I DOMENICA DI QUARESIMA

Pubblicato in Domenica Missionaria

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Il confronto nel deserto

Gn 2,7-9

3,1-7; Rm 5,12-19

Mt 4,1-11

 

Gli evangelisti sono concordi nel porre all’inizio del Vangelo il racconto delle tentazioni di Gesù nel deserto, come una porta stretta ma inevitabile per poter entrare nel cammino di Cristo.

Il biblista Salvatore Garofalo dice che l’episodio delle tentazioni di Gesù nel deserto è talmente sconcertante e imprevedibile da escludere una invenzione da parte della comunità cristiana, e far supporre invece che sia stato Gesù in persona a parlarne agli apostoli, forse nelle vicinanze della sua passione, quando stava per venire in luce tutto il suo mistero. Subito dopo il battesimo Gesù si prepara alla vita pubblica con un digiuno di quaranta giorni nel deserto montagnoso, il cosiddetto Monte della Quarantena, che si erge nella vasta pianura di Gerico, nel punto della massima depressione della terra.

C’è da notare che è lo Spirito di Dio che dopo il battesimo di Giovanni lo conduce nel deserto per esservi tentato, ciò indica che la tentazione di Gesù rientra nel piano di Dio ed è benefica sia per Cristo che per noi.

Nel deserto si affrontano il Figlio di Dio venuto sulla terra a compiere il piano di salvezza e l’avversario che esce allo scoperto per contrastargli il passo con disperata caparbietà. Il digiuno di Gesù è nella tradizione dei grandi personaggi della storia della salvezza (Mosè, Es 34,28 - Elia, 1 Re 19,8) e sottolinea i momenti del loro supremo raccoglimento in Dio in attesa che Egli manifesti la sua volontà. Per Gesù il deserto è soprattutto il luogo dell’agguato del nemico, il luogo del primo scontro violento con le forze del male, contro Satana.

 

Vedendolo affamato il tentatore dice: “se sei Figlio di Dio cambia questi sassi in pane” tenta Gesù di rendersi indipendente dal Padre e di usare il proprio potere per aiutarsi – ma in Gesù c’è la piena consegna di sé al Padre – perché è Figlio di Dio suo cibo è fare la volontà del Padre – non adopera per sé il proprio potere ma confida solo nel Padre. Risponde che l’uomo non è solo corpo che ha bisogno di pane, ma anche anima che ha bisogno della Parola di Dio (Dt 8,3). Gesù, come ogni uomo ha fame di pane, ma specialmente ha fame di Dio: Dio è più necessario del pane.

Poi lo tenta perché si butti dal pinnacolo del Tempio così da procurare un intervento di Dio che lo salverà (Sal 91,11), “se sei Figlio di Dio gettati giù dal pinnacolo del Tempio” (cioè sull’angolo sud-est della cinta esterna del Tempio che si elevava a picco sul torrente Cedron con uno strabiombo di un centinaio di metri che dava le vertigini). Ma Gesù rimane umile e sottomesso al Padre: si deve servire Dio e non servirsi di Dio, non si può dettare a Dio i modi e i tempi dei suoi interventi, per questo dice: “non tentare il Signore Dio tuo” (Dt 6,16). Anche Gesù, come l’uomo, ha fame di vita ma Dio è più importante della vita.

Poi la tentazione si ingrandisce, è partita da quella di procacciarsi il pane dopo un lungo periodo di digiuno fino ad arrivare adesso ad un invito, ad un gesto di “idolatria”, il diavolo gli propone un mezzo semplice per diventare re (Gesù è venuto per essere re, come dirà Egli stesso durante la passione, Gv 18,33) – gli mostra tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli dice “tutte queste cose io ti darò se prostrandoti mi adorerai”. Gesù vuole l’adorazione a Dio e non l’appropriazione dei regni della terra, vuole il culto al Padre e non la fame del potere – di fronte alla fame di potere Gesù ha una parola liberante “adora il Signore tuo Dio e a Lui solo rendi culto” (Dt 6,13) il culto di Dio libera l’uomo dal culto degli idoli. Dio ha più valore dell’uomo e allora l’uomo può sottomettersi a Dio sapendo di non perdere la sua dignità, ma al contrario di proteggerla. Quando si conclude il drammatico confronto, gli angeli vengono a servire Gesù, adesso, non quando pretendeva Satana.

 

Gesù ha assunto tutto il peso della condizione umana, della fragilità, eppure respinge decisamente tutte queste tentazioni. La spiegazione sta nel suo rapporto col Padre, nella fiducia totale senza riserve che Egli nutre per il Padre. È proprio questa fiducia che gli permette di sfuggire alla presa del tentatore: che gli permette di vincere la prova e di vincerla nella sua carne umana.

San Tommaso dice: “è l’amore al Signore che tiene lontano il nostro cuore dal male, è credendo a Lui che la nostra mente persevera nella verità” – “è scoprendo la grandezza dell’amore di Dio che il nostro cuore viene scosso dall’orrore e dal peso del peccato e comincia a temere di offendere Dio con il peccato e di essere separati da Lui” (Catechismo, n. 1432).

Nell’apparizione a Lourdes del 19 febbraio: “da quelle acque si levarono voci minacciose che gridarono a Bernadette “vai via, fuggi, fuggi” ma bastò uno sguardo della Vergine per ridurre al silenzio quella turba diabolica; Satana provò subito ad intralciare gli avvenimenti di Lourdes.

 

L’evangelista riducendo ad un episodio ‘singolo’ la storia delle tentazioni sembra aver voluto di fatto condensare in esso l’esperienza di tutta la vita di Cristo, i tre episodi che fanno entrare in scena il diavolo come tenta58 tore hanno infatti un preciso riscontro nelle lotte che Gesù dovrà sostenere nella vita pubblica per adempiere la missione affidatagli dal Padre. Fin sopra la croce Cristo fu tentato di seguire la via del messianismo facile “ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. È il re d’Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo” (Mt 27,42). È qui la richiesta del gesto di potenza, del miracolo gratuito, per riceverne immediato vantaggio e il trascinarsi dietro la folla, proprio come nelle tentazioni del deserto!

Così è chiaro che l’evangelista, scandendo il suo racconto con le tre citazioni del Deuteronomio (Dt 8,3 - 6,16 - 6,13) vuole rievocare con chiarezza quelle tentazioni che hanno fatto cadere Israele nel deserto e che da Cristo sono state superate col suo abbandono filiale alla volontà del Padre. L’esegesi moderna ha rilevato che Egli rivive le stesse tentazioni che portarono al fallimento l’antico popolo di Dio; le rivive per trionfarne e per indicare la via che impedisce al credente di fallire la salvezza.

 

Gesù si è fatto in tutto simile a noi, anche nelle tentazioni, in tutto simile a noi fuorché nel peccato “e infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, come noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al tempo opportuno” (Eb 4,15). L’evangelista mette le tentazioni nel deserto subito dopo il battesimo nel Giordano, all’inizio della sua vita pubblica – si potrebbe dire che vi sono presentate come inevitabili, non come eccezioni, ma da mettere in programma nella vita di ogni battezzato. Nella seconda lettura Paolo ci fa capire che la grazia è più forte del peccato, così ci mette in una prospettiva molto positiva, ottimistica, quindi possiamo andare avanti con coraggio e fiducia verso la vittoria

Ultima modifica il Giovedì, 05 Febbraio 2015 20:12
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