CORPUS DOMINI

Pubblicato in Domenica Missionaria

Panis angelicus
fit panis hominum

Gn 14,18-20
1 Cor 11,23-26
Lc 9,11b-17)

La Chiesa ha messo un giorno per esaltare la presenza reale di Gesù nell’eucaristia. La presenza reale di Gesù: “la sua presenza permanente ci pone sotto gli occhi l’amore che ha voluto darsi totalmente a noi” (Jean Galot).
“La Chiesa in questo sacramento scopre la piena manifestazione del suo immenso amore” (Giovanni Paolo II).
Parlando dell’eucaristia e rifacendosi a san Tommaso d’Aquino il Concilio Vaticano II dice che “in essa è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra pasqua e pane vivo”.

“Nella seconda lettura di questa domenica san Paolo ci presenta il più antico resoconto dell’istituzione dell’eucaristia, scritto non più di una ventina di anni dopo il fatto. Sono parole da ascoltare con commozione” (Raniero Cantalamessa).
Paolo riporta soltanto “questo è il corpo che è per voi” cioè consegnato alla morte in favore degli uomini. L’eucaristia perciò non riproduce il mistero della presenza di Cristo semplicemente, ma il mistero della sua vita offerta per noi sulla croce, cioè nel momento del suo massimo amore per gli uomini.
In Paolo abbiamo per ben due volte il comando di Gesù “fate questo in memoria di me”. Questa espressione, su cui Paolo sembra insistere con compiacenza, 116 certamente vuol esprimere la volontà di Cristo che quanto egli sta in quel momento compiendo, debba essere ripetuto dai suoi fino alla sua venuta. “Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga” (1 Cor 11,26). Cioè rendere presente tutta la forza salvante di ciò che egli intendeva realizzare in quel momento, renderla totalmente operante anche oggi, per noi e per tutti gli uomini.
Questo far memoria a cui ci rimanda san Paolo è la riproduzione, nel presente, dei gesti eucaristici di Cristo con la pienezza di significato che ha voluto loro annettere: il che presuppone che egli sia ancora colui che presiede alla mensa, che ridice quelle parole. Il sacerdote celebrante è solo la ‘trasparenza’ di Cristo! (Settimio Cipriani).
La teologia dice che il sacerdote agisce in ‘persona Christi’. Il sacerdote impresta le sue mani, le sue parole e il suo cuore. Nella vita di padre Matteo Croli un devoto del Sacro Cuore si racconta che una volta invitò una persona ad ascoltare la sua messa. Al momento della consacrazione quella persona non vide più padre Matteo ma al suo posto Gesù stesso.

San Paolo racconta: “il Signore Gesù nella notte in cui veniva tradito...” celebrò la prima messa durante l’ultima cena. Il Concilio di Trento anche “nell’ultima cena nella notte in cui fu tradito per lasciare alla sua diletta sposa la Chiesa il sacrificio per mezzo del quale fosse rappresentato e ricordato fino alla fine dei secoli il sacrificio della croce che stava per compiere, istituì la nuova Pasqua dove egli stesso sotto i segni sensibili del pane e del vino viene immolato dalla Chiesa per mano dei sacerdoti”.
L’inizio del brano “il Signore Gesù nella notte in cui veniva tradito...” ci ricorda le circostanze dolorose in cui Gesù istituisce l’eucaristia. Consapevole di tutta la sua passione e quindi di tutte le sofferenze e umiliazioni che 117 dovrà subire, Gesù le prende in anticipo e ne fa l’occasione di un dono completo di se stesso.
Cioè, prende in anticipo l’elemento di rottura (il tradimento, la sofferenza, la morte) per trasformarlo in elemento di alleanza. Prendendo il calice dice: “questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue”.
Si tratta di una trasformazione straordinaria, che manifesta tutta la generosità del cuore di Gesù. Egli ha avuto la capacità di prendere occasione dalle circostanze più contrarie e dolorose per andare fino all’estremo dell’amore. Dare il proprio corpo e il proprio sangue è un eccesso di amore, che noi non riusciremo mai a capire abbastanza.
Quando riceviamo la comunione, riceviamo in noi lo stesso dinamismo di amore che Gesù ha manifestato nell’ultima cena. Qundi anche noi dobbiamo diventare capaci di prendere occasione dalle ingiustizie, dalle offese, da tutto ciò che è contrario all’amore, per ottenere la vittoria dell’amore, in unione con Cristo.
Ci può essere di aiuto a comprendere questo quanto la Madonna di Fatima insegnava ai pastorelli: “quando avete da soffrire dite: per amor tuo Gesù, per la conversione dei peccatori, per consolare il cuore immacolato di Maria”. L’eucaristia ha lo scopo di introdurci nel regno dell’amore e di renderci capaci di vincere in qualsiasi circostanza, anche in quelle più ingiuste, dolorose e umilianti. La gioia di Gesù sarà nei nostri cuori, se saremo uniti a Lui nel suo mistero eucaristico (Albert Vanhoye).

La salvezza del Cristo, fa notare il biblista padre Benoit, interessa il corpo come l’anima. Quando comunica la sua vita ai suoi fedeli, Gesù si unisce al loro corpo e alla loro anima per farli partecipare al suo passaggio dalla morte alla vita.
Sant’Ireneo di Lione parla dell’organismo autenticamente umano composto di carne, di nervi e di ossa che è 118 nutrito con il calice, che è il sangue di Cristo, ed è fortificato col pane che è il suo corpo.
San Cirillo di Gerusalemme “così diventiamo ‘portatori di Cristo’ (cristofori) perché il suo corpo e il suo sangue si diffonde nelle nostre membra. Un pane celeste e un calice di salvezza santificano l’anima e il corpo”.
La risurrezione dei corpi è l’effetto peculiare dell’eucaristia. L’eucaristia ha il potere di vivificare le anime e i corpi per la risurrezione finale. Gesù che entra nell’uomo promana una virtù che si diffonde in tutto l’uomo nella sua anima e nel suo corpo. Gesù reale cessa con il cessare delle specie, però la sua virtù rimane in noi e maturerà nel momento della risurrezione. L’eucaristia è il sacramento della perfezione, e bisogna che in qualche modo tocchi anche il corpo ché l’uomo è anima e corpo, altrimenti non sarebbe il sacramento della perfezione. Si può dire che la grazia che consuma l’anima ridonderà anche nel corpo quando Dio vorrà la risurrezione.
Anche il nostro corpo riceve un germe di risurrezione e di vita nuova come dice la liturgia.
La beata Alessandrina Maria da Costa la ‘sentinella vigilante’ dei tabernacoli visse gli ultimi tredici anni solo di comunione. Teresa Newmann ne visse trentasei. Marthe Robin per cinquant’anni, questa donna semplice e umile non ha mangiato né bevuto e ogni venerdì ha sofferto i dolori della passione di cui portava le stimmate.

Il pane degli angeli diventa pane dei pellegrini. Gesù figlio di Dio e figlio di Maria ha lasciato la casa del Padre, il luogo della beatitudine e dell’eterna pienezza dell’essere nella sua stessa imperitura sorgente, per farsi pellegrino con noi sulle strade polverose della storia, per entrare nel segreto di ogni cuore. Cristo è impaziente di condividere l’esistenza reale degli uomini.
L’eucaristia è già vittoria dell’amore che riscatta ogni tragedia della storia (Alessandro De Sortis).

Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:12
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