Attorno alla Parola - XXVIII C

Pubblicato in Domenica Missionaria
{mosimage}Questa domenica che ci è proposta, la possiamo chiamare la giornata del grazie. Un grazie che sia espressione della nostra fede. Oggi la liturgia vuol far crescere nel nostro animo il fiore della riconoscenza, la capacità di dir grazie a Dio per tutto. Lo fa proponendoci due miracolati. Il primo è un Siro, il secondo è un samaritano: entrambi, ritenuti stranieri e miscredenti, sanno ringraziare, dando gloria a Dio.

Lasciando come sfondo il primo miracolo, riflettiamo sul miracolo dei dieci lebbrosi. Potremmo riflettere sull’emarginazione dei lebbrosi nella Palestina e oggi nel mondo missionario; potremmo riflettere sulla lebbra del peccato o riflettere sulla potenza di Gesù taumaturgo.

Ma che ci deve guidare è la domanda finale di Gesù: “E gli altri nove, dove sono? Come mai non si è trovato chi tornasse a dar gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?”. E al samaritano prostrato ai suoi piedi dice: “alzati, va, la fede ti ha salvato” e il miracolato se ne andò salvato, cioè guarito nel fisico e anche nell’anima. Ed infatti, più che per un semplice grazie, il samaritano era tornato lodando dio a gran voce, con tutta la sua voce.


Il vangelo di Luca riporta sovente questa capacità di ringraziare dando gloria al Signore. Tre sono i personaggi che, ripieni di Spirito santo, ringraziano dando lode al Signore: Maria Santissima con il canto del Magnificat, Zaccaria con il cantico Benedictus, Simeone che loda per la venuta di Gesù. Ma è soprattutto la preghiera di Gesù che rivela questa capacità di dar lode a Dio. Tre sono i verbi che esprimono questo grazie: benedizione, eucaristia, lodare.

Gesù esultò nello Spirito santo ed esclamò: Ti lodo o Padre, perché hai rivelato queste cose ai piccoli. Nella moltiplicazione dei pani: presi i pani, dopo aver reso grazie, li spezzò e li fece distribuire. Alla tomba di Lazzaro, alzò gli occhi e disse: Padre ti ringrazio, perché mi ascolti. E nell’ultima cena, nota il vangelo, avendo preso il pane rese grazie, lo spezzò; ed ancora, preso il calice, rese grazie.

E’ l’istituzione dell’eucaristia che in greco vuol dire ringraziamento, lode. Ed anche noi per rendere più degno il nostro grazie ci uniamo a Cristo e lo facciamo:

nel giorno più bello, la domenica, che ricorda la creazione, la resurrezione e la pentecoste;

nel luogo più favorevole, l’assemblea festosa di tutta la famiglia, attorno all’altare;

nel momento propiziatorio, la celebrazione eucaristica, la grande azione di grazie.

Dopo aver ascoltato la Parola di Dio acclamiamo: rendiamo grazie a Dio, alleluia; all’offerta dei doni diciamo per due volte “Benedetto sei tu Signore, Dio dell’universo. Certi che è giusto e doveroso render grazie ci uniamo al coro degli angeli e proclamiamo Santo, Santo, Santo, osanna al Signore. Alla consacrazione il sacerdote ripete per due volte il gesto e le parole di Gesù: avendo preso il pane e il calice, rese grazie. Subito, insieme al sacerdote, diciamo: ti offriamo in rendimento di grazie il corpo e il sangue di Cristo, tuo dilettissimo Figlio. Ed uniti a tutti i santi e ai nostri defunti, il sacerdote conclude solennemente il grazie: A te ogni onore e gloria, a cui tutta l’assemblea fa eco: Amen. Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli dei secoli.

E vi è anche ogni giorno uno spazio tradizionale in cui rendiamo grazie al Signore. E’ la preghiera del “Ti adoro” che recitiamo quando sorge e quando cade il die. Ti adoro, ti amo, ti ringrazio. Ti adoro come creatura, ti amo come figlio, ti ringrazio come cristiano. Ti adoro per il grande dono dell’universo che gli astronauti non finiscono di esplorare e per il meraviglioso dono del nostro corpo, con le sue intricate e fitte reti nervose, sanguigne, linfatiche… Ti amo per il dono meraviglioso di Cristo ce è la Chiesa in cui sono inserito per mezzo della grazia sacramentale. Ti ringrazio ancora per avermi inserito in questa famiglia religiosa, per l’apostolato missionario tra i popoli.

Concludo con il motto delle olimpiadi: “Fortius, altius, citius”.

Come creatura, o Dio, sempre più fortemente ti adoro; come tuo figlio, o Signore, sempre più ti ringrazio; come cristiano, o Cristo, sempre più intimamente ti amo. Esulta il mio spirito in Dio, mi salvezza, perché ha fatto in me cose grandi colui che è potente.
Ultima modifica il Sabato, 07 Febbraio 2015 21:54
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