Is 50,5-9. Il servo è riferimento alla definizione data da Dio per una missione specifica: correre a riscattare chi è caduto in un abisso di miseria e morte.
Gc 2,14-18. Una fede senza amore, che non si commuove, non vale niente. Lo diceva San Paolo. La salvezza è applicata secondo le indicazioni di Gesù. Per aiutare deve intervenire l’azione idonea.
Mc 8,27-35. Pietro si oppone alla croce di Gesù perché Dio non può soffrire. E’ la novità incredibile. Dio è solidale non perché manda degli aiuti ma perché condivide fino alle estreme conseguenze.
Chiede Gesù: cosa dicono di me? Che immagine si fanno? E per voi chi sono? Dopo la risposta lui dice chi è, per se stesso e per Dio...Noi sappiamo che c'è coincidenza tra quello che Gesù è per se stesso e quello che lui è per Dio. Cosa bisogna rettificare? Soltanto quello che dice la gente perchè si è fatta una immagine alla Picasso che non corrisponde al vero Gesù, fedele icona di Dio. Ecco la formula anche per noi. Che etichetta ci dà la gente? Cosa vede che siamo? Cosa sa che siamo? C'è anche l'etichetta che mi do io, quello che io penso di essere. Soprattutto c'è l'etichetta di Dio quello che Dio vorrebbe che io fossi. Allora cosa debbo fare? Partire da quello che io sono e arrivare a quello che Dio vorrebbe che io fossi. Il grande problema della immagine. Fa andare giù di testa a molti che sono estremamente preoccupati della immagine e alla fine non ci sono cose più importanti. Gesù lo ha detto subito chi era: un Messia che soffre per gli altri, un servo maltrattato che rinuncia al potere, alla vendetta, ai castighi. Questo è il suo ritratto. Dove lo vediamo? Nel Crocefisso. I poveri lo sanno che il Crocifisso è la vera immagine di Cristo. E a Lui si dirigono e a lui chiedono senza sbagliarsi. Non ci deve disturbare quello che pensa la gente. Nemmeno ci deve preoccupare. Se è idea erronea presto arriva la verità. Se avessimo paura che forse non hanno tutti i torti, allora bisogna avere il coraggio di cercare e capire chi siamo noi per Gesù, cioè chi dovremmo essere per modellarci con ogni sforzo secondo quella identità e curare con intelligenza quella immagine. Il percorso è diagnosi: sapere cosa sono io per gli altri e cosa sono per me stesso; decisione: cosa voglio essere e diventare non per accontentare gli altri ma per compiere pienamente il progetto che Dio ha preparato per me. Il meglio per me, la soluzione più corretta e azzeccata è essere quello che Dio vuole e quello che ha insegnato Gesù, che quasi mai corrisponde con quello che insegna il “collettivo”.
Abbiamo inventato un vocabolario che incanta, che moltiplica le espressioni di solidarietà, giustizia e amor fraterno. Poi andando ai fatti non producono mai uguaglianza e libertà, dignità e speranza. Gesù dice a Pietro: ragioni come un uomo non ragioni come Dio. Anche i nostri disastri umani e le difficoltà delle convivenze sociali e religiose cominciarono quando abbiamo smesso di pensare come Dio perché ci pesava la sua tutela.
La incongruenza è che sempre abbiamo invocato il diritto di organizzare la nostra vita in proprio, dimenticando che nel nostro genoma rimane indistruttibile l’impronta di Dio che è indispensabile per ottenere un bene totale, perfetto e vero.