DOMENICA DI PASQUA

Pubblicato in Domenica Missionaria

Pur essendo religione della croce

resta più religione della resurrezione
At 10,34.37-43
Col 3,1-4
Gv 20,1-9

La Pasqua è la festa più gande dell’anno. Oggi Dio ha voluto rallegrare la terra con la risurrezione di suo Figlio Gesù – Gesù è rimasto nel sepolcro il venerdì e il sabato, e domenica mattina è risorto, è uscito dal sepolcro tutto luce e bellezza e con il corpo glorificato.
La risurrezione di Gesù è l’avvenimento supremo della storia del mondo, e ci richiama al centro del mistero di Cristo: la sua morte e risurrezione; mistero che si riverbera su tutta l’umanità e ne penetra gli ignoti destini; mistero che si riflette su ciascuno di noi personalmente, anche per coloro che non credono, la Pasqua costituisce se non altro un sogno e un desiderio del cuore (Paolo VI).
Tutto ciò che significa la Pasqua della nuova alleanza accompagna l’umanità, cammina con essa fino alla fine del suo destino terreno quando Cristo verrà di nuovo a dare pieno compimento alla storia della salvezza (Giovanni Paolo II).
La Pasqua è un invito a riscoprire il nuovo senso della storia e dell’essere. Il passaggio reale e dirompente della divinità nella realtà del mondo e dell’umanità diventa fonte di ordine, di armonia, di consistenza. L’itinerario umano è una faticosa ma luminosa crescita verso il Regno di Dio in cui Dio sarà tutto in tutti. “Quando l’avvenire non ha più fascino che faccia desiderare il domani e l’amarezza delle lacrime è il solo gusto del nostro pane, è allora che la tua salvezza si eleva nel silenzio del mio cuore e la tua mano, mio Dio, solleva il peso ghiacciato del mio dolore” (A. De Lamartine).
Molte sono le cose mirabili ma nessuna è più mirabile dell’uomo. Ora, con la morte e la risurrezione, Cristo ci ha insegnato l’importanza e lo splendore dell’uomo. E i fedeli ne devono essere i continui interpreti ed operatori nel mondo (Gianfranco Ravasi).

La tomba è inaspettatamente aperta, mentre dovrebbe risultare chiusa, sigillata.
Maria di Magdala va al sepolcro spinta da vero affetto e dalla carica dei ricordi per il suo maestro. Va nella notte, simbolo nel Vangelo di Giovanni dell’assenza della luce della fede, eppure l’alba sta già sorgendo: segno di quella contraddizione che è in lei, poiché non crede ancora nel mistero del risorto. Per cui l’aver trovato la tomba vuota a lei dice che il corpo di Gesù è stato trafugato.
Pietro e il discepolo amato corrono al sepolcro. Pietro arriva per secondo, forse appesantito più che dagli anni, dalla colpa che grava sul suo cuore.
È comunque il primo ad entrare nel sepolcro, visto che il discepolo amato gli cede il passo.
Del discepolo amato si segnala la corsa veloce e il suo lasciare la precedenza a Pietro nell’entrare dentro il sepolcro. Tale figura già nell’Ultima Cena appare nel momento in cui appoggia la testa sul petto di Gesù (Gv 13,25) e sperimenta così qualcosa di quella dedizione assoluta a Dio e agli uomini che è il segreto del cuore di Gesù stesso. Questo discepolo è dunque definito non da un nome, ma dal suo essersi lasciato raggiungere da questo amore sconfinato: qui sta il motivo per cui egli, a differenza degli altri, non ha rinnegato il suo maestro. Ora corre al sepolcro e vi giunge prima di Pietro; corre più in fretta colui che ha fatto esperienza del79 l’amore di Gesù, ed è stato testimone sotto la croce dell’amore effuso sino alla fine (Gv 13,1).
Ambedue entrarono nel sepolcro e videro gli indumenti che avevano avvolto il corpo di Gesù; videro com’erano disposti il sudario e le bende, e compresero che Gesù le aveva lasciate così per dare il primo segno della sua risurrezione. Gesù ha ripreso vita: una vita di una specie diversa da quella terrena, una vita in cui i teli e il sudario non hanno più nessuna utilità. Perciò cominciano ad intuire che Dio ha operato potentemente in colui che in quella tomba era stato deposto. Non sanno ancora di preciso che cosa, proprio perché non hanno ancora compreso la vita e la morte di Gesù alla luce delle Scritture “non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che Egli cioè doveva risuscitare dai morti”.
Giovanni ci vuol far capire che l’evento della risurrezione di Gesù non è stato riconosciuto a partire dalle Scritture, ma che al contrario è stato questo evento che ha illuminato la Scrittura. Solo dopo l’evento i discepoli hanno capito che cosa voleva dire la Scrittura e che cosa volevano dire le predizioni di Gesù. Prima non sapevano interpretarle. La risurrezione di Gesù è stato l’evento che ha illuminato la mente e il cuore dei discepoli.
È certo che Pietro è in primo piano nella vicenda del Risorto, come sarà lui ad annunciare per primo al mondo il messaggio della risurrezione (At 2,22). Egli fu il primo testimone del miracolo sommo e del mistero risolutivo della storia della salvezza; è quindi all’origine della fede degli apostoli e di tutti i credenti nei secoli. Cristo è risorto ed è apparso a Simone (Lc 24,34).

Gesù risorto ha vinto la morte “la morte e la vita si scontrarono in un grande duello, il padrone della vita regna glorioso”. L’angelo del Signore è seduto sulla pietra del sepolcro ormai ribaltata per rappresentare il trionfo definitivo di Dio sulla morte (Mt 28,2).

Gesù risorto è vittorioso sul demonio e sul peccato; in croce ha distrutto il potere di Satana ed ha pagato per i nostri peccati “l’agnello ha redento il gregge, Cristo innocente ha riconciliato con il Padre gli uomini peccatori”. La risurrezione di Cristo è l’incarnazione definitiva della misericordia, ossia di quell’amore che è più potente di qualunque male in cui l’uomo, l’umanità, il mondo sono coinvolti (Giovanni Paolo II).

La vittoria di Gesù risorto continua nella Chiesa per mezzo dei sacramenti. Perché Gesù è risorto crediamo alla forza dei sacramenti, con ogni sacramento confessiamo la risurrezione di Gesù, cioè il suo potere di vincere il demonio, il peccato e la morte (ad esempio perché Gesù è risorto crediamo che la confessione ha il potere di cancellare i nostri peccati, perché Gesù è risorto crediamo che l’eucaristia ha il potere di vincere la morte (Gv 6,50). “Oh quale meravigliosa prova della perennità della Chiesa santa, corpo mistico di Cristo, che dal Redentore attinge l’onda continua della vita che la rende immortale. La Chiesa è viva come è vivo il suo divin fondatore. La Chiesa avanza con la virtù stessa della vita come Gesù, che dopo essersi sottoposto al debito della natura mortale, procede vittorioso oltre la barriera di pietra che i nemici suoi hanno posto a guardia della tomba” (Giovanni XXIII).

La vita che il Cristo risorto procura al mondo è la vita della grazia che invade i cuori e dà loro un nuovo slancio: Cristo risorto è la perenne novità della storia.
Questa risurrezione è l’evento che stabilisce nella comunità cristiana un clima di gioia, clima che non potrebbe essere ostacolato dalle prove, perché è il frutto della prova più dolorosa.
La risurrezione di Gesù nutre la nostra fede, motiva la nostra speranza, rafforza la nostra carità sì che non viviamo più per noi ma per Lui che è morto e risorto per noi.
Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:12
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