EPIFANIA

Pubblicato in Domenica Missionaria

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Cristo luce e gioia delle genti

Is 60,1-6

Ef 3,2-3a.5-6

Mt 2,1-12

 

Oggi è l’Epifania, cioè la manifestazione del Signore. Gesù nato a Betlemme, si manifesta al mondo, offre a tutti la salvezza che è venuto a portare, tutte le genti sono in Lui benedette. “L’Epifania è la festa che celebra il convergere di tutti i popoli a Cristo” (Giovanni Paolo II).

 

I Magi che sono la primizia di tutti i popoli chiamati alla fede vengono dall’Oriente e sono stati chiamati per mezzo della stella. Di questa stella era già stato scritto nel libro dei Numeri “lo vedo ma non ora, lo contemplo ma non da vicino; una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele” (Num 24,17).

I Magi erano sapienti, e abituati a scrutare gli astri. Un giorno videro una stella speciale e si dissero: questa è la stella di Giacobbe di cui si parla nella Sacra Scrittura, quindi il Salvatore è nato, e si misero a seguire la stella. Nel settimo anno a.C. ci fu una congiunzione tanto duratura quanto rara tra Giove e Saturno nella costellazione dei Pesci (l’astronomia babilonese era nota per la sua eccellente qualità e precisione) – e gli scienziati dicono che il racconto del Vangelo di Matteo è attendibile e affidabile in tutti i suoi particolari. La data di nascita oggi più verosimile di Gesù è da collocarsi nell’inverno dell’anno sette a.C. della nostra cronologia. Dio parla agli uomini anche attraverso il “libro della natura”.

I Magi hanno supposto in base alle conoscenze del loro tempo, che si sono rivelate sorprendenti per la loro precisione, che questa rara congiunzione di pianeti, indicava un evento speciale per il popolo ebraico, forse la nascita di un re molto importante. Più della identificazione, vale il significato della stella, espressione del linguaggio cosmico di Dio (vedi Salmo 19,2-3) – “Dio si fa conoscere anche attraverso i corpi celesti e di essi si serve per lanciare un messaggio agli uomini, guidandoli nel loro cammino” (card. Schonborn) – perciò si muovono verso Gerusalemme per informarsi.

 

Entrando in Gerusalemme i Magi domandano “dov’è il Re dei Giudei che è nato?” essi sono venuti per incontrare un re nato da poco. Matteo sembra mettere a confronto la regalità di Erode con quella del neonato, una falsa e l’altra vera. Anche Pilato nella storia della passione domanderà “sei tu il Re dei Giudei?” (Mt 27,11). I Magi dichiarano l’intenzione di adorare il neonato re e di essersi messi alla ricerca perché hanno visto la sua stella. Quando i Magi entrarono a Gerusalemme Erode e tutta Gerusalemme si turbò, questo ci dice che già dall’inizio gli ebrei non accolsero bene il nato Bambino. A Gerusalemme vengono a conoscenza delle profezie bibliche, secondo le quali il Messia, il Redentore sarebbe dovuto nascere a Betlemme. Insieme dunque, sia la Bibbia sia la natura mostrano loro la via verso Dio.

All’atteggiamento franco e aperto dei Magi che chiedevano informazioni si oppone quello subdolo di Erode – entrambi tendono alla stessa persona, ma con diversità di disposizioni e con opposti risultati (l’evangelista sembra ricordare che Gesù si lascia trovare solamente da chi lo ricerca con rettitudine).

Nel riprendere il cammino i Magi sono confortati dal riapparire della stella sul percorso da Gerusalemme a Betlemme (un tratto di nove chilometri): ravvisiamo qui nel versetto evangelico il carattere popolare, quasi ingenuo della descrizione, noi che riconosciamo pieno valore storico all’episodio narrato da Matteo. La “grandissima gioia” dei Magi nel rivedere la stella è al termine di un lungo e pericoloso cammino affrontato con spirito di fede e perseveranza, in obbedienza a un richiamo di Dio; il loro desiderio, desiderio di pienezza e di vita che sta nel cuore di ogni uomo, stava per avere compimento.

Il Bambino viene trovato e visto in compagnia di sua Madre “prostratisi lo adorarono”: la prostrazione nel giudaismo era riservata esclusivamente a Dio – san Matteo sottolinea questo particolare perché nel suo Vangelo riserva tale atteggiamento solo a Gesù. La prostrazione certifica, in ogni caso, l’eccezionalità attribuita a questo Bambino. “Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra”; già dai primi tempi della Chiesa l’oro richiama la regalità, l’incenso la divinità, la mirra l’umanità del Bambino, che gli consentirà di redimere il mondo con la morte.

Che cosa ottengono in cambio? Essi “videro il Bambino” questa è la loro ricompensa. Cristo è la risposta al desiderio profondo di ogni uomo, il dono perfetto oltre il quale nulla si può desiderare.

Poi scrive Matteo “avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese”. L’avviso ai Magi di non passare da Erode palesa la cattiva volontà del sovrano; egli cerca, ma non trova perché guidato da una malefica intenzione.

Sono venuti, hanno visto, adorato, e ora tornano al loro paese. Certo, non tornano come prima, tornano con la ricchezza del Signore che hanno adorato, con la gioia della salvezza che hanno veduto. Tornano come dei salvati, ma tornano al loro paese – la salvezza viene dai Giudei, ma si allarga a tutti i popoli.

 

Questi Magi vengono dall’Oriente e per mezzo della stella (che in Oriente è simbolo della divinità e della re47 galità) hanno cercato la vera luce. “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,9). Gesù è la luce del mondo – quando Pilato gli disse “dunque tu sei re?” rispose Gesù “tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo io sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce” (Gv 18,37).

Nel suo insegnamento Gesù si presenta come la luce unica, la luce assoluta “Io sono la luce del mondo” (Gv 8,12). Egli è personalmente la luce destinata a illuminare il mondo – nella sua persona abita la luce, luce che lo riempie e si manifesta in tutto il suo modo di vivere. “Luce del mondo”, Egli viene a comunicare a tutti la sua luce e risponde così a una grande aspirazione dell’umanità: la luce che la gente possiede prima della venuta di Cristo non può bastare per l’intelligenza e il cuore umano, hanno bisogno di una luce molto superiore, la luce che è propria quella di Cristo (J. Galot).

“Chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12). Gesù ha potuto constatare che molti camminano nelle tenebre, senza essere consapevoli del significato della loro esistenza. C’è una sola possibilità di uscire da queste tenebre: seguire Cristo, lasciarsi illuminare da Lui.

Il racconto evangelico ci mostra che tutti gli uomini, anche se sono molto lontano da Cristo, sono attirati da Lui – una grazia segreta opera in ogni essere umano per orientarlo verso Cristo – in questo senso ciascuno riceve da Cristo un raggio di luce per camminare con Lui verso la pienezza della luce (J. Galot).

D. Bonhoeffer nel carcere, nel 1944, scriveva “il problema che non mi lascia mai tranquillo è quello di sapere chi sia il Cristo”. A chi ha questa inquietudine santa e benefica Dio si rivela e si comunica, la luce li avvolge, la pace li conquista.


Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:12
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