Is 56,1.6-7
Rm 11,13-15.29-32
Mt 15,21-28
Gesù si spinse a nord della Galilea ed entrò nella Siria nella regione di Tiro e Sidone, due famosissime città della costa fenicia – città poste nel mondo pagano che Gesù ricorda anche nel rimproverare le città galilee impenitenti “guai a te Corazin! Guai a te Betsaida! Perché se a Tiro e a Sidone fossero stati compiuti i miracoli che sono stati fatti in mezzo a voi, già da tempo avrebbero fatto penitenza” (Mt 11,21).
Una donna cananea (che significa pagana) “esce” a chiedere a Gesù di guarirle sua figlia, crudelmente tormentata da un demonio. Questo suo “uscire” da quelle sue regioni, significa prendere le distanze da un modo di pensare e di vivere che è chiuso alla fede del Signore, il Dio unico, rivelatosi ad Israele; c’è questa sua disponibilità alla fede che le farà incontrare il dono della salvezza. La fama di Gesù si era diffusa anche nei vicini territori pagani e anche qualche informazione sulla personalità di Gesù e quindi la donna può invocarlo “Figlio di Davide” che equivale a riconoscerlo come Messia.
Alla povera donna che gli confida la sua pena e le sue speranze di madre Egli “non rivolse neppure una parola” (anche i profeti avevano di questi comportamenti scostanti per dare eloquente risalto ad un insegnamento) – la donna non disarmò cercando in tutti imodi di intenerire il cuore di Cristo che sembrava di pietra, al punto che gli apostoli stessi intercedono per lei presso il Maestro, perché l’esaudisca e la rimandi a casa, facendole smettere di gridare dietro di loro (i discepoli non si rendono conto che stanno mettendo in atto il compito della comunità dei credenti, che è quello di farsi portavoce, presso il Signore, del bisogno e della miseria di questa umanità).
Gesù dà la ragione della sua freddezza-della resistenza alla preghiera della donna: “non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele”, il tempo dei pagani sarebbe venuto dopo. Gesù, il Figlio di Dio, è consapevole che durante la sua vita terrena la sua missione è limitata al popolo di Israele; egli ha ricevuto dal Padre la missione di radunare Israele (questa è una manifestazione di grande umiltà, di grande docilità a Dio da parte sua).
Nei riguardi della cananea Gesù dunque afferma decisamente che, per il momento almeno, i beni messianici sono riservati a Israele. Ma la donna sorvola il problema ribadendo la sua affannosa richiesta, non le rimane che sbarrare la strada a Gesù con il suo corpo “ma quella venne e si prostrò davanti a Lui dicendo: Signore aiutami!”. Finalmente il Signore le risponde: “non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini” (i figli erano gli israeliti e i cagnolini i pagani), tuttavia quest’altro rifiuto di Gesù non riesce a scoraggiare la cananea. L’insistenza ad oltranza di questa fa ricordare quella della parabola: “c’era in una città un giudice che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno. In quella città c’era anche una vedova che andava da lui e gli diceva: “fammi giustizia contro il mio avversario”. Per un certo tempo egli non volle, ma poi disse tra sé: anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno, poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia” (Lc 18).
La donna non ha difficoltà a riconoscere il privilegio dei “figli”, ma rivendica anche quello del cagnolino di nutrirsi almeno delle briciole (tutto sommato il miracolo chiesto dalla cananea era davvero una briciola del lauto banchetto al quale Cristo aveva convocato le folle ebraiche della Palestina). Ella è mossa invece da una certezza ancora più grande, ancora più evidente al suo cuore: nella generosità dell’amore divino ci sarà posto anche per lei: “è vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola del loro padrone”; in questa immagine del pane e della casa ella mostra di aver compreso la illimitata grazia di Dio, la sua sconfinata misericordia, la sovrabbondanza dei doni del Regno (nella casa del Signore è tale la sovrabbondanza che non può mancare cibo per nessuno, e che bastano le sole briciole per sfamare la fame dei cagnolini).
L’umiltà profonda manifestata da questa donna, la quale sa che il dono di Dio è sempre gratuito e immeritato – la fiducia coraggiosa con cui non si è lasciata respingere dal silenzio, dall’indifferenza e dall’apparente rifiuto di Gesù, riflettono le qualità che caratterizzano la fede dei poveri del Signore; tra questi è compresa la Madonna.
Matteo riporta l’elogio di Gesù sulla fede di questa donna: “donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri”, un elogio che non è mai stato rivolto a nessun israelita. La grandezza di fede di questa donna ha, per così dire, aperto il piano di Dio verso il tempo dei pagani – così questo brano evangelico manifesta l’apertura universale di Gesù.
Questo esempio della cananea ci aiuta ad essere uomini di fede. La cananea domanda una grazia: Gesù non dice niente, qui vediamo come Gesù conduce quella donna da una religione vaga ad avere fede in Lui, autore della vita. Alle volte anche noi assomigliamo ad essa: uomini che hanno una religione, ma non una vera fede; vediamo la religione come una cosa in cui c’è da guadagnare, facciamo il Signore come il nostro servo che ci aiuti nella tale o tal’altra difficoltà; questa non è vera fede, qui Gesù sta in silenzio come già nel Vangelo a quella cananea.
Gesù vuole che noi crediamo in Lui, ci conduce ad aver fede in Lui; perciò guardiamo come la cananea giunse ad aver fede in Gesù.
Vediamo come la cananea insiste presso Gesù, non pensa di cercare altrove un’altra strada, altra medicina – continua a pregare Gesù e così lascia a Lui di fare come egli stesso vuole. Gesù col suo far silenzio e con il suo rifiutare rese salda la fede della donna tanto che la donna accondiscese che avvenga quello che Gesù vuole – così ora la donna non vuole più il proprio interesse, solo domanda che Gesù faccia secondo il di Lui volere, chiese un po’ come chiese Gesù stesso “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia ma la tua volontà” (Lc 22,42).
Pregando così ci si offre totalmente a Dio, chiedendo così lasciamo a Dio che faccia come vuole Lui, con una fede simile siamo certi che Dio è con noi, dirige le cose secondo il nostro bene, con tale fede non si pretende che Dio dia affinché noi ci uniamo a Lui, ma la vera fede cerca dapprima di essere uniti a Dio, conoscere soprattutto Lui, comprendere il suo amore e la sua fedeltà.
Santa Teresina diceva a sua sorella Celina “Gesù è un tesoro nascosto, un bene inestimabile, che poche anime sanno trovare perché è nascosto ed il mondo ama ciò che risplende. Se Gesù avesse voluto mostrarsi a tutte le anime con i suoi doni ineffabili, senza dubbio non ce ne sarebbe una sola che lo avrebbe rifiutato. Ma Egli non vuole che lo amiamo per i suoi doni, è Lui stesso che deve essere la nostra ricompensa”.