Domenica IV di Avvento

Pubblicato in Domenica Missionaria
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Maria si mise in viaggio
verso la montagna



Mic 5,1-4a;

Eb 10,5-10;
Lc 1,39-48a

Oggi si è letto la visita di Maria a santa Elisabetta; è un brano che si trova nel Vangelo dell’infanzia di Gesù; solo Matteo e Luca hanno questo Vangelo dell’infanzia.

Il Concilio Vaticano II parlando della Sacra Scrittura dice che questo Vangelo dell’infanzia ha una particolare ricchezza di motivi specialmente biblici che riflettono la più profonda intelligenza che di tutto il Vangelo ebbero gli apostoli dopo il dono dello Spirito Santo.

La visita a santa Elisabetta è legata con l’annunciazione: quivi è manifesta l’onnipotenza di Dio nell’incarnazione del figlio; così pure l’angelo manifesta la potenza di Dio nel dire che anche Elisabetta, da tutti ritenuta sterile, pur nella sua avanzata età avrà un figlio – e c’è un implicito invito ad andare a trovarla.

Maria si mette in viaggio verso la montagna e raggiunge in fretta una città di Giuda e stette tre mesi come aiuto materiale ma specialmente come compagnia-vigilanza di un’anima capace di comprendere l’arcana trepidazione della madre del Battista.

La Madonna si incammina festosamente per fare la donna di servizio: accogliamo gli altri soltanto se ci apriamo a Dio, che dilata la nostra anima; accogliamo veramente Dio se siamo disposti ad accoglierlo negli altri, riconoscere il disegno di Dio che si compie negli altri, la sua voce che ci giunge attraverso gli altri (Albert Vanhoye).

Ma il più faticoso viaggio di abbassamento e di servizio è quello compiuto da Gesù nel mistero dell’Incarnazione. Dopo il ‘sì’ detto da Maria all’arcangelo Gabriele “il Verbo si fece carne” - “pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini” (Fil 2,6).

Ain Karim (significa “La fontana generosa”) città di Giuda, dista sette chilometri da Gerusalemme verso ovest, ma centocinquanta da Nazareth, coperti con il cammino di quattro giornate.

Quando Maria arrivò alla meta, nella casa benedetta, risuonò il saluto: Elisabetta avvertì un sussulto del bambino che portava in grembo, tale movimento di felicità viene connesso alla presenza di Maria e al riconoscimento del Figlio: Giovanni nel seno della madre riconosce Gesù nel seno della madre, è un saluto di riconoscimento da parte dei due bambini non ancora nati: si incontrano e si riconoscono. (È un racconto eccezionale, di una originalità meravigliosa che presenta la dinamica dello Spirito capace di invadere la persona fin dal seno materno). L’angelo aveva detto a Zaccaria che Giovanni sarebbe stato riempito di Spirito Santo sin dal grembo di sua madre (Lc 1,15), e questo si verifica adesso, grazie alla carità premurosa di Maria.

Ma anche Elisabetta è piena di Spirito Santo ed esclama a gran voce “benedetta tu fra le donne e benedetto il Frutto del tuo grembo!”.

Questa benedizione è un eco di altre rivolte nell’Antico Testamento a certe eroine: come Giaele (Gdc 5,24) e così a Giuditta (Gdt 13,18); ma quella rivolta a Maria ha un significato inedito perché unita alla benedizione “benedetto il frutto del tuo grembo!” - madre e figlio uniti nella stessa lode. La maternità di Maria inaugura gli ultimi tempi della rivelazione e dell’amore di Dio, sconvolgendo di tenerezza e di gratitudine Elisabetta, che prima gode del beneficio della mediazione di grazia di Maria, intimamente unita al figlio nell’opera della salvezza – sta il fatto che la benedizione di Maria, la prima del Vangelo, nel suo testo completo è unica in tutta la Bibbia.

Queste sono le parole che noi ripetiamo nell’Ave Maria, dopo quelle dette dall’angelo a Maria.

Chiara Lubich, durante l’ultima guerra, trovatasi in pericolo per una bomba cadutale vicino, dice che l’unico rincrescimento fu: “se muoio non posso più dire l’Ave Maria”.

Elisabetta, che prima gode del beneficio della mediazione di grazia di Maria: qui nella casa di Elisabetta si ottiene per mezzo di Maria il primo beneficio spirituale: la santificazione del Battista – a Cana di Galilea, sempre per la presenza di Maria si ebbe il primo beneficio materiale: il miracolo dell’acqua convertita in vino. Nulla perciò vieta, anzi è al massimo conveniente che anche tutti gli altri benefici delle stesse due serie, si abbiamo col concorso di Maria.

Elisabetta è stupita della visita premurosa di Maria, ma soprattutto dal fatto che in casa sua si è trasferita la presenza della divinità “a che debbo che la madre del mio Signore venga a me? ”.

Elisabetta è stupita perché in casa sua si è trasferita la presenza di Dio: quella presenza che gli antichi ebrei avvertivano nell’Arca dell’Alleanza. Mille anni prima il re Davide quando fissò Gerusalemme come capitale del suo regno, voleva trasportarvi l’Arca che si trovava a quindici chilometri di distanza sulle colline (dove ora sorge la chiesa dedicata alla Madonna “Arca della Nuova Alleanza”) - ma intimidito lui stesso di tanta vicinanza del Signore esclamò “come potrà venire a me l’Arca del Signore” (2 Sam 6,9); la fece fermare dapprima presso la casa di un pio filisteo, vi rimase tre mesi e fu benedetta la casa di quel filisteo.

Lo Spirito che ha riempito Elisabetta, l’ha colmata anche di conoscenza ed è la sua parola che conferma a Maria il compimento del messaggio dell’angelo e l’assoluta benevolenza di Dio: la riconosce Madre del Signore.

Elisabetta conclude con una beatitudine rivolta a Maria “beata colei che ha creduto” è beata perché si è fidata della Parola di Dio, ha accolto la Parola con fiducia piena e totale, ha creduto nel compimento della Parola e in Lei la Parola si è fatta carne. Sant’Ireneo di Lione dice “concepit prius mente quam ventre”.

Elisabetta proclamò Maria ‘beata’ perché ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore; disse questo con una certa nostalgia perché in casa sua c’era ancora Zaccaria muto, muto perché egli non aveva creduto – ma subito fu dissipata questa nostalgia dal ‘Magnificat’ di Maria, un canto di adorazione, amore, stupore perché Dio ha guardato la povertà, ciò che conta così poco – la bassezza della sua serva per compiere cose grandi in vista della salvezza degli uomini.

Sant’Ambrogio “sia in noi l’anima di Maria per magnificare il Signore, sia in noi lo Spirito di Maria per esultare nel Signore”.

La visita di Maria a santa Elisabetta è l’inizio della corsa del vangelo sulla terra, seminando la gioia e la pace che col mistero di Betlemme entrarono nel mondo.
Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:12
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