centro, verso la verità del proprio essere, il momento della grazia. Balzò in piedi a mani tese in direzione della voce di Gesù. Il suo gesto richiama quello che i catecumeni compivano nel giorno del loro battesimo: gettavano via il vestito vecchio, rifiutavano ciò che impediva loro di correre dietro al Maestro. “Che cosa vuoi che io ti faccia?” lo invita a precisare il suo desiderio per animarlo alla fede e alla speranza e per fargli avvertire di più il bisogno che egli ha di Lui. “Rabbunì, che io riabbia la vista!”, con fede e fiducia si rivolge alla generosa potenza di Gesù. “Va’, la tua fede ti ha salvato” qui viene messa in risalto la condizione della salvezza, che è la fede – non solo ha riacquistato la vista ma la luce rischiarò il suo cuore.
La fede rende davvero l’uomo una nuova creatura come dice san Paolo (2 Cor 5,17) “quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova”.
“Va’, la tua fede ti ha salvato!” il cieco di Gerico è premiato da Gesù per la sua fede intrepida. Sono le stesse parole di guarigione e di salvezza che Gesù ha indirizzato alla emorroissa, la donna dalla fede semplice e schietta nel potere del Cristo (Mc 5,34).
La fede, dice Giovanni Paolo II, è l’apertura del cuore umano davanti al dono: davanti all’autocomunicazione di Dio nello Spirito Santo. Sant’Agostino che dice che la vita ci è data per cercare Dio e la morte per incontrarlo, dice che tutto il nostro lavoro durante questa vita sta nel guarire l’occhio del cuore, onde poter con esso vedere Dio – ripulire quell’occhio interiore da ciò che ci impedisce di vedere Dio. “E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada”, Bartimeo che ha riacquistato la vista se la sente di affrontare tutto il viagio che percorre Gesù, è un ammonimento per tutti quelli che intendono seguire Gesù. Gli uomini della speranza sono le persone che hanno incontrato Gesù, sono le persone che hanno il coraggio di gettare alle spalle il mantello, simbolo del passato, e di balzare con Bartimeo verso la luce. L’intero viaggio di Gesù verso Gerusalemme ha costituito la scuola alla quale i discepoli sono stati invitati per comprendere in profondità il senso di quell’invito “seguitemi”.
È Lui, il Cristo, che passa per le nostre strade e, pren-dendo l’iniziativa, ci chiama e ci salva. A noi non resta che seguirlo come discepoli fedeli.
“Tu ci hai amati per primo, o Dio. È sempre così. Tu non ci ami per primo una sola volta ma ogni giorno, sulle strade della nostra vita” (Soren Kierkegaard).