Dov’è il Re dei Giudei che è nato?
(Is 60,1-6; Ef 3,2-3a.5-6; Mt 2,1-12)
manfesta al mondo, offre a tutti la salvezza che è venuto
a portarci; non solo il popolo eletto, in seno al quale è
nato, e che nell’Antico Testamento fu tenuto in vita e non
lasciato perire per una provvidenza divina forte e amorevole,
ma tutti i popoli sono benedetti in Gesù.
I magi sono venuti dall’oriente a Gerusalemme seguendo
una stella – di questa stella era già stato scritto
nel libro dei Numeri (Nm 24,17) “lo vedo ma non ora, lo
contemplo ma non da vicino; una stella spunta da Giacobbe,
e uno scettro sorge da Israele”.
I magi erano sapienti e abituati a scrutare gli astri;
un giorno videro una stella speciale e si dissero: “questa
è la stella di Giacobbe di cui si parla nella Sacra Scrittura,
quindi il Salvatore è nato”, e si misero a seguire la
stella.
I magi che guardano il cielo - scrutano gli astri ci
dice che c’è un linguaggio tra il cielo e la terra “i cieli
narrano la gloria di Dio e l’opera delle sue mani annunzia
il firmamento” (Sal 18) – difatti il cosmo con il suo
silenzioso linguaggio, la stella, è la loro prima guida nella
ricerca del Bambino.
Il passare dei magi a Gerusalemme insegna: il Dio
che opera nella storia e salva non può essere scoperto
soltanto attraverso una ricerca sapienzale, ma esige
l’accoglienza della sua rivelazione che si trova nelle
Sacre Scritture di Israele. Difatti qui alla loro domanda
“dov’è il Re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto
sorgere la sua stella, e siamo venuti ad adorarlo” ricevono
la sicura risposta secondo la predizione di Michea
(5,1) “a Betlemme di Giudea” (la città di Davide
a dieci chilometri a sud di Gerusalemme). Da Gerusalemme
il loro viaggio riprende mosso proprio dalla
parola sicura della Scrittura e non più dall’incerta luce
degli astri.
Matteo segnala il ricomparire della stella quasi a suggerire
l’incontro tra la sapienza che cerca autenticamente
e la fede illuminata dalla Parola, tra la luce che proviene
dalla creazione e lo splendore della rivelazione.
Al vedere la stella essi provarono una grandissima
gioia, è proprio questa gioia grandissima che consente di
riconoscere interiormente in quel Bambino quanto essi
hanno così a lungo cercato.
L’evangelista non perde l’occasione per ribadire come
sia Dio a guidare gli eventi collegati alla nascita di Gesù.
Tale guida si manifesta nei vari modi: dal segno della natura,
alle parole della Scrittura, alle emozioni più profonde
e vere del cuore, al sogno.
Così, mediante un sogno i magi vengono avvertiti di
non far ritorno da Erode, ma di tornare in patria per
un’altra via; ciò vuol ricordare anche che l’avere incontrato
e riconosciuto Cristo inaugura una via nuova: non
più la via della legge della Circoncisione, ma la nuova
strada del Vangelo, strada aperta a tutti e sulla quale il
credente in Cristo deve camminare. La ‘via’ è l’espressione
usata dalla Chiesa primitiva per indicare la specificità
della religione cristiana (At 9,12; 18,25; 19,9).
Gerusalemme è mostrata piena di luce, mentre le nazioni
sono avvolte da fitta nebbia. Proprio per questo essi
si metteranno in cammino alla ricerca ansiosa della luce
che intravedono da lontano.
Giovanni Paolo II “l’Epifania è la festa che celebra il
convergere di tutti i popoli a Cristo”. I magi venuti dall’oriente
rappresentano il mondo pagano che va alla ricerca
di Gesù, rappresentano tutti noi.
Gesù è il dono del Padre a tutti gli uomini e a tutti i
tempi (in Gesù che è la Grazia ogni uomo è eletto, chiamato,
amato).
Il viaggio dei magi ricorda la lunga strada percorsa nel
passato dall’umanità nell’attesa del Salvatore. Fin dalle
origini gli uomini hanno sentito il bisogno di questo Salvatore,
prendendo coscienza della loro profonda miseria
e rendendosi conto della loro impotenza a uscirne con le
loro proprie forze; per cui vi fu nella storia umana una
lenta salita verso la venuta di un Salvatore, anche in coloro
che non conoscevano le promesse divine.
Lo Spirito Santo ispirava il desiderio di una trasformazione
del mondo e ne stimolava la speranza. Egli suscitava
e guidava lo sviluppo religioso dell’umanità, per
illuminarla sul suo vero scopo. Alla fine, questo sviluppo
ha preso una forma più precisa e ha trovato una fonte di
speranza più vicina, al momento della rivelazione rivolta
al popolo giudaico. Lo Spirito Santo non ha lasciato alcuna
parte dell’umanità al di fuori del cammino verso la
salvezza.
Tutti gli uomini sono diretti verso Cristo, il più delle
volte senza conoscere colui che li attira. Una grazia segreta
opera in ogni essere umano per orientarlo verso Cristo
(Jean Galot).
I magi con luce della stella hanno cercato la vera luce:
Cristo Signore. “Veniva nel mondo la luce vera quella
che illumina ogni uomo” (Gv 1,9); anche il precursore
era stato inviato come testimone per rendere testimonianza
alla luce (Gv 1,7).
La luce cancella le tenebre simbolo del nulla (Gn 1,2)
e della morte, e dà inizio ad una nuova creazione (Gianfranco
Ravasi).
Gesù desidera manifestarsi a noi, vuole che comprendiamo
sempre più chi è lui e ciò che ha fatto per
noi “crediamo che egli è il Messia, il Salvatore, il Maestro
della nostra vita, il Buon Pastore che ci guida ai
pascoli di adesso e ai pascoli eterni, egli è la gioia del
mondo” (Paolo VI).
E tanta è la loro gioia per aver trovato finalmente la
via della luce che portano in abbondanza i loro doni per
esprimere la gratitudine al Signore che anche a loro ha
concesso una nuova ‘patria spirituale’ “le ricchezze del
male si riverseranno su di te, verranno a te i beni dei popoli”
(Gianfranco Ravasi).
Origene specificherà il significato dei doni: l’oro offerto
come a un re, la mirra come a qualcuno che sarebbe
morto e l’incenso a Dio.
La liturgia suggerisce: l’oro è l’amore, l’incenso è la
preghiera e la lode, e la mirra la sofferenza e il lavoro.
Così come i magi anche noi potremmo arrivare a sperimentare
una gioia senza limiti.