DOMENICA XXIII DEL TEMPO ORDINARIO

Pubblicato in Domenica Missionaria

discepolo

Sap 9,13-18

Fm 9b-10. 12-17

Lc 14,25-33

 

Nel Vangelo di oggi si legge che Gesù era seguito da tanta gente, ed egli si voltò indietro e da sapiente maestro indica le esigenze per poterlo seguire.

Attraverso ‘una intelligenza spirituale’ del brano evangelico ora letto, dobbiamo capire cosa Gesù realmente richiede perché ciascuno di noi possa diventare suo vero discepolo, e tutti siamo chiamati a diventare suoi discepoli.

Dice che per seguirlo bisogna lasciare tutto e tutti, perfino se stessi, perché non si possono seguire due padroni allo stesso tempo. Alla base di tutto sta il presupposto che Cristo sia l’Unico e l’Assoluto, per cui niente può essere messo a confronto con lui.

Santa Gemma Galgani diceva: “o Gesù unico amore di tutte le creature”.

Se qualcuno si mantiene degli spazi riservati nel proprio cuore, dove poter esercitare ancora un po’ di dominio personale, ha sbagliato completamente i suoi calcoli: la vita e l’esperienza si incaricheranno di smentirlo alla prima occasione (Settimio Cipriani).

È un discorso duro che poteva scandalizzare la gente, ma Gesù stesso lo prevedeva: “e beato è chiunque non sarà scandalizzato di me!” (Lc 7,23), è la beatitudine che Gesù proponeva alla gente che si era messa al suo seguito.



“Se uno viene a me e non odia suo padre, sua medre... e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo”. (La parola odia è per ‘amare di meno’). Gesù con queste parole esige dai suoi una scelta permanente e radicale per lui, che non esculde per niente gli altri, ma li subordina a lui. Rimane che egli deve essere sempre il primo nella gerarchia dei valori e nella donazione del nostro cuore; dovremmo amare lui almeno come le persone più care.

Gesù ha diritto ad esigere questo amore perché è Dio, e l’amore che si deve a lui non distrugge né attenua ogni altro legittimo e doveroso amore, ma gli dà nuova consapevolezza e merito nuovo.

Quando Gesù pronunziava quelle parole il divenire cristiano significava mettersi in contrasto con la propria famiglia e il proprio ambiente.

C’è la richiesta di odiare la propria vita: i martiri hanno risposto a questa esigenza in maniera perfetta, preferendo la morte piuttosto che non essere suo discepolo. È il dono perfetto di sé, viene per ultima questa richiesta, ma è la base di tutte le altre perché rende possibili e giuste le altre rinunce.

Anche Gesù amava tanto sua madre, e quando un giorno una donna alzò la voce di mezzo alla folla e disse: “beato il grembo che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte!”, egli disse: “beati piuttosto coloro che ascoltano la Parola di Dio e la osservano!” (Lc 11,27).

Gesù deve mostrarsi così esigente proprio per poter dare se stesso a noi. Se si accontentasse di un affetto limitato da parte nostra, essere trattato da noi come un amico tra gli altri, allora non potrebbe dare se stesso a noi. In effetti, egli non è un amico tra gli altri, ma è il Figlio di Dio, che richiede tutta la nostra persona, la nostra adesione a lui nella fede, nella speranza e nell’amore in maniera perfetta (Albert Vanhoye).

“Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo”. Gesù ha seguito la strada del lavoro, umiltà, sofferenza. Amare Gesù significa accettare come pieno di significato e di salvezza ogni momento della sua esistenza, dalla sua nascita nella capanna di Betlemme alla sua morte in croce.

La sua vita fu motivata dall’amore per noi: davanti al Sacro Cuore troneggia la scritta ‘ecco quel cuore che ha tanto amato gli uomini’; anche san Paolo dice: “ci ha amato e ha dato se stesso per noi” (Ef 5,2).

La beata Angela da Foligno, giovane, rimasta da poco vedova, un giorno della settimana santa meditava in chiesa, l’attuale duomo della città, sulla passione del Salvatore quando all’improvviso sentì risuonare nella sua mente con grande forza queste parole “non ti ho amato per scherzo!”. Scoppiò a piangere perché di colpo si rese conto del suo poco amore per Gesù.

Così la nostra vita sia motivata dall’amore per lui. L’opzione per il Vangelo va confermata giorno dopo giorno, rendendola una disposizione costante (come si ricava dalle ripetute forme verbali al presente: viene, odia, porta, può essere).

La croce da evento che ha contraddistinto l’esistenza di Gesù, proietta la sua ombra luminosa sulla vita del credente, così da diventare la sua croce.

Le sofferenze e prove quotidiane vengono affrontateportate come momenti di comunanza con la croce di Gesù. Santa Teresa d’Avila dice che quando era nei dolori Gesù le compariva sempre in croce.

Gesù non è venuto ad accrescere le croci umane, ma piuttosto a dare ad esse un senso (Raniero Cantalamessa).

Gesù ci vuole suoi discepoli non certo per portarci a rinunciare alla gioia di vivere ma per scoprire con lui il cammino che permette di conquistare una pienezza di vita (Luigi Pozzoli).

Gesù parla della necessità di riflettere prima di prendere una decisione importante e porta due esempi. Non si tratta di scegliere o no il Signore, già lo abbiamo scelto con il battesimo, ma ora ci si deve pensare-impegnare come uno che volendo costruire una torre, o volendo far guerra ad una altro re, vede di poterci riuscire.

Usa queste somiglianze ‘dalle miserie degli uomini Gesù si innalza a considerazioni di vita spirituale ed eterna’ (Salvatore Garofalo).

La verità è che Gesù ci vuole liberi. Ora l’esperienza ci dice che nessuno può presumere di essere libero se non ha il coraggio della povertà e della solitudine. Ecco perché Gesù ci dice: “se uno non odia suo padre... Chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi...”. Ecco la lezione di vita e di libertà che il Signore ha voluto lasciarci (Luigi Pozzoli).

Così saremo suoi discepoli,e riceveremo da lui tutta la forza del suo amore che trasformerà la nostra vita, infondendo in essa la pace e la gioia, e quindi la vera felicità (Albert Vanhoye).

Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:12
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